Appuntamento dedicato agli scritti dell'utenza di GamerClick.it.
Oggi spazio a giochi non proprio bellissimi, con il picchiaduro Dragon Ball Final Bout, lo sconosciuto Magus e il vecchio Aggressors of Dark Kombat.
Dragon Ball: Final Bout
5.0/10
Utente10093
-
Credo fosse tipo il 2004; di ritorno da un ennesimo noiosissimo giorno di scuola, vidi una cosa che cambiò radicalmente la mia vita. Ai piedi della TV c'era la PlayStation. Avevo tipo 6 anni, all'inizio non capì bene, ma quando scoprì che con quella potevo "muovere i personaggi nella TV" qualcosa in me cambiò. All'epoca non erano moltissimi i giochi in mio possesso, e tra questi ne spiccava uno: "Dragon Ball: Final bout"; "posso davvero muovere Goku e fargli tirare le botte ai cattivoni ?!".
Ricordo che passavo con questo gioco pomeriggi interi, a quell'età non mi interessava se il gioco era bello in tutto e per tutto, a quei tempi non potevo immaginarmi nessun gioco più bello. Ma proviamo ad analizzare nel dettaglio "Dragon Ball: Final bout".
Con Final bout si era passati da cartonati di personaggi bidimensionali, a personaggi di Dragon Ball fatti di pongo (dai, l'effetto è quello), difatti questo fu il primissimo gioco di DB ad adottare una grafica totalmente tridimensionale.
Final bout si sviluppava nel seguente modo: non dovevi far altro che scegliere un personaggio e sfidare quasi tutti gli avversari presi in modo casuale, fino ad arrivare al boss finale, che era l'oozaru di Baby Vegeta; rivedendolo oggi a distanza di anni, non dava poi molte soddisfazioni giocare a questo gioco. Però ho trovato veramente di mio gradimento il fatto di poter usare moltissimi personaggi, presi sia dalla serie di 'Z', sia da quella di 'GT'.
Il gioco in se per se non era troppo complicato, i comandi erano quasi tutti abbastanza intuitivi, anche se ad essere sincero, alcune mosse rimangono per me ancora oggi un mistero.
La sigla di apertura era spettacolare, risentirla oggi mi porta alla mente tantissimi ricordi.
Trovo sinceramente difficile dare una valutazione a questo gioco, perchè da piccolo ovviamente mi piaceva da matti, ma oggi abituati a giochi ovviamente migliori, dire che questo gioco è 'bello' mi sembra un po una forzatura. Credo che da piccolo gli avrei dato anche 10, perchè alla fine l'importante era che mi teneva attaccato alla TV e che mi divertiva; tuttavia non posso dare un voto basandomi solamente su ciò che mi trasmetteva da piccolo, ma vedere soprattutto com'è effettivamente questo prodotto. Non voglio essere troppo cattivo, perchè è normale che con l'avanzare della tecnologia questi prodotti risultino oggi 'brutti' (permettetemi il termine), quindi unendo un po' tutti questi fattori, assegno a Final bout un giusto 5.
Ricordo che passavo con questo gioco pomeriggi interi, a quell'età non mi interessava se il gioco era bello in tutto e per tutto, a quei tempi non potevo immaginarmi nessun gioco più bello. Ma proviamo ad analizzare nel dettaglio "Dragon Ball: Final bout".
Con Final bout si era passati da cartonati di personaggi bidimensionali, a personaggi di Dragon Ball fatti di pongo (dai, l'effetto è quello), difatti questo fu il primissimo gioco di DB ad adottare una grafica totalmente tridimensionale.
Final bout si sviluppava nel seguente modo: non dovevi far altro che scegliere un personaggio e sfidare quasi tutti gli avversari presi in modo casuale, fino ad arrivare al boss finale, che era l'oozaru di Baby Vegeta; rivedendolo oggi a distanza di anni, non dava poi molte soddisfazioni giocare a questo gioco. Però ho trovato veramente di mio gradimento il fatto di poter usare moltissimi personaggi, presi sia dalla serie di 'Z', sia da quella di 'GT'.
