Il continente di Fevrith è suddiviso in cinque nazioni e abitato da molti popoli, tra cui umani, elfi, angeli e bestral. Un giorno, il regno di Cornia viene rovesciato dal generale ribelle Valmore, che conquista le altre nazioni e le unisce nell'Impero Zenoirano. Alain, il giovane principe di Cornia, viene portato via dal regno per ordine della regina Ilenia, dalla sua fidata guardia del corpo Josef. Diventato adulto e con al dito il magico Anello dell'Unicorno ereditato da sua madre, Alain diventa il leader dell'Esercito di Liberazione, una coalizione di soldati in tutta Fevrith intenta a sconfiggere Valmore e reclamare le proprie terre. Durante le sue battaglie, Alain scopre che Valmore sta usando la magia per controllare le menti dei più influenti generali di Fevrith, e che l'Anello dell'Unicorno avrebbe il potere di spezzare tale incantesimo, ma quella di liberare le terre dall’impero è considerata da tutti un’impresa ai limiti dell’impossibile. I guai, infatti, non tarderanno ad arrivare, Scarlett, dotata sacerdotessa nonché amica d’infanzia di Alain, viene rapita dai soldati di Valmore.



Già nel settembre del 2020, allo scorrere dei titoli di coda di 13 Sentinels: Aegis Rim, avremmo dovuto intuire che i ragazzi di Vanillaware non sarebbero rimasti a lungo lontani dal genere che da sempre contraddistingue il loro studio, da quell’immaginario fantasy a cui sono legati, a questo punto dopo vent’anni possiamo dirlo, in maniera indissolubile. PlayStation 4 è da poco sul mercato e Dragon’s Crown è ancora l’ultimo gioco prodotto da Vanillaware, quando il suo fondatore George Kamitani propone a Takafumi Noma, fino ad allora programmatore, il progetto di un nuovo strategico fantasy, la cui gestazione procede con il ritmo a cui questo studio ci ha abituato: priorità a 13 Sentinels, poi, all-in su Unicorn Overlord, con Wataru Nakanishi al planning, i fedeli Basiscape alla colonna sonora, ma in primis programmato e disegnato da Takafumi Noma, qui al suo incredibile debutto sia come character designer che come director. E che debutto. Vi sono videogiochi che sono bei videogiochi, che portano avanti tradizioni, che rifiniscono formule collaudate o che tentano qualcosa di nuovo, ma ogni tanto, raramente, spuntano produzioni che assurgono a summa delle parti, vere e proprie opere magne, capaci di assimilare quanto di meglio abbiano offerto studio e genere di appartenenza nel corso dei decenni. Questo è Unicorn Overlord e il risultato è qualcosa di monumentale.



Lo strategico, si diceva, negli ultimi è in particolare Square Enix ad aver riacceso l’interesse nei confronti di questo genere, con opere del calibro di Triangle Strategy e la preziosa rimasterizzazione di Tactics Ogre, ma anche con esperimenti come il bistrattato The Diofield Chronicles. Nintendo, dal canto suo, porta avanti la tradizione di Fire Emblem, mentre qualcosa di più poteva fare per Advance Wars. In questo scenario, dopo l'apprezzato remaster di GrimGrimoire, Vanillaware irrompe ora con fiera prepotenza con Unicorn Overlord, strategico in tempo reale che si erge ad erede degli storici esponenti del genere, prefiggendosi però al contempo il dichiarato scopo di rendere l’esperienza, per il giocatore, più fluida e meno frustrante possibile. L’assenza della classica struttura a caselle è la prima grande differenza con Triangle Strategy e di buona parte degli strategici giapponesi, le unità hanno libertà di movimento sulla mappa a 360°, con il tempo che scorre di conseguenza con la loro avanzata, fermandosi nel momento in cui apriremo il menu dei comandi; gli squadroni seguiranno i nostri ordini in tempo reale, ma nel momento in cui entrano in contatto con le unità nemiche, ecco che lo scenario si trasferisce in un sistema automatizzato di combattimenti a turni con visuale laterale. Il giocatore non ha il controllo diretto sugli scontri, che anzi, possono essere velocizzati o addirittura direttamente saltati, ancora prima che una battaglia tra due unità abbia inizio ne possiamo infatti vedere l’esito, il quale sarà determinato tramite le statistiche dei singoli personaggi, le rispettive priorità di azione, abilità attive e passive, ma anche e soprattutto dalle classi di cui si compongono gli squadroni a confronto, avendo, come nelle migliori delle tradizioni ruolistiche, un proprio ruolo adatto o meno a seconda della situazione. Ecco, quindi, che l'arciere è particolarmente adatto a contrastare i nemici volanti, che le armi possenti come il martello sfondano le cavallerie, che i maghi sono indicati per farsi strada contro gli scudi, che i ladri sono in grado di schivare buona parte dei colpi pesanti, e via di questo passo, in un intuitivo, quanto efficace sistema di forze e debolezze.



Pur non avendo il controllo diretto sui singoli scontri, tramite la gestione dell’intelligenza artificiale delle singole unità, che ricorda non poco il sistema gambit di Final Fantasy XII, è possibile programmare le azioni delle stesse in maniera predeterminata, indicando, ad esempio, ad una curatrice di dare la precedenza alle cure del soldato che si trova in prima linea dinnanzi a lei, piuttosto che ad un più robusto barbaro con la passiva dell’autocura. Creare formazioni equilibrate, adatte ad ogni occasione, tra unità volanti, cavalleria, arcieri e maghi di vario tipo (una sessantina, le classi disponibili), rende l’esperienza di personalizzazione di Unicorn Overlord davvero profonda. A ciò, si aggiunge tutta una serie di attività collaterali, che riguardano l’esplorazione della mappa, missioni secondarie, raccolta di materiale per la ricostruzione delle città riconquistate e dialoghi sbloccabili tra i personaggi, i quali sviluppano un certo grado di affinità combattendo nella stessa formazione o mangiando insieme nelle varie locande, perché l’elemento del cibo non può mai mancare nelle opere di Vanillaware.



