Akiba’s Trip”, vale a dire “gita ad Akiba”, ma se letto velocemente, il titolo diventa “Akiba Strip” ovvero “spogliarello ad Akiba”. E questo gioco di parole nel titolo non è stato scelto a caso. Akiba è il diminutivo di Akihabara, famosissimo quartiere di Tokyo, noto per essere la mecca di ogni otaku, pieno com’è di negozi che vendono merchandising su anime, manga e videogame più popolari del momento, ma anche per il gran numero di sale giochi e locali a tema quali maid café e manga café. Akihabara è anche il palcoscenico su cui si svolge tutto il gioco.
“Akiba’s Trip: Undead & Undressed” è il sequel di “Akiba’s Trip”, uscito nel 2012 per PSP. Questo secondo capitolo non ha comunque collegamenti diretti al gioco precedente e può essere giocato indipendentemente da esso, e per questo nelle versioni americana ed europea è stato furbamente rimosso il 2 dal titolo. Il primo capitolo non è mai uscito fuori dal Giappone, mentre questo seguito è riuscito ad arrivare anche qui in Italia, per Playstation 3 e PSVita seppure solo in inglese. Ma andiamo con ordine.
Tutto inizia quando il protagonista (completamente personalizzabile), nome di default, Nanashi, si risveglia in uno scantinato legato ad un letto, circondato da strani individui. Come è finito in questa brutta situazione? Nanashi aveva deciso di accettare l’offerta di un lavoro arrivatagli tramite e-mail. Si trattava solo di prendere dei medicinali e fare dei test, e sarebbe stato pagato in rarissime action figure. Insomma, nulla di sospetto (come no). Invece, quello che sembra il capo di quei tizi, inizia a fare il solito monologo, e inizia a spiegare. Nanashi è stato trasformato in un Synthisters, ovvero una sorta di vampiro. Non deve nutrirsi di sangue, ma della voglia di vivere delle altre persone. Niente sangue quindi, ma è comunque impotente contro la luce del sole. Mentre il cattivo è perso nelle sue spiegazioni, improvvisamente una bella ragazza irrompe nella stanza, picchia tutti e salva Nanashi.
Dopo essere fuggiti, rivela finalmente il suo nome, Shizuku. Dice anche che l’unico modo per evitare che il ragazzo perda il controllo e inizi ad attaccare gli altri individui, è quello di donargli il suo sangue e trasformarlo in uno della sua stessa specie, ovvero un “cacciatore” di Synthisters. Il sangue viene passato tramite un bacio…
E dopo quaranta minuti di dialoghi e tutorial, finalmente al giocatore è chiaro lo scopo: ad Akihabara c’è una banda di criminali che rapisce gli otaku e li trasforma in mostri. Nanashi, Shizuku e altri personaggi devono combattere contro di loro e fermarli. Come? I mostri sono fisicamente molto resistenti, ma purtroppo per loro, deboli contro la luce del sole e quindi, bisogna spogliarli per esporli alla luce.
Il gioco è un gdr d’azione con una marcata sezione da visual novel, e pertanto il gameplay è diviso in due fasi ben distinte: visual novel ed esplorazione.
La storia viene narrata come in una visual novel con lunghi e frequenti dialoghi, in cui ogni tanto dovremo effettuare una scelta sulle risposte da dare tra le tre possibili opzioni (risposta positiva, dubbiosa e l’ultima da otaku), che influenzeranno il percorso della trama portando ad uno dei possibili finali tra i diversi disponibili, facendo finire il protagonista accoppiato (nel senso di fare coppia e non fare le cosacce) con una delle protagoniste femminili.
In modalità esplorazione andiamo in giro per Akihabara. Di solito abbiamo sempre una destinazione da raggiungere per progredire con la storia, ma siamo anche liberi di esplorarla come vogliamo. Si può parlare con la gente che si incontra, si può andare nei vari negozi ad acquistare oggetti e altra roba. Su questo aspetto ci torniamo più avanti in dettaglio. La fase di battaglia inizia quando si incontrano dei nemici. Il giocatore può attaccare gli avversari con calci e pugni, se ha armi equipaggiate come bastoni o ombrelli si possono usare quelli. Il tasto triangolo serve per gli attacchi alla testa, cerchio per gli attacchi al corpo e X per gli attacchi alle gambe. Per sconfiggere un nemico bisogna colpirlo in una zona del corpo abbastanza volte per indebolirlo, e a quel punto gli si potrà strappare via l’indumento che indossa: maglietta per il corpo, pantaloni alle gambe e bandana o cappello per la testa ovviamente. Una volta nudo, il “vampiro” sarà esposto completamente alla luce del sole e questo ne provocherà la sconfitta. Un nemico battuto dona esperienza che permette di upgradare l’equipaggiamento, e i suoi indumenti. Dato che anche Nanashi è un Synthisters, i nemici cercheranno di fare lo stesso, tentando di denudarci, e se ci riescono è game over.
