Sull’isola Tenrou, luogo sacro di Fairy Tail, Natsu, Lucy e gli altri membri della gilda hanno appena il tempo di festeggiare la sconfitta della Gilda Oscura Grimoire Heart comandata da Hades, quando d’un tratto l’isola viene attaccata da Acnologia, il Drago Nero del Libro dell'Apocalisse. Nonostante il disperato tentativo del Master Makarov di proteggere i suoi e dar loro una via di fuga, il drago risulta inarrestabile, ed elevandosi in cielo, spazza via l’intera isola con il suo respiro.
 
Fairy Tail - Recensione

Le acque che circondano l'isola vengono setacciate per mesi, ma senza risultati, tutti coloro che si trovavano sull’isola sembrano scomparsi. Passano così sette anni, con Macao come Master e priva dei suoi membri più forti, Fairy Tail è ormai una gilda in totale decadenza, stipata in una piccola locanda, demotivata e alla mercé di altre gilde, ma una flebile speranza giunge da Ichiya di Blue Pegasus, che afferma di aver captato una forte energia di eternano in un tratto di mare a largo di Fiore; giunti sul posto a bordo dell’aeronave Christina, con gran sorpresa, si scorge una misteriosa figura sospesa sull’acqua fa ricomparire interamente l’isola Tenrou. Trattasi dello spirito di Mavis Vermillion, la prima Master di Fairy Tail, che servendosi della potentissima magia difensiva Fairy Sphere è riuscita a salvare tutti i membri dall’attacco di Acnologia, al prezzo però di un “congelamento” del tempo al suo interno, con il risultato che Natsu, Makarov e tutti gli altri non sono invecchiati di un giorno, mentre il mondo intorno a loro è avanzato di sette lunghi anni.

Per riconquistare l’antico prestigio di Fairy Tail, la gilda decide di prendere parte all’annuale Gran Palio della Magia, un torneo che mette a confronto le più forti gilde di Fiore, garantendo al vincitore un premio di 30 milioni di Jewel, occasione troppo ghiotta per lasciarsela fuggire. Tuttavia, dietro il fastoso palcoscenico del torneo, sembra nascondersi qualcosa di più grande..

 
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Il manga Fairy Tail inizia la sua serializzazione sulle pagine dello storico Shonen Magazine nel 2006, per poi concludersi oltre un decennio dopo e sessanta milioni di copie, generando serie TV di successo, merchandise e tutto il solito ambaradan a cui l’industria editoriale giapponese ci ha ormai abituati.
Non è questa l’occasione per disquisire l’operato fumettistico di Hiro Mashima, classe 1977, è sufficiente affermare che fin dal suo debutto ha convogliato nelle sue opere tutti i topos accalappia-lettori del genere shonen (azione, frasi a effetto, buoni sentimenti, umorismo triviale, immancabili trasformazioni, fan-service..) riuscendo però, a suo modo, a creare uno stile riconoscibile che si potrebbe definire come “Fast-Food Fantasy”, caratterizzato da una narrazione sì ramificata, alle volte schematica nella sua rigida divisione in saghe più o meno lunghe, ma al contempo semplice e non dispersiva. Rispetto però al precedente Rave: The Groove Adventure, che era un classico viaggio di formazione dell’eroe, dunque molto focalizzato sul protagonista attorno a cui orbitano personaggi comprimari, Fairy Tail ruota attorno al concetto di Gilda come luogo centralizzante e catartico per i personaggi, una famiglia per chi non ha famiglia, una casa per chi ne è privo, una seconda possibilità per chi la merita. È la locanda degli RPG dove si stringono alleanze e si rafforzano amicizie, si formano i “party” per le missioni, si festeggia, si brinda e si fa a botte, ma soprattutto la Gilda è un luogo dove, qualunque cosa succeda, si fa sempre ritorno.
 
