A prima vista non si direbbe ma la saga di Corpse Party è nata ben 19 anni fa: il primo gioco della serie, dal titolo Corpse Party, nasce per pc nel 1996, grazie ad un team di sviluppo che si serve del software RPG Maker. Il titolo ottiene un buon successo, tanto che nel 2008 ne nasce un remake intitolato Corpse Party: Blood Covered cui fanno seguito una versione per PSP nel 2010 (Corpse Party Blood Covered:... Repeated Fear) e una per iOS nel 2012. In Europa, questo primo capitolo è noto con il nome Corpse Party. In seguito venne realizzato un secondo capitolo (Corpse Party: Book of Shadows), cui seguirono due spin off rilasciati solo in Giappone e il sequel diretto, Corpse Party: Blood Drive, uscito in Giappone nell’estate del 2014 per PSVita e in Europa e Nord America nell’Ottobre del 2015.
A ciò vanno aggiunte le varie altre incarnazioni della serie Corpse Party, ossia, svariati manga (Corpse Party, Corpse Party Musume, Corpse Party Book of Shadows, Corpse Party Blood Covered, Corpse Party Another Child, Corpse Party Sachiko no Renai Yuugi Hysteric Birthday 2U e Corpse Party Cemetery 0 Kaibyaku no Ars Moriendi), Light novel, drama cd, degli OAV e un live action di recentissima produzione.
 
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Insomma, il connubio horror/splatter+ragazzine in marinaretta indifese sembra piacere molto ai giapponesi, ma quest’ultimo capitolo pare risultare poco soddisfacente anche per Famitsu, che gli dà una valutazione di 29/40.
Corpse Party: Blood Drive mischia la struttura RPG a quella più puramente visual novel che aveva caratterizzato Book of Shadows, ma si porta d’appresso grossi limiti di gameplay e alcune scelte stilistiche davvero discutibili.
 
 

Trama e personaggi

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Le vicende di Blood Drive iniziano esattamente due mesi dopo gli accadimenti di Book of Shadows, con Ayumi e gli altri sopravvissuti che portano ancora nel cuore e nella psiche le ferite inferte dalla precedente (dis)avventura. Mentre nella loro mente sono ancora fortemente impresse le immagini di amici e parenti che vengono uccisi in modo crudele e disumano, per il resto del mondo sembra che non sia successo nulla, che in questo lasso di tempo niente sia cambiato. Ayumi non riesce a trovare una stabilità psicologica e deve essere ricoverata. In quel momento appare davanti ai suoi occhi la misteriosa Aiko Niwa, che si dichiara appartenente al Wiccan Institute (un’organizzazione legata al mondo dell’occulto), nonché amica della sorella di Ayumi, Hinoe. Aiko spiega ad Ayumi che è necessario recuperare l’antico grimorio “Libro delle ombre”, altrimenti, in mani sbagliate, potrebbe portare il mondo a sprofondare nel caos. In seguito, la ragazza s’imbatte in un uomo che afferma che grazie al potere del Libro delle ombre, i morti possono essere riportati in vita. Secondo le indicazioni di Aiko, il grimorio si trova però nella Heavenly Host Elementary Academy (la scuola elementare teatro del massacro dei capitoli precedenti) e Ayumi dovrà farvi ritorno per recuperarlo. Determinata a riportare in vita i suoi amici, la ragazza torna di sua spontanea volontà in quel luogo orribile.
 
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Blood Drive mette in campo come protagonisti i sopravvissuti dei precedenti capitoli, aggiungendo qualche nuovo elemento. I compagni di classe sopravvissuti alla tragedia non si sono mai ripresi dalle vicende della Heavenly Host, ma ciò sembra valere più per le ragazze che non per i ragazzi, che tutto sommato, sembrano essersi rimessi in forze e affrontano in modo lucido anche questa nuova vicenda. Ciò che più perplime è il personaggio di Magari Mizuki, non tanto per il suo ruolo quanto più per il suo design piuttosto bizzarro e fuori luogo. Normalmente, Magari veste in stile gothic lolita, ma nei momenti di azione la vediamo (s)vestita come una spogliarellista di night club che si porta d’appresso un’ingrombrante falce gigante. Mentre tutto il resto del cast è vestito in maniera ordinaria, Magari è puro fanservice, decisamente esagerato e stridente nel contesto di normalità in cui si svolge la storia al di fuori della Heavenly Host.
A parte ciò, pur non mancando i cliché (tipo quello della sorellina che chiede ad un imbarazzato fratello maggiore di fare il bagno insieme) i personaggi sono ben caratterizzati, in particolar modo le ragazze rendono al meglio l’idea del turbamento psicologico che le accompagna e pare non volerle abbandonare.
 