La vita di personaggi e nemici quindi, è gestita tramite la qualità degli indumenti indossati. Vestiti scadenti hanno poca “vita” e per questo sono più facili da togliere / distruggere, mentre indumenti di alta qualità e alla moda garantiscono una maggior difesa. Elemento centrale del gioco quindi, diventa ampliare il proprio guardaroba seguendo gli ultimi trend in fatto di stile. Per poter indossare vestiti di qualità più alta è necessario salire di livello. Per gli amanti del cross dressing o dai gusti particolari, è da segnalare che è possibile vestire i personaggi maschili con indumenti femminili e viceversa. E’ inoltre possibile perfino selezionare lo stile di combattimento o il modo di camminare. Le combinazioni possibili sono davvero tantissime.
Grande importanza all’interno del gioco è data al quartiere di Akihabara, riprodotto a detta dei creatori del gioco, molto fedelmente (non essendoci mai stato, gliela do buona e mi fido). In giro per Akihabara incontreremo tantissima gente, di tutti i tipi: gente normale che va per i fatti suoi, salarymen, casalinghe, ma soprattutto otaku, turisti stranieri, gothic lolita, maid e perfino aspiranti idol. Si possono frequentare i maid cafe, giocare ad alcuni minigiochi nelle sale arcade, comprare vestiti, cibo, fare foto con il cellulare, fermarsi a guardare i trailer di veri anime (come Super Sonico) o videogame (Conception II) o i concerti dal vero di gruppi di idol che passano sui megaschermi dei palazzi. Insomma, vi sembrerà di esserci per davvero. Beh, quasi.
Inoltre in giro per la città sarà possibile completare quest secondarie per aiutare alcuni personaggi e ottenere più esperienza e oggetti speciali.
Un altro elemento importante del gioco è lo smartphone in dotazione al protagonista. All’inizio semplice cellulare con funzioni di fotocamera, gps, lettura mail e database per tutte le informazioni, ma che dopo l’incontro con un certo personaggio diventerà uno strumento indispensabile per la lotta contro i mostri. Infatti essi si mescolano tra la gente. Come fare dunque per evitare di picchiare e denudare gente che non c’entra nulla con questa storia? Facile. Bisogna scattare foto a tutti: se il soggetto fotografato è un vampiro la foto verrà “mossa”, e allora si può iniziare il combattimento parlando con il personaggio in questione provocandolo con la giusta frase.
Graficamente il gioco fa discretamente bene il suo lavoro, ma è evidente che le potenzialità hardware della Playstation 3 sono sfruttate solo in minima parte. Il quartiere di Akihabara fornisce un certo colpo d’occhio, ma l’orizzonte visivo è molto ravvicinato. Lo stesso dicasi per i modelli poligonali dei personaggi, che seppur gradevoli a prima vista, da vicino mostrano tutta la loro semplicità. Il che non è propriamente un difetto, dato che il gioco non punta al fotorealismo ma a ricreare una sorta di anime interattivo, e in quello riesce benissimo. Tuttavia i vari NPC in giro per la città sono di pochi tipi diversi, e capita che in una sola schermata ci possano essere anche quattro personaggi identici. Il problema maggiore comunque, è che Akihabara è frammentata in tante piccolissime zone, che si possono attraversare in una decina di secondi ciascuna, e al passaggio tra ogni schermata bisogna sorbirsi un caricamento e ciò rende gli spostamenti molto lenti. Per fortuna si può selezionare un punto sulla mappa e farsi trasportare lì dal gioco. Ciò toglie però la possibilità di effettuare incontri casuali e battaglie varie.