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L’annuncio di un JRPG basato su Fairy Tail, avvenuto nel corso del Tokyo Game Show 2019, ha colto di sorpresa non tanto per il titolo in sé (il manga principale è concluso, ma come successo con Naruto e altri il suo carburante commerciale sembra lungi dall’esaurirsi), quanto piuttosto per il team scelto per lo sviluppo: Gust. Noti principalmente per la prolifica serie degli Atelier, alla quale alterna ogni tanto qualche esperimento (gli ultimi Nights of Azure e Blue Refection), nei suoi oltre venticinque anni di carriera questa è la prima volta che lo studio di Nagano si cimenta in un soggetto non originale, scelto da Koei Tecmo per la sua esperienza ultra ventennale in campo RPG, cercando in tal modo di distinguersi dai soliti hack ‘n slash o picchiaduro che caratterizzano fin troppi videogiochi tratti dagli anime.
 
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Il videogioco traspone due archi narrativi del manga, quello relativo al Gran Palio della Magia, e quello di Tartaros, collocati fra il volume 30 e il 49; in quanto a lunghezza sono secondi solo alla saga finale di Alvarez e contengono una quantità non indifferente di personaggi, ricorrenti o anche solo comparse, in particolare per quanto riguarda la fase del torneo, un aspetto che Koei Tecmo sembra in parte aver sottovalutato, come vedremo più avanti.

La collocazione scelta dagli sviluppatori è certamente calzante poiché segue uno dei due time skip presenti nella storia (l’altro è nel volume 49), in cui i personaggi si ritrovano a dover “ricominciare d’accapo” per riportare la gilda ai suoi fasti; dunque allenamenti per recuperare il tempo perduto, quest da svolgere e un torneo come obiettivo compongono lo scenario ideale per un RPG dalle basi collaudate, in cui il fattore di progressione procede di pari passo con l’andamento della storia e la crescita della gilda, al netto di qualche accelerata narrativa.
 
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Purtroppo, e duole ammetterlo dopo aver elogiato per anni i vari Atelier, il livello produttivo di Gust non è quello di Square Enix, ma se per questo neanche della miglior Level-5, giocando a Fairy Tail appare evidente che gli sviluppatori si sono ritrovati a dover compiere delle scelte e scendere a compromessi con la grande quantità di personaggi coinvolti. Il risultato è che il modello poligonale di alcuni di essi non è stato realizzato, è il caso di Meredy di Crime Sorcière, di molti partecipanti al torneo ma anche di figure di un certo rilievo come Arcadios o la principessa Hisui E. Fiore (per la quale forse bastava modificare un po’ quello di Erza); accade quindi che questi si ritrovino ogni volta a parlare “fuori schermo” quando interagiscono con gli altri personaggi, un risultato che non si può proprio definire, eufemisticamente, tra i migliori, rischiando di trasmettere una sensazione di sciatteria quando forse, in realtà, si è semplicemente sottovalutata la portata scenica del soggetto. E allora tanto varrebbe tornare agli artwork, qui presenti solo per determinate scene, come facevano gli Atelier di epoca Arland, piuttosto che tentare di fare il passo più lungo della gamba. Persino uno come il sottoscritto che spesso e volentieri sorvola su questioni meramente tecniche, non può fare a meno di notare una certa proliferazione, oltre il livello di guardia, di cittadini-clone che popolano le strade di Magnolia e Crocus. Nulla che rovini l’esperienza, ben inteso, però.. eh.
 
