The Legend of Zelda: Phantom Hourglass
Dopo aver giocato una manciata di titoli dedicati a Zelda per console fissa decisi che era finalmente giunto il momento di provarne uno nato e concepito per essere sfruttato da una console 100% portatile e “The Legend of Zelda: Phantom Hourglass” non è stato una scelta casuale visto che da ciò che mi è parso di capire, si tratta di uno dei capitoli portatili più amati di questa saga.
Purtroppo, però il rapporto che ho avuto con questo titolo è stato tutt’altro che idilliaco e ammetto fin da subito di averlo apprezzato meno rispetto ad altri giochi della saga di appartenenza. In ogni caso, l’unico difetto che ho riscontrato nella mia esperienza è stato la lentezza con cui il gioco mi ha catturato. Anche in altri Zelda per qualche motivo ci metto molto a rimanere coinvolto a pieno nell’esperienza di gioco, però qui ci è voluto più tempo del solito. Soltanto quando ero a circa metà del percorso ho iniziato ad apprezzare seriamente questo capitolo vuoi forse per la struttura un po’ dispersiva, vuoi forse per il poco interesse verso la storia. Tolto questo appunto però, è stato un gran bel gioco.
In primo luogo, ho apprezzato molto come gli sviluppatori abbiano sfruttato tutte le caratteristiche del DS, tra l’uso dello stilo, il touch screen, il doppio schermo richiudibile, il microfono ecc. Queste caratteristiche hanno contribuito a rendere ancora più geniale il lato creativo sempre presente nei titoli del franchise. Un altro aspetto degno di nota è ovviamente costituito dai vari Dungeon e in particolare quello principale: Il Santuario del Re del Mar, semplicemente spettacolare. Anche gli altri sono comunque una goduria da affrontare e mettono in mostra un level design di tutto rispetto. Da lodare anche il fattore “portatilità” del gioco. Come è giusto che sia, il gioco ti permette anche partite rapide evitando lunghe sessioni poco pratiche con una console del genere. Come difficoltà ammetto che forse è stato lo Zelda più facile che abbia giocato fin qui, ma lo sottolineo come pregio, infatti un’esperienza più tosta su console portatile probabilmente l’avrei affrontata meno volentieri.
In conclusione, “The Legend of Zelda: Phantom Hourglass” non è solo un signor capitolo per questa saga, ma è anche a mani basse uno dei migliori giochi per DS in assoluto e senza dubbio per me quello che meglio ne ha sfruttato le varie funzionalità. Di contro ammetto che per diverse ore, forse anche per una difficoltà di approccio da parte mia, ho affrontato quest’avventura con poca voglia venendo coinvolto attivamente solo dalla metà in poi. Ma meglio tardi che mai.
Purtroppo, però il rapporto che ho avuto con questo titolo è stato tutt’altro che idilliaco e ammetto fin da subito di averlo apprezzato meno rispetto ad altri giochi della saga di appartenenza. In ogni caso, l’unico difetto che ho riscontrato nella mia esperienza è stato la lentezza con cui il gioco mi ha catturato. Anche in altri Zelda per qualche motivo ci metto molto a rimanere coinvolto a pieno nell’esperienza di gioco, però qui ci è voluto più tempo del solito. Soltanto quando ero a circa metà del percorso ho iniziato ad apprezzare seriamente questo capitolo vuoi forse per la struttura un po’ dispersiva, vuoi forse per il poco interesse verso la storia. Tolto questo appunto però, è stato un gran bel gioco.
In primo luogo, ho apprezzato molto come gli sviluppatori abbiano sfruttato tutte le caratteristiche del DS, tra l’uso dello stilo, il touch screen, il doppio schermo richiudibile, il microfono ecc. Queste caratteristiche hanno contribuito a rendere ancora più geniale il lato creativo sempre presente nei titoli del franchise. Un altro aspetto degno di nota è ovviamente costituito dai vari Dungeon e in particolare quello principale: Il Santuario del Re del Mar, semplicemente spettacolare. Anche gli altri sono comunque una goduria da affrontare e mettono in mostra un level design di tutto rispetto. Da lodare anche il fattore “portatilità” del gioco. Come è giusto che sia, il gioco ti permette anche partite rapide evitando lunghe sessioni poco pratiche con una console del genere. Come difficoltà ammetto che forse è stato lo Zelda più facile che abbia giocato fin qui, ma lo sottolineo come pregio, infatti un’esperienza più tosta su console portatile probabilmente l’avrei affrontata meno volentieri.
In conclusione, “The Legend of Zelda: Phantom Hourglass” non è solo un signor capitolo per questa saga, ma è anche a mani basse uno dei migliori giochi per DS in assoluto e senza dubbio per me quello che meglio ne ha sfruttato le varie funzionalità. Di contro ammetto che per diverse ore, forse anche per una difficoltà di approccio da parte mia, ho affrontato quest’avventura con poca voglia venendo coinvolto attivamente solo dalla metà in poi. Ma meglio tardi che mai.