L’unico limite del sistema di Unicorn Overlorld risulta, a questo punto, un livello di difficoltà della maggior parte delle battaglie tarato verso il basso; un utilizzo forse un po’ troppo permissivo degli oggetti, unitamente ad alcune classi palesemente più avvantaggiate di altre nella maggior parte delle situazioni, rischiano di non valorizzare pienamente la stratificata impalcatura di gestione e personalizzazione delle truppe messa diligentemente in piedi da Vanillaware, e ciò anche considerato i quattro livelli di difficoltà, fortunatamente resi disponibili fin da subito. Questa scelta è in linea con lo scopo prefissato dagli sviluppatori di rendere il gioco di ruolo tattico meno stressante e più accessibile, anche e soprattutto a quelle persone che hanno sempre trovato, in questa declinazione del genere, una serie di ostacoli, di tempo e di dedizione richiesti, quasi insormontabili. Coloro che invece hanno alle spalle centinaia di battaglie e una pregressa esperienza del genere è bene che scelgano direttamente la difficoltà più alta, Esperto, onde evitare il rischio che la lotta alla liberazione del continente si trasformi ben presto in una mattanza trionfale. 

"Non mi importa se Atlus affonda, ma Vanillaware è un patrimonio che il Giappone non può perdere" Yoko Taro.

L’approccio estetico e scenografico di Vanillaware si dimostra ancora una volta tanto classico quanto unico, capace di creare commistioni artistiche intriganti con un occhio sempre puntato non solo ai rudimenti del genere ma anche alla contemporaneità. Si conferma variegato il character design di Takafumi Noma, che anima con decisione i personaggi in maniera unica, portando avanti la tradizione estetica lo stile dello studio ascrivendo gli stereotipi fantasy al racconto epico, già intrapreso con Grand Knights History.
Tra il sottotesto storico antimperialista, la fiaba e il romanticismo, evidente nel finale (e dal non indifferente numero di fanciulle), semplicità della storia e attrattiva estetica si sostengono a vicenda, dando peso a situazioni un po’ da anime e archetipici racconti fantastici che riempiono le interazioni tra i personaggi.
A tal proposito, vale la pena spendere due parole sul discusso adattamento inglese, che ha acceso non poche polemiche sui social,  generando un vespaio che ha coinvolto addirittura Yasumi Matsuno e che ha spinto alcuni traduttori a chiudersi a riccio. Al di là di sparsi errori di traduzione, che riguardano le descrizioni delle abilità, per chi ha un minimo di padronanza con più di una lingua, leggere una cosa e sentirne all’orecchio una quasi totalmente diversa, sta diventando un’abitudine leggermente fastidiosa nei giochi di ruolo giapponesi, per usare un eufemismo. Senza entrare nel dettaglio, né tantomeno pretendere una meccanica traduzione letterale dal giapponese, le libertà prese in fase di adattamento da parte di una certa compagnia di localizzazione americana, supera a volte certi limiti, e a poco serve asserire di essere fan di Ogre Battle, di Final Fantasy Tactics, volendone quasi forzatamente rievocarne lo stile (quando lo stesso Matsuno, in un tweet, consiglia di “non legarsi al passato e godere le cose nuove”). Per quanto vi siano delle affinità, su tutte i compositori di Basiscape, tra Unicorn Overlord e i classici citati, nel modo di narrare le opere Vanillaware in realtà differiscono sotto altri aspetti da quelle di Matsuno; tra ragazzine che brandiscono enormi martelli di pietra, streghe in bikini, avvenenti elfi e un eroe principale forse fin troppo virtuoso (contrapposto agli sporchi, e umani condottieri di Ivalice), permane nelle loro opere un punto di vista un po’ otaku di trattare il fantasy, ed è anche giusto che sia così, cercare di “elevare” i dialoghi, con toni teatrali ed epici, assenti nell’originale, è una scelta dunque a mio avviso un po’ pretenziosa e sovente arbitraria. Ognuno, poi, è libero di considerare più o meno rilevante questo aspetto, che non va ad incidere minimamente sul giudizio di un videogioco maestoso. Per il resto, la traduzione in italiano è buona, così come entrambi i doppiaggi, e il gioco rende dignitosamente su ogni piattaforma, eccetto il PC che per qualche motivo rimane orfano dei videogiochi di questo studio, il che è un peccato, sapendo quanti altri appassionati di giochi strategici potrebbero intercettare con una pubblicazione su Steam e affini.

I primi momenti dell’ultima fatica di Vanillaware e Atlus presentano tutti i topoi del racconto epico cavalleresco, dall’usurpazione al tradimento di corte, dalla separazione genitoriale al principe in esilio, come nel migliore dei Dragon Quest e degli Emblemi di Roto. Unicorn Overlord è l'ideale punto d’arrivo del ventennale percorso di Vanillaware di valorizzazione del racconto fantasy derivato dall’immaginario giovanile in due dimensioni, che strutturalmente guarda ai migliori tattici usciti dal Giappone, da Ogre Battle a Fire Emblem, smussandone però gli spigoli, con il rischio di abbassarne la sfida, il tutto rappresentato con il consueto zelo visivo con cui lo studio Odin Sphere ci ammalia da anni.