Il gioco è diviso grossomodo in tre capitoli, e la partita in media, con una buona percentuale di completamento, dura all’incirca tredici, quindici ore di gioco. Al termine della prima partita, si ha la possibilità di iniziare un “nuovo gioco +”, ovvero ricominciare dall’inizio mantenendo però esperienza e oggetti accumulati. Ciò rende più facile l’ottenimento dei vari finali, che sono cinque in tutto. In media queste partite si possono finire in cinque o sei ore, portando perciò la durata complessiva sulle trentacinque o quaranta ore. Una durata di tutto rispetto, dunque, a cui va aggiunta anche qualche ora in più per l’ottenimento di tutti i trofei, alcuni dei quali richiedono delle condizioni specifiche impossibili da soddisfare per caso senza averci speso un bel po’ di tempo.
La difficoltà non è molto alta, e chiunque sia un minimo pratico di jrpg e action game, arriverà alla fine senza particolari sforzi. Il livello di difficoltà è comunque selezionabile in diversi gradi: si va da easy, a casual gamer, gamer e infine otaku (ottenibile solo dopo aver terminato il gioco la prima volta).
Paradossalmente a creare più difficoltà può essere la sezione visual novel, che sembra facile dato che c’è solo da leggere, e invece bisogna stare attenti alle risposte date per far sì che il livello di affetto che le ragazze provano verso di noi sia abbastanza alto, permettendoci di imboccare la route giusta. Oltre ai cinque finali possibili infatti, ogni ragazza ha una “normal” e una “true” ending; la differenza tra una e l’altra sta nel fatto che la “true” ha una scena in più alla fine e permette di ottenere più bonus, ma la base è identica.
Diventa perciò di vitale importanza segnarsi le risposte date nelle varie partite e procedere a tentativi per ottenere tutti i finali (o consultare una guida su internet).
La versione italiana di “Akiba’s Trip” è quella uscita in tutto il resto dell’Europa, vale a dire con i sottotitoli in inglese e la possibilità di selezionare l’audio tra l’originale giapponese (di altissima qualità, con molti nomi noti del settore anime) e quello inglese (sinceramente, l’ho cambiato immediatamente perciò non posso esprimermi sulla qualità). I testi sono in un inglese relativamente semplice perciò facilmente accessibile anche da chi ha una preparazione di livello scolastico. A creare alcune difficoltà possono essere solo le traduzioni di alcuni slang giapponesi tradotti in altri slang americani, e per i più puristi la rimozione di tutti gli onorifici e i vari nii-chan e onee-chan.
Akiba's Trip: Undead & Undressed - Opening
“Akiba’s Trip: Undead & Undressed” è il sequel di “Akiba’s Trip”, uscito nel 2012 per PSP. Questo secondo capitolo non ha comunque collegamenti diretti al gioco precedente e può essere giocato indipendentemente da esso, e per questo nelle versioni americana ed europea è stato furbamente rimosso il 2 dal titolo. Il primo capitolo non è mai uscito fuori dal Giappone, mentre questo seguito è riuscito ad arrivare anche qui in Italia, per Playstation 3 e PSVita seppure solo in inglese. Ma andiamo con ordine.
Tutto inizia quando il protagonista (completamente personalizzabile), nome di default, Nanashi, si risveglia in uno scantinato legato ad un letto, circondato da strani individui. Come è finito in questa brutta situazione? Nanashi aveva deciso di accettare l’offerta di un lavoro arrivatagli tramite e-mail. Si trattava solo di prendere dei medicinali e fare dei test, e sarebbe stato pagato in rarissime action figure. Insomma, nulla di sospetto (come no). Invece, quello che sembra il capo di quei tizi, inizia a fare il solito monologo, e inizia a spiegare. Nanashi è stato trasformato in un Synthisters, ovvero una sorta di vampiro. Non deve nutrirsi di sangue, ma della voglia di vivere delle altre persone. Niente sangue quindi, ma è comunque impotente contro la luce del sole. Mentre il cattivo è perso nelle sue spiegazioni, improvvisamente una bella ragazza irrompe nella stanza, picchia tutti e salva Nanashi.
Dopo essere fuggiti, rivela finalmente il suo nome, Shizuku. Dice anche che l’unico modo per evitare che il ragazzo perda il controllo e inizi ad attaccare gli altri individui, è quello di donargli il suo sangue e trasformarlo in uno della sua stessa specie, ovvero un “cacciatore” di Synthisters. Il sangue viene passato tramite un bacio…
E dopo quaranta minuti di dialoghi e tutorial, finalmente al giocatore è chiaro lo scopo: ad Akihabara c’è una banda di criminali che rapisce gli otaku e li trasforma in mostri. Nanashi, Shizuku e altri personaggi devono combattere contro di loro e fermarli. Come? I mostri sono fisicamente molto resistenti, ma purtroppo per loro, deboli contro la luce del sole e quindi, bisogna spogliarli per esporli alla luce.