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Gameplay

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In Blood Drive il giocatore impersonerà di volta in volta i diversi protagonisti, guidandoli sia nelle fasi visual novel del gioco, che in quelle tipicamente rpg all’interno della scuola elementare. I personaggi si muovono a due a due o in solitaria e nel primo caso potrete passare velocemente da uno all’altro per destreggiarvi in situazioni che richiedono l’intervento opportuno. Fondamentalmente il gioco prevede l’esplorazione della scuola e la risoluzione di alcuni enigmi parecchio risibili, quali il recuperare chiavi, eliminare trappole o scappare dalle anime tormentate che vi inseguiranno per farvi del male. Il tutto si svolge nel buio più totale ma sarete accompagnati dalla vostra fida torcia/lucina del cellulare per farvi strada tra i pavimenti disastrati e le trappole disseminate sul terreno. Il problema principale di Blood Drive è un frame rate davvero basso che porta spesso e volentieri a rallentamenti pesanti nei momenti in cui sullo schermo sono presenti molti elementi, inoltre, i movimenti dei personaggi sono davvero legnosi: se fuggite da un fantasma, con la torcia accesa, rischiate di non riuscire ad evitare le trappole sul terreno sia per il calo di frame che per i pessimi movimenti dei personaggi. Per di più, mentre il vostro personaggio si stancherà dopo 10 secondi di corsa, i fantasmi vi sembreranno dei centometristi professionisti, e se aggiungiamo a ciò i problemi di cui sopra, immaginate quanto, azioni semplici come fuggire o rifugiarsi dentro un armadio, possano diventare frustranti.
 
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Altra nota dolente riguarda i caricamenti, decisamente troppi, presenti ad ogni cambio di scena, di stanza, ad ogni scelta e anche per accedere al menù. Per entrarvi è necessario un caricamento e altrettanti ne servono per spostarsi nelle sezioni al suo interno o per tornare indietro, inoltre, la vostra energia non è segnata su schermo ma bisogna necessariamente accedere al menù per tenerla sotto controllo, cosa decisamente poco funzionale, specie nei momenti concitati. Questa serie infinita di caricamenti porta velocemente allo sfinimento. Sarebbe stato inutile poi avere una mappa della scuola, che di per sé non è poi così grande, ma svolgendosi il gioco nella semi oscurità, ed essendo il paesaggio abbastanza ripetitivo, non permette di memorizzare al meglio i percorsi.

Il gioco è suddiviso in capitoli che vedono in azione personaggi diversi di volta in volta, rigiocabili in versione “extra”. Spesso vi verrà chiesto di fare delle scelte del tipo “apro o non apro questa porta?”, “Salvo o non salvo l’amico in pericolo?”, le cui decisioni potrebbero portare al prosieguo della storia o ad un finale cattivo che vi regalerà comunque un trofeo. I capitoli sono in tutto 10 e anche abbastanza lunghetti, il che garantisce una buona longevità per la categoria di gioco cui appartiene.

L’atmosfera di Blood Drive è affascinante, la suspance non manca in certi frangenti e comunque si è invogliati ad andare avanti nella storia per capire quanta verità ci sia dietro il potere del Libro delle ombre, o semplicemente per conoscere la sorte dei poveri protagonisti.
Blood Drive è strettamente collegato ai capitoli precedenti della saga sia per avvenimenti che per personaggi, ma è comunque godibile anche per i neofiti, a patto che ci si informi, anche solo superficialmente sugli eventi principali precedenti, almeno quanto basta per capire le relazioni tra i protagonisti e la natura della Heavenly Host. Sostanzialmente basterebbe vedere la serie OAV per capire il grosso degli avvenimenti.
 
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Grafica e audio

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Blood Drive è il primo capitolo principale della saga ad avere una grafica in 3D. Esclusi i problemi di frame rate di cui si è parlato prima, in generale il comparto visivo è ben fatto, le ambientazioni sono dettagliate, le illustrazioni sono molto belle, ma la scelta di utilizzare personaggi chibi potrebbe far storcere il naso. Per quanto i testoni possano dare un senso di carineria, essa sembra fuori luogo in un contesto orrorifico, tanto che l’improvvisa apparizione di un vecchietto sanguinante dal testone enorme, provoca più ilarità che paura. Se in generale l’atmosfera horror è ben resa grazie a musica e illuminazione, i personaggi smorzano decisamente l’effetto, poiché anche le loro facce terrorizate, fanno più tenerezza che paura.
Il chara design è di Makoto Kedouin, che già si era occupato di svariate versioni maga della saga nonché del chara della versione animata.
Le varie aree di cui è formata la scuola, sono tutte molto simili, e propongono solo poche zone inedite; ciò è comunque poco criticabile, poiché la Heavenly Host è una tipica scuola giapponese che comprende aule, bagni, laboratori, palestra e piscina, era quindi impossibile creare qualcosa di particolare e molto diversificato senza dover abbandonare la tipicità dell’atmosfera scolastica tanto comune ai giovani giappponesi.
 
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Il comparto sonoro di Blood Drive si comporta bene, proponendo musiche che creano atmosfera pur nel loro gusto un po’ da horror “classico”. Buoni effetti sonori e ottimo doppiaggio giapponese che riprende quasi tutti gli interpreti già sentiti negli OAV o nei capitoli precedenti del gioco. Molto bella l’opening In the rain, cantata da Asami Imai, la doppiatrice di Ayumi Shinozaki. Il gioco è interamente in inglese e ricco di dialoghi, ragion per cui è meglio non imbarcarvisi senza una discreta conoscenza della lingua.
 
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Conclusioni

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Corpse Party: Blood Drive è, in conclusione, un gioco discreto, sicuramente appetibile ai fan della saga che vorranno conoscere l’esito delle vicende dei loro beniamini. Purtroppo i limiti tecnici e il presumibile basso budget con cui è stato realizzato questo capitolo, non rendono giustizia ad una saga che si mantiene sempre su livelli interessanti per ciò che riguarda trama e atmosfere, ma che nel caso di Blood Drive, lascia più spazio alla frustrazione che non alla soddisfazione.