Il gioco in se per se non era troppo complicato, i comandi erano quasi tutti abbastanza intuitivi, anche se ad essere sincero, alcune mosse rimangono per me ancora oggi un mistero.
La sigla di apertura era spettacolare, risentirla oggi mi porta alla mente tantissimi ricordi.
Trovo sinceramente difficile dare una valutazione a questo gioco, perchè da piccolo ovviamente mi piaceva da matti, ma oggi abituati a giochi ovviamente migliori, dire che questo gioco è 'bello' mi sembra un po una forzatura. Credo che da piccolo gli avrei dato anche 10, perchè alla fine l'importante era che mi teneva attaccato alla TV e che mi divertiva; tuttavia non posso dare un voto basandomi solamente su ciò che mi trasmetteva da piccolo, ma vedere soprattutto com'è effettivamente questo prodotto. Non voglio essere troppo cattivo, perchè è normale che con l'avanzare della tecnologia questi prodotti risultino oggi 'brutti' (permettetemi il termine), quindi unendo un po' tutti questi fattori, assegno a Final bout un giusto 5.
Magus
2.0/10
GianniGreed
-
"Magus" è uno sconosciuto videogame per PlayStation 3, uscito nel 2014.
Il motivo per cui il gioco è poco famoso è semplice: è un gioco brutto. Ma non di quel brutto che uno dice: vabbè, comunque è divertente, qualcosa di buono ce l'ha.
No. È brutto perché è un gioco fatto male, di quelli che dopo averci giocato ti chiedi come sia possibile che quelli che lo hanno realizzato abbiano avuto il coraggio di mettere il proprio nome nei crediti, o che abbiano davvero la faccia per chiedere alla gente dei soldi per questo aborto di videogame.
Ma andiamo con ordine.
Il videogame dovrebbe essere un GDR d'azione, ma è considerato uno sparatutto in terza persona, e tra un po' spiegherò il perché.
Prima due parole sulla trama del gioco.
Il protagonista, ovvero colui che guideremo, è un tizio che per qualche motivo si trova imprigionato nella cella di una torre, finché gli viene assegnata una compagna di cella, arrestata perché ha assassinato l'erede al trono del regno in cui si svolge il gioco. Lo scopo di questa azione, però, era proprio farsi arrestare e farsi mettere in cella insieme al misterioso protagonista. La ragazza infatti pronuncia una formula magica davanti a lui, risvegliando la sua vera personalità: il dio Magus. Per qualche motivo Magus era stato imprigionato e privato dei suoi poteri, ma grazie alla ragazza adesso è libero. Il suo obiettivo diventa quello di scoprire chi lo ha privato dei poteri e rinchiuso nella cella.
Come detto prima, il gioco dovrebbe essere un GDR d'azione, dato che effettivamente il protagonista può salire di livello grazie all'esperienza guadagnata abbattendo i nemici, ci sono armature e oggetti da equipaggiare e potenziare, gemme da inserire in appositi slot delle armature per aumentarne le statistiche, rune che aumentano la vitalità o la difesa. Una discreta profondità di gioco insomma.
E invece no. Questo perché l'arma principale con cui Magus combatte è proprio la magia. Disponibile in tre tipi diversi (rossa, blu e verde), rende il gioco uno sparatutto in terza persona molto ignorante. Anche la magia è gestita tramite un sistema di punti abilità, con il quale è possibile imparare incantesimi di vario tipo che generano vari effetti, ma gli attacchi base di ogni magia sono infiniti: basta premere il tasto di fuoco per sparare una raffica infinita di proiettili verso i nemici e bam, finito. Per tutto il gioco non serve far altro. Tieni premuto il tasto e tutti i nemici cadono come mosche, persino i boss. Le abilità, l'equipaggiamento, le rune e tutto il resto non servono a nulla.
Il gioco è di una facilità disarmante, dato che tutti i nemici, che sono poco vari, non fanno altro che gettarsi contro di noi a spada sguainata, senza schivare o parare i colpi, non hanno nemmeno uno schema d'attacco. Non serve nemmeno potenziare gli attacchi, le statistiche o la difesa.
