Turrican II: The Final Fight
Achtung! Ci troviamo dinanzi alla summa di tutti i nostri desideri videoludici più reconditi. Siamo consapevoli del fatto che la nostra baldanza di gamer superesperti e saccenti si schianterà sul muro del principio anarcoide di un sistema. Oltretutto, sappiamo bene quanto Manfred Trenz abbia modificato i pattern del gioco a piattaforme a scorrimento multidirezionale.
In effetti, siamo meno che zero paragonati al guru di Saarbrücken. Colui che diede vita al sequel che avrebbe ribaltato le sorti del genere run 'n gun. Siamo altresì niente rispetto a Chris Huelsbeck che forse nei giorni in cui compose le musiche di "Turrican II" mirava alla gloria eterna. La fantastica e 'metalleggiante' Desert Rock infonde la giusta carica di adrenalina e di esaltazione mentre ci si fa strada a colpi di laser tra cascate, ponti sospesi e antiche rovine di una civiltà aliena a noi sconosciuta. Negli stage successivi insiste sugli impulsi techno-melodici germanici delle sue ossessioni sintentizzanti, adducendo BGM da totale spappolamento cerebrale. La intro è da puro orgasmo e faceva sfoggio, tramite un trucchetto di programmazione, di ben 7 canali audio, quando il chip sonoro ne supportava solo quattro.
Mentre il colosso giapponese Nintendo stava per annunciare al mondo intero lo sviluppo di un nuovo episodio di Metroid per Super Nes, su Amiga vi era il teutonico Turrican che spazzava via ogni cosa vista in precedenza su questo home computer. Il massivo capolavoro della Rainbow Arts lascia convivere in modo speculare elementi da platform classico e intuizioni innatamente distruggitrici di classificazione arcade. Una perfetta fusione tra la malleabilità e la cattiveria dei coin op d'azione che furoreggiavano nelle sale giochi.
"Turrican II' è la sintesi tedesca di una cura per il dettaglio biomeccanico che si può definire irripetibile, l'apice della ideologia alternativa e labirintica del platform game a due dimensioni. La benemerita Factor 5 ha ridisegnato i sontuosi nemici di fine livello della versione C64 per farli amalgamare alla perfezione con abbacinanti sfumature di colore 'copperizzate' e fluidissimi strati di parallasse. I colossali boss mandati da The Machine - di lampante ispirazione nipponica - neppure stavano nello schermo, anche se la finestra di gioco non era tarata in modalità full-screen (a dire il vero, pochi titoli per l'ammiraglia di casa Commodore lo erano). Gli scenari sono anch'essi degni di plauso, costruiti per rendere demarcate e maniacali le sterminate zone da esplorare, con tonnellate di anfratti e cunicoli, quasi a completare l'immensità del suo precursore, fratello gemello per somiglianza strutturale e traslucente nitidezza degli sprites.
Il level design, a mio modesto parere, andrebbe reso materia obbligatoria di studio nelle scuole di videogame, solo per il fatto che è stato congegnato pixel dopo pixel da una persona sola, mentre le produzioni su console potevano vantare team di sviluppo con decine e decine di collaboratori. Arrivare indenni allo scontro finale è un'esperienza che ti segna dentro per tutta la vita. Il senso di alienazione e di perdita dell'orientamento che si provano percorrendo in lungo e in largo gli intricatissimi corridoi della fabbrica dei walker e il tortuoso cammino dell'ultimo mondo sono tuttora qualcosa di allucinante. San Trenz (perché santo è!) riuscirà a creare e a farsi pubblicare altri lavori, tuttavia la monumentalità della realizzazione di "Turrican II" non verrà mai più raggiunta.
Chi lo ha giocato sa.
In effetti, siamo meno che zero paragonati al guru di Saarbrücken. Colui che diede vita al sequel che avrebbe ribaltato le sorti del genere run 'n gun. Siamo altresì niente rispetto a Chris Huelsbeck che forse nei giorni in cui compose le musiche di "Turrican II" mirava alla gloria eterna. La fantastica e 'metalleggiante' Desert Rock infonde la giusta carica di adrenalina e di esaltazione mentre ci si fa strada a colpi di laser tra cascate, ponti sospesi e antiche rovine di una civiltà aliena a noi sconosciuta. Negli stage successivi insiste sugli impulsi techno-melodici germanici delle sue ossessioni sintentizzanti, adducendo BGM da totale spappolamento cerebrale. La intro è da puro orgasmo e faceva sfoggio, tramite un trucchetto di programmazione, di ben 7 canali audio, quando il chip sonoro ne supportava solo quattro.
Mentre il colosso giapponese Nintendo stava per annunciare al mondo intero lo sviluppo di un nuovo episodio di Metroid per Super Nes, su Amiga vi era il teutonico Turrican che spazzava via ogni cosa vista in precedenza su questo home computer. Il massivo capolavoro della Rainbow Arts lascia convivere in modo speculare elementi da platform classico e intuizioni innatamente distruggitrici di classificazione arcade. Una perfetta fusione tra la malleabilità e la cattiveria dei coin op d'azione che furoreggiavano nelle sale giochi.
"Turrican II' è la sintesi tedesca di una cura per il dettaglio biomeccanico che si può definire irripetibile, l'apice della ideologia alternativa e labirintica del platform game a due dimensioni. La benemerita Factor 5 ha ridisegnato i sontuosi nemici di fine livello della versione C64 per farli amalgamare alla perfezione con abbacinanti sfumature di colore 'copperizzate' e fluidissimi strati di parallasse. I colossali boss mandati da The Machine - di lampante ispirazione nipponica - neppure stavano nello schermo, anche se la finestra di gioco non era tarata in modalità full-screen (a dire il vero, pochi titoli per l'ammiraglia di casa Commodore lo erano). Gli scenari sono anch'essi degni di plauso, costruiti per rendere demarcate e maniacali le sterminate zone da esplorare, con tonnellate di anfratti e cunicoli, quasi a completare l'immensità del suo precursore, fratello gemello per somiglianza strutturale e traslucente nitidezza degli sprites.
Il level design, a mio modesto parere, andrebbe reso materia obbligatoria di studio nelle scuole di videogame, solo per il fatto che è stato congegnato pixel dopo pixel da una persona sola, mentre le produzioni su console potevano vantare team di sviluppo con decine e decine di collaboratori. Arrivare indenni allo scontro finale è un'esperienza che ti segna dentro per tutta la vita. Il senso di alienazione e di perdita dell'orientamento che si provano percorrendo in lungo e in largo gli intricatissimi corridoi della fabbrica dei walker e il tortuoso cammino dell'ultimo mondo sono tuttora qualcosa di allucinante. San Trenz (perché santo è!) riuscirà a creare e a farsi pubblicare altri lavori, tuttavia la monumentalità della realizzazione di "Turrican II" non verrà mai più raggiunta.
Chi lo ha giocato sa.