Il gioco è un gdr d’azione con una marcata sezione da visual novel, e pertanto il gameplay è diviso in due fasi ben distinte: visual novel ed esplorazione.
La storia viene narrata come in una visual novel con lunghi e frequenti dialoghi, in cui ogni tanto dovremo effettuare una scelta sulle risposte da dare tra le tre possibili opzioni (risposta positiva, dubbiosa e l’ultima da otaku), che influenzeranno il percorso della trama portando ad uno dei possibili finali tra i diversi disponibili, facendo finire il protagonista accoppiato (nel senso di fare coppia e non fare le cosacce) con una delle protagoniste femminili.
In modalità esplorazione andiamo in giro per Akihabara. Di solito abbiamo sempre una destinazione da raggiungere per progredire con la storia, ma siamo anche liberi di esplorarla come vogliamo. Si può parlare con la gente che si incontra, si può andare nei vari negozi ad acquistare oggetti e altra roba. Su questo aspetto ci torniamo più avanti in dettaglio. La fase di battaglia inizia quando si incontrano dei nemici. Il giocatore può attaccare gli avversari con calci e pugni, se ha armi equipaggiate come bastoni o ombrelli si possono usare quelli. Il tasto triangolo serve per gli attacchi alla testa, cerchio per gli attacchi al corpo e X per gli attacchi alle gambe. Per sconfiggere un nemico bisogna colpirlo in una zona del corpo abbastanza volte per indebolirlo, e a quel punto gli si potrà strappare via l’indumento che indossa: maglietta per il corpo, pantaloni alle gambe e bandana o cappello per la testa ovviamente. Una volta nudo, il “vampiro” sarà esposto completamente alla luce del sole e questo ne provocherà la sconfitta. Un nemico battuto dona esperienza che permette di upgradare l’equipaggiamento, e i suoi indumenti. Dato che anche Nanashi è un Synthisters, i nemici cercheranno di fare lo stesso, tentando di denudarci, e se ci riescono è game over.
La vita di personaggi e nemici quindi, è gestita tramite la qualità degli indumenti indossati. Vestiti scadenti hanno poca “vita” e per questo sono più facili da togliere / distruggere, mentre indumenti di alta qualità e alla moda garantiscono una maggior difesa. Elemento centrale del gioco quindi, diventa ampliare il proprio guardaroba seguendo gli ultimi trend in fatto di stile. Per poter indossare vestiti di qualità più alta è necessario salire di livello. Per gli amanti del cross dressing o dai gusti particolari, è da segnalare che è possibile vestire i personaggi maschili con indumenti femminili e viceversa. E’ inoltre possibile perfino selezionare lo stile di combattimento o il modo di camminare. Le combinazioni possibili sono davvero tantissime.
Grande importanza all’interno del gioco è data al quartiere di Akihabara, riprodotto a detta dei creatori del gioco, molto fedelmente (non essendoci mai stato, gliela do buona e mi fido). In giro per Akihabara incontreremo tantissima gente, di tutti i tipi: gente normale che va per i fatti suoi, salarymen, casalinghe, ma soprattutto otaku, turisti stranieri, gothic lolita, maid e perfino aspiranti idol. Si possono frequentare i maid cafe, giocare ad alcuni minigiochi nelle sale arcade, comprare vestiti, cibo, fare foto con il cellulare, fermarsi a guardare i trailer di veri anime (come Super Sonico) o videogame (Conception II) o i concerti dal vero di gruppi di idol che passano sui megaschermi dei palazzi. Insomma, vi sembrerà di esserci per davvero. Beh, quasi.
Inoltre in giro per la città sarà possibile completare quest secondarie per aiutare alcuni personaggi e ottenere più esperienza e oggetti speciali.