Oltre alla pochezza del gameplay, "Magus" esce con le ossa rotte in tutti gli altri aspetti.
Primo su tutti la storia. Tutto il gioco non ha davvero senso. È la storia di uno che per caso scopre di essere un dio e di avere dei poteri e per questo decide di uccidere tutti quelli che trova davanti. I dialoghi dei personaggi sono qualcosa di imbarazzante, roba che riesce a far vergognare chi gioca ed è costretto a leggere le stupidate concepite dagli sceneggiatori.
La grafica è da PlayStation 2. Le texture sono di bassa qualità, l'orizzonte visivo molto limitato e i livelli sono solo dei grossi e lunghi corridoi, molto vuoti ma pieni di oggetti inutilmente distruttibili (casse, barili) e nemici che arrivano a frotte. Come detto, la loro intelligenza artificiale è talmente bassa che la si potrebbe tranquillamente definire idiozia artificiale.
Per quel che invece riguarda la parte audio, niente da fare. Non si salva nemmeno questa. La colonna sonora è composta di pochi brani talmente anonimi che non si fanno per nulla ricordare, mentre le voci in inglese forniscono una recitazione appena accettabile. Da segnalare che Magus, il protagonista, non parla, dato che tutto ciò che dice è affidato alle scelte del giocatore, che può decidere tra due o in alcuni casi tre risposte da dare ai vari interlocutori. Tutte una più stupida dell'altra, ma a questo punto c'era da aspettarselo.
La longevità del gioco è uno degli aspetti migliori: il gioco è breve. È composto di soli sette livelli, che durano in media trenta o quaranta minuti l'uno. In quattro o cinque ore, chiunque sia dotato di pollice opponibile può raggiungere i titoli di coda. Ci vuole qualche cosa in più se si vogliono ottenere tutti i trofei relativi ai vari obiettivi. Roba da poco, comunque, sei o sette ore sono più che sufficienti per ottenere il trofeo di platino, che per quel che mi riguarda è il più facile che ho visto finora tra i tanti videogame per PlayStation 3.
Normalmente, comunque, il fatto che un gioco duri tre ore lo vedrei come un difetto, ma in questo caso no. "Magus" è talmente brutto che anche un'ora di più sarebbe stata sprecata per un gioco come questo.
Per concludere, dunque, sconsiglio assolutamente di comprare "Magus", perché semplicemente non ne vale la pena. Sicuramente non a prezzo pieno. Per quel che mi riguarda, io l'ho comprato perché l'ho trovato in offerta sullo store della PlayStation a un euro e ottanta centesimi.
A quel prezzo non mi aspettavo sicuramente un giocone e, infatti, "Magus" si è rivelato una vera porcheria. Tuttavia, per quello che l'ho pagato, non sono affatto pentito. Di sicuro non mi sono divertito a giocarci, ma è servito ad aumentare le mie statistiche come giocatore grazie ai trofei davvero molto facili che permette di ottenere.
Se vi capita l'occasione di averlo per due euro, fateci un pensiero. Come detto, il gioco li vale a malapena, ma almeno è un platino semplice da fare.
Il motivo per cui il gioco è poco famoso è semplice: è un gioco brutto. Ma non di quel brutto che uno dice: vabbè, comunque è divertente, qualcosa di buono ce l'ha.
No. È brutto perché è un gioco fatto male, di quelli che dopo averci giocato ti chiedi come sia possibile che quelli che lo hanno realizzato abbiano avuto il coraggio di mettere il proprio nome nei crediti, o che abbiano davvero la faccia per chiedere alla gente dei soldi per questo aborto di videogame.
Ma andiamo con ordine.
Il videogame dovrebbe essere un GDR d'azione, ma è considerato uno sparatutto in terza persona, e tra un po' spiegherò il perché.
Prima due parole sulla trama del gioco.