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Preso atto di una presentazione scenografica non impeccabile (che fortunatamente migliora di molto in fase di battaglia), Fairy Tail propone un interessante sistema di progressione a due livelli, uno basato sulla forza e i legami dei personaggi, e l’altro sul miglioramento della gilda. I primi, oltre a potenziarsi con i tradizionali punti esperienza, possono aumentare il proprio Rank grazie ai Fairy Point, che salgono di pari passo con il prestigio della gilda, conferendo loro potenziamenti di vario genere e piccoli bonus (come costumi extra). Contestualmente, utilizzare spesso in battaglia determinati membri della gilda rafforzerà il livello di legame tra loro, andando ad inficiare positivamente sull’efficacia delle Magic Chain in battaglia, oltre a sbloccare immancabili scenette aggiuntive tra i singoli personaggi. Poiché costoro si affidano unicamente alle loro personali magie, il gioco non prevede un classico sistema di equipaggiamento composto da armi e armature, ma presenta comunque le Lacrima (un’essenza magica cristallina che nel manga viene utilizzata per un po’ tutto), di fatto l’equivalente degli accessori negli RPG, per potenziare determinati attributi. Queste si dividono di vario tipo e possono essere acquistate nel negozio, oppure fabbricate nel laboratorio di Levy previo utilizzo dei giusti materiali, in pratica rappresentano la componente “alchemica” di Fairy Tail, per quanto abbastanza semplicistica. Sempre con i materiali è possibile potenziare le varie facility della gilda, come negozi, cucina, laboratorio e perché no anche la piscina, per chi invece non riesce a stare senza menare le mani può sfidare i vari membri della gilda in battaglie uno contro uno.
 
Fairy Tail - Recensione

Fairy Tail mostra il suo aspetto migliore nelle sue classiche, ma solide battaglie a turni, in cui l’efficacia delle singole magie è determinata dal loro range, essendo i nemici posizionati in piccole griglie come in Koudelka (strano in questa occasione, citare Koudelka) e da rapporti di resistenza e debolezza elementale. Appare evidente che sulle magie, che aumentano di potenza di pari passo con il personaggio, è stata riposta una cura realizzativa notevole, replicando con efficacia movenze viste nell’anime.
Con l’aggiunta delle Magic Chain gli incontri diventano man mano sempre più spettacolari, alla Fairy Gauge, posta in basso a destra, che permette l’utilizzo delle catene fino a scaturire nelle potentissime Extreme Magic, si aggiunge la barra Awakening, che invece sblocca la forza latente del singolo personaggio (la Dragon Force per i Dragon Slayers, ad esempio).
L’aspirazione strategica latita nelle prime ore di gioco, e la difficoltà rimane contenuta per buona parte dell’avventura. Il gioco parte chiedendovi se affrontarlo o meno nella modalità facile, un proiettile da schivare con aplomb se si ha anche una minima esperienza in campo RPG, gli MP abbondano sempre, i curativi piovono dal cielo e se Mavis lo spiritello evitasse di lanciare la sua Super-Fairy-Sphere-Megagalattica che cura tutti e tutto alla prima crisi di HP, sarebbe apprezzabile; tuttavia la scelta di Gust come team di sviluppo si dimostra azzeccata, Fairy Tail è piacevole da giocare e svela le sue carte nei momenti opportuni, ben consapevole del target di riferimento, guardando all’appassionato del franchise, più che al navigato del genere.
Testato su PS4 ma disponibile anche su Switch e PC. Traduzione dei testi in inglese e francese, doppiaggio giapponese come al solito di buon livello, peso esiguo su hard disk. Soundtrack ispirata nei toni a quella dell'anime, gradevole, il tema principale irrompe nel cervello quando meno te lo aspetti.
 
 
La sensazione è la stessa di Hokuto ga Gotoku, di una produzione su licenza realizzata fra due opere maggiori dello studio, in quel caso gli Yakuza, in questo gli Atelier Ryza. Il risultato Gust se lo porta a casa perché sa come si fanno gli RPG, al netto di qualche sbavatura e ridondanze nelle quest, riuscendo bene in ciò che i programmatori si erano prefissati. Per cui realizza un gameplay semplice ma apprezzabile, che non assurgerà di certo a videogioco di culto, agendo all’interno di un tessuto collaudato, ma lo stesso si può dire del Fairy Tail di Mashima. C’è rispetto e fedeltà nei confronti dell’opera di origine, per cui i fan dovrebbero apprezzare le sidestories, il triello Erza-Kagura-Minerva, l’episodio in piscina, Natsu che si intrufola in casa di Lucy, le magie, i costumi. Poi però vedi Ryza nel trailer che nuota con i suoi cosciotti e il berretto sempre al suo posto, scala dirupi e cavalca cose, al che non resta che demarcare le dovute differenze creative in casa Gust.