Un altro elemento importante del gioco è lo smartphone in dotazione al protagonista. All’inizio semplice cellulare con funzioni di fotocamera, gps, lettura mail e database per tutte le informazioni, ma che dopo l’incontro con un certo personaggio diventerà uno strumento indispensabile per la lotta contro i mostri. Infatti essi si mescolano tra la gente. Come fare dunque per evitare di picchiare e denudare gente che non c’entra nulla con questa storia? Facile. Bisogna scattare foto a tutti: se il soggetto fotografato è un vampiro la foto verrà “mossa”, e allora si può iniziare il combattimento parlando con il personaggio in questione provocandolo con la giusta frase.
Graficamente il gioco fa discretamente bene il suo lavoro, ma è evidente che le potenzialità hardware della Playstation 3 sono sfruttate solo in minima parte. Il quartiere di Akihabara fornisce un certo colpo d’occhio, ma l’orizzonte visivo è molto ravvicinato. Lo stesso dicasi per i modelli poligonali dei personaggi, che seppur gradevoli a prima vista, da vicino mostrano tutta la loro semplicità. Il che non è propriamente un difetto, dato che il gioco non punta al fotorealismo ma a ricreare una sorta di anime interattivo, e in quello riesce benissimo. Tuttavia i vari NPC in giro per la città sono di pochi tipi diversi, e capita che in una sola schermata ci possano essere anche quattro personaggi identici. Il problema maggiore comunque, è che Akihabara è frammentata in tante piccolissime zone, che si possono attraversare in una decina di secondi ciascuna, e al passaggio tra ogni schermata bisogna sorbirsi un caricamento e ciò rende gli spostamenti molto lenti. Per fortuna si può selezionare un punto sulla mappa e farsi trasportare lì dal gioco. Ciò toglie però la possibilità di effettuare incontri casuali e battaglie varie.
Il gioco è diviso grossomodo in tre capitoli, e la partita in media, con una buona percentuale di completamento, dura all’incirca tredici, quindici ore di gioco. Al termine della prima partita, si ha la possibilità di iniziare un “nuovo gioco +”, ovvero ricominciare dall’inizio mantenendo però esperienza e oggetti accumulati. Ciò rende più facile l’ottenimento dei vari finali, che sono cinque in tutto. In media queste partite si possono finire in cinque o sei ore, portando perciò la durata complessiva sulle trentacinque o quaranta ore. Una durata di tutto rispetto, dunque, a cui va aggiunta anche qualche ora in più per l’ottenimento di tutti i trofei, alcuni dei quali richiedono delle condizioni specifiche impossibili da soddisfare per caso senza averci speso un bel po’ di tempo.
La difficoltà non è molto alta, e chiunque sia un minimo pratico di jrpg e action game, arriverà alla fine senza particolari sforzi. Il livello di difficoltà è comunque selezionabile in diversi gradi: si va da easy, a casual gamer, gamer e infine otaku (ottenibile solo dopo aver terminato il gioco la prima volta).
Paradossalmente a creare più difficoltà può essere la sezione visual novel, che sembra facile dato che c’è solo da leggere, e invece bisogna stare attenti alle risposte date per far sì che il livello di affetto che le ragazze provano verso di noi sia abbastanza alto, permettendoci di imboccare la route giusta. Oltre ai cinque finali possibili infatti, ogni ragazza ha una “normal” e una “true” ending; la differenza tra una e l’altra sta nel fatto che la “true” ha una scena in più alla fine e permette di ottenere più bonus, ma la base è identica.
Diventa perciò di vitale importanza segnarsi le risposte date nelle varie partite e procedere a tentativi per ottenere tutti i finali (o consultare una guida su internet).
La versione italiana di “Akiba’s Trip” è quella uscita in tutto il resto dell’Europa, vale a dire con i sottotitoli in inglese e la possibilità di selezionare l’audio tra l’originale giapponese (di altissima qualità, con molti nomi noti del settore anime) e quello inglese (sinceramente, l’ho cambiato immediatamente perciò non posso esprimermi sulla qualità). I testi sono in un inglese relativamente semplice perciò facilmente accessibile anche da chi ha una preparazione di livello scolastico. A creare alcune difficoltà possono essere solo le traduzioni di alcuni slang giapponesi tradotti in altri slang americani, e per i più puristi la rimozione di tutti gli onorifici e i vari nii-chan e onee-chan.