Il protagonista, ovvero colui che guideremo, è un tizio che per qualche motivo si trova imprigionato nella cella di una torre, finché gli viene assegnata una compagna di cella, arrestata perché ha assassinato l'erede al trono del regno in cui si svolge il gioco. Lo scopo di questa azione, però, era proprio farsi arrestare e farsi mettere in cella insieme al misterioso protagonista. La ragazza infatti pronuncia una formula magica davanti a lui, risvegliando la sua vera personalità: il dio Magus. Per qualche motivo Magus era stato imprigionato e privato dei suoi poteri, ma grazie alla ragazza adesso è libero. Il suo obiettivo diventa quello di scoprire chi lo ha privato dei poteri e rinchiuso nella cella.
Come detto prima, il gioco dovrebbe essere un GDR d'azione, dato che effettivamente il protagonista può salire di livello grazie all'esperienza guadagnata abbattendo i nemici, ci sono armature e oggetti da equipaggiare e potenziare, gemme da inserire in appositi slot delle armature per aumentarne le statistiche, rune che aumentano la vitalità o la difesa. Una discreta profondità di gioco insomma.
E invece no. Questo perché l'arma principale con cui Magus combatte è proprio la magia. Disponibile in tre tipi diversi (rossa, blu e verde), rende il gioco uno sparatutto in terza persona molto ignorante. Anche la magia è gestita tramite un sistema di punti abilità, con il quale è possibile imparare incantesimi di vario tipo che generano vari effetti, ma gli attacchi base di ogni magia sono infiniti: basta premere il tasto di fuoco per sparare una raffica infinita di proiettili verso i nemici e bam, finito. Per tutto il gioco non serve far altro. Tieni premuto il tasto e tutti i nemici cadono come mosche, persino i boss. Le abilità, l'equipaggiamento, le rune e tutto il resto non servono a nulla.
Il gioco è di una facilità disarmante, dato che tutti i nemici, che sono poco vari, non fanno altro che gettarsi contro di noi a spada sguainata, senza schivare o parare i colpi, non hanno nemmeno uno schema d'attacco. Non serve nemmeno potenziare gli attacchi, le statistiche o la difesa.
Oltre alla pochezza del gameplay, "Magus" esce con le ossa rotte in tutti gli altri aspetti.
Primo su tutti la storia. Tutto il gioco non ha davvero senso. È la storia di uno che per caso scopre di essere un dio e di avere dei poteri e per questo decide di uccidere tutti quelli che trova davanti. I dialoghi dei personaggi sono qualcosa di imbarazzante, roba che riesce a far vergognare chi gioca ed è costretto a leggere le stupidate concepite dagli sceneggiatori.
La grafica è da PlayStation 2. Le texture sono di bassa qualità, l'orizzonte visivo molto limitato e i livelli sono solo dei grossi e lunghi corridoi, molto vuoti ma pieni di oggetti inutilmente distruttibili (casse, barili) e nemici che arrivano a frotte. Come detto, la loro intelligenza artificiale è talmente bassa che la si potrebbe tranquillamente definire idiozia artificiale.
Per quel che invece riguarda la parte audio, niente da fare. Non si salva nemmeno questa. La colonna sonora è composta di pochi brani talmente anonimi che non si fanno per nulla ricordare, mentre le voci in inglese forniscono una recitazione appena accettabile. Da segnalare che Magus, il protagonista, non parla, dato che tutto ciò che dice è affidato alle scelte del giocatore, che può decidere tra due o in alcuni casi tre risposte da dare ai vari interlocutori. Tutte una più stupida dell'altra, ma a questo punto c'era da aspettarselo.
La longevità del gioco è uno degli aspetti migliori: il gioco è breve. È composto di soli sette livelli, che durano in media trenta o quaranta minuti l'uno. In quattro o cinque ore, chiunque sia dotato di pollice opponibile può raggiungere i titoli di coda. Ci vuole qualche cosa in più se si vogliono ottenere tutti i trofei relativi ai vari obiettivi. Roba da poco, comunque, sei o sette ore sono più che sufficienti per ottenere il trofeo di platino, che per quel che mi riguarda è il più facile che ho visto finora tra i tanti videogame per PlayStation 3.
Normalmente, comunque, il fatto che un gioco duri tre ore lo vedrei come un difetto, ma in questo caso no. "Magus" è talmente brutto che anche un'ora di più sarebbe stata sprecata per un gioco come questo.
Per concludere, dunque, sconsiglio assolutamente di comprare "Magus", perché semplicemente non ne vale la pena. Sicuramente non a prezzo pieno. Per quel che mi riguarda, io l'ho comprato perché l'ho trovato in offerta sullo store della PlayStation a un euro e ottanta centesimi.
A quel prezzo non mi aspettavo sicuramente un giocone e, infatti, "Magus" si è rivelato una vera porcheria. Tuttavia, per quello che l'ho pagato, non sono affatto pentito. Di sicuro non mi sono divertito a giocarci, ma è servito ad aumentare le mie statistiche come giocatore grazie ai trofei davvero molto facili che permette di ottenere.
Se vi capita l'occasione di averlo per due euro, fateci un pensiero. Come detto, il gioco li vale a malapena, ma almeno è un platino semplice da fare.
Aggressors of Dark Kombat
6.5/10
Dopo i due World Heroes, ADK ci riprova nel 1994 a creare un altro brand di successo, nonostante l’annata sia una delle più affollate di sempre in quanto a picchiaduro 2D.
Ma più che un picchiaduro, Aggressors of Dark Kombat (conosciuto in Giappone con il nome di Tsuukai GANGAN Koushinkyoku) si può definire un “simulatore di risse”.
Se la presentazione non ha nulla di diverso da altri esponenti del genere, una volta iniziata una partita si avverte nell’immediato qualcosa di differente: il titolo ADK sembra in tutto e per tutto una via di mezzo tra un tradizionale fighting game “vs”, e un beat em up a scorrimento, alla Final Fight per intenderci. È possibile infatti muoversi in profondità, afferrare oggetti e lanciarli esattamente come nella succitata saga Capcom e tante altre. Parrebbe bello, ma non tutto va a meraviglia.
Considerato il suddetto gameplay “tridimensionale”, i tasti direzionali su e giù sono ovviamente adibiti ai movimenti, applicando al tasto C (dopo i pugni e i calci) la funzione del salto, mentre il crouch (l’abbassarsi) è del tutto assente. In un picchiaduro a scorrimento ci può stare, ma premere un tasto per saltare in un incontro VS risulta davvero macchinoso, e la profondità rende tutto ancora più astruso, con il risultato che spesso risulta difficile capire se siamo davvero “allineati” al nostro avversario oppure no.
Come se ciò non bastasse le combinazioni per effettuare le tecniche a disposizione sono tutt’altro che intuitive, e l’avversario di certo non vi lascia il tempo di star lì a riflettere. Le prese sembrano invece funzionare, anche se necessitano di una certa pratica nelle tempistiche (e la CPU non ci cascherà molto spesso), ma allora a questo punto tanto valeva darsi ad un gioco di wrestling. Francamente nel gameplay di Aggressors of Dark Kombat non ho intravisto ne grandi parvenze di profondità, nonostante siano effettuabili alcune combo interessanti, ne tantomeno di divertimento smanettone.
Il roster è formato da appena 8 elementi, abbastanza modesto quindi per l’anno di uscita (quello di King of Fighters '94, per intenderci) e tra di loro non ci sono certo figure di grande spicco. Il ninja rosso Fuuma fa qui una sua comparsata direttamente da World Heroes, per il resto abbiamo i soliti combattenti coreani, il solito orientale Lee (basta!), il solito wrestler, ma soprattutto un certo Bobby che vince il mio premio assoluto di “faccia a culo 1994”. L’unica a salvarsi è Kirarah, che infatti sarà inserita anni dopo nella selezione di NeoGeo Battle Coliseum.
Graficamente invece “Gan Gan” si presenta molto bene, gli sprites sono realizzati con cura (bello quando un personaggio si brucia, o inizia a sudare copiosamente) e alcune location come la metropolitana o quello con la cascata sullo sfondo, sono di sicuro fascino, ma è nel complesso l’intera colorazione del gioco ad essere ben curata. Il sonoro invece è nella media del Neo Geo.