“Akiba’s Trip” è indubbiamente un gioco figlio di questi tempi. E’ interamente basato sulla cultura otaku, un po’ celebrandola e un po’ prendendola in giro, giocando su tutti quelli che sono i clichè e le situazioni tipo degli anime e manga più in voga tra gli otaku. Anche graficamente il gioco riflette questa caratteristica, pieno di ragazze disegnate in stile “moe”, potenziali waifu capaci di soddisfare ogni categoria di fan. Ciò non di meno, la storia è ben sceneggiata e non annoia, grazie alla simpatia dei personaggi e qualche colpo di scena, anche se non la si può definire originalissima, piena com’è di tutti i vari stereotipi da anime, a differenza del gameplay, che seppur dalle meccaniche semplici e poco profonde, è capace di divertire fino alla fine. Se dunque vi considerate otaku, e il vostro sogno è quello di visitare Akihabara, con “Akiba’s Trip” potrete farlo, anche se solo virtualmente, ed in più potrete anche spogliare tante belle ragazze senza correre il rischio di essere arrestati.
Pro
- Storia in stile anime
- Personaggi simpatici e ragazze carine
- Gameplay originale e divertente
- Tante opzioni di personalizzazione
Contro
- La difficoltà generale è bassa
- Alla lunga può diventare ripetitivo
- Troppi caricamenti
Vabbè... a parte le mie piccole perversioni da quanto evinco dalla rece di Gianni, mettendo sul piatto della bilancia pro e contro, io è già tanto se gli darei la sufficienza.
Attira tanto la grafica anime style ma sembra essere tanto fumo e pochissimo arrosto, guardandolo ho pensato immediatamente a Time and Eternity.
Lo comprerei solo ad un prezzo irrisorio, semmai lo dovessi trovare usato a massimo 5 euro allora probabilmente lo comprerò
>> Graficamente il gioco fa discretamente bene il suo lavoro, ma è evidente che le potenzialità hardware della Playstation 3 sono sfruttate solo in minima parte.
Per non parlare di quelle della PS4
"Immagino che non si possa neanche spogliarli del tutto <.<'"
Se si riesce a fare una lunga sequenza di combo, qualcosa come dieci colpi di fila, si attiva la mossa speciale in grado di spogliare completamente l'avversario togliendo reggiseni e mutande, ma ovviamente, non si vede nulla.
P.S. E nel frattempo i miei JRPG ancora incellophanati piangono perchè sono lì da un anno pronti per essere giocati. xD
Però ho un "terribile" dubbio: meglio per ps3 o psvita?!
-Durante il combattimento si lotta quasi sempre con una partner femminile che può essere gestita tramita la croce direzionale. Pochi comandi semplici "dammi una mano" e "stai ferma", e dopo aver riempito un indicatore per la mossa speciale premendo il tasto "sù" si può fare un attacco combinato, capace di danneggiare gravemente il nemico puntato e in modo minore chi gli sta intorno. Ogni ragazza ha il suo attacco speciale.
-Si può lottare con qualunque cosa capiti sotto mano: tastiere del pc, monitor, action figure, spade di legno, chitarre, segnali stradali, kebab, ombrelli, palloni da calcio, il porro di Miku. Tutto può diventare un arma.
-Facendo cose e progredendo con il gioco, il protagonista guadagna diversi nickname che se equipaggiati provocano diversi effetti quando si cammina per strada: ci sono alcuni che portano rispetto, e tutti quelli che incontreremo per strada ci diranno cose come "sei un grande! Ti stimo, vorrei essere come te" e con le ragazze che invece dicono cose come "waaa! E' Nanashi! Che figo! Chiamami quando sei libero!", e la gente ci scatterà foto e incoraggerà durante le battaglie. C'è ne sono altri che invece hanno effetto negativo, con la gente che dirà cose come "Quello è Nanashi. Ho sentito che è un pervertito", e si scanseranno al nostro passaggio, mentre le ragazze fuggiranno urlando.
-Per l'esplorazione in città si possono equipaggiare diversi modi di camminare, come la camminata da turista o quella da mimo, mentre per il combattimento e il togliere i vestiti si possono equipaggiare diversi stili di lotta come il pugno dell'ubriaco e altre cose simili.
Insomma, è un gioco all'apparenza semplice, e in un certo senso lo è, la difficoltà generale è bassa, ma di cose da fare e da vedere ne è pieno. Io ci sto giocando e mi ci sto divertendo parecchio. La storia ci mette un po' ad ingranare, bisogna almeno arrivare alla terza ora di gioco per avere a disposizione tutte le funzioni del gioco, ma da quel momento in poi, il gioco svela tutte le sue potenzialità.
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