In definitiva Aggressors of Dark Kombat appare come un chiaro tentativo di distinguersi dagli altri picchiaduro, assolutamente legittimo considerata l’enorme offerta del periodo, ma non del tutto riuscita nell’applicazione e nelle rifiniture più importanti. Ci sarà sicuramente oggi qualcuno pronto a difendere il titolo ADK o a ricordarlo con un occhio meno critico, in virtù di qualche buon momento che avrà anche donato, ma obiettivamente non rimane che un abbozzo incompleto di un’epoca lontana.
Ma più che un picchiaduro, Aggressors of Dark Kombat (conosciuto in Giappone con il nome di Tsuukai GANGAN Koushinkyoku) si può definire un “simulatore di risse”.
Se la presentazione non ha nulla di diverso da altri esponenti del genere, una volta iniziata una partita si avverte nell’immediato qualcosa di differente: il titolo ADK sembra in tutto e per tutto una via di mezzo tra un tradizionale fighting game “vs”, e un beat em up a scorrimento, alla Final Fight per intenderci. È possibile infatti muoversi in profondità, afferrare oggetti e lanciarli esattamente come nella succitata saga Capcom e tante altre. Parrebbe bello, ma non tutto va a meraviglia.
Considerato il suddetto gameplay “tridimensionale”, i tasti direzionali su e giù sono ovviamente adibiti ai movimenti, applicando al tasto C (dopo i pugni e i calci) la funzione del salto, mentre il crouch (l’abbassarsi) è del tutto assente. In un picchiaduro a scorrimento ci può stare, ma premere un tasto per saltare in un incontro VS risulta davvero macchinoso, e la profondità rende tutto ancora più astruso, con il risultato che spesso risulta difficile capire se siamo davvero “allineati” al nostro avversario oppure no.
Come se ciò non bastasse le combinazioni per effettuare le tecniche a disposizione sono tutt’altro che intuitive, e l’avversario di certo non vi lascia il tempo di star lì a riflettere. Le prese sembrano invece funzionare, anche se necessitano di una certa pratica nelle tempistiche (e la CPU non ci cascherà molto spesso), ma allora a questo punto tanto valeva darsi ad un gioco di wrestling. Francamente nel gameplay di Aggressors of Dark Kombat non ho intravisto ne grandi parvenze di profondità, nonostante siano effettuabili alcune combo interessanti, ne tantomeno di divertimento smanettone.
Il roster è formato da appena 8 elementi, abbastanza modesto quindi per l’anno di uscita (quello di King of Fighters '94, per intenderci) e tra di loro non ci sono certo figure di grande spicco. Il ninja rosso Fuuma fa qui una sua comparsata direttamente da World Heroes, per il resto abbiamo i soliti combattenti coreani, il solito orientale Lee (basta!), il solito wrestler, ma soprattutto un certo Bobby che vince il mio premio assoluto di “faccia a culo 1994”. L’unica a salvarsi è Kirarah, che infatti sarà inserita anni dopo nella selezione di NeoGeo Battle Coliseum.
Graficamente invece “Gan Gan” si presenta molto bene, gli sprites sono realizzati con cura (bello quando un personaggio si brucia, o inizia a sudare copiosamente) e alcune location come la metropolitana o quello con la cascata sullo sfondo, sono di sicuro fascino, ma è nel complesso l’intera colorazione del gioco ad essere ben curata. Il sonoro invece è nella media del Neo Geo.
In definitiva Aggressors of Dark Kombat appare come un chiaro tentativo di distinguersi dagli altri picchiaduro, assolutamente legittimo considerata l’enorme offerta del periodo, ma non del tutto riuscita nell’applicazione e nelle rifiniture più importanti. Ci sarà sicuramente oggi qualcuno pronto a difendere il titolo ADK o a ricordarlo con un occhio meno critico, in virtù di qualche buon momento che avrà anche donato, ma obiettivamente non rimane che un abbozzo incompleto di un’epoca lontana.
Aveva delle musiche strabelle (anche perché molte erano prese di peso dal repertorio di Kageyama), ma i personaggi erano letteralmente due in croce (la gran parte erano varianti tipo Super Saiyan)
E più o meno tutti i temi dei personaggi sono in realtà versioni strumentali di canzoni di Kageyama, o temi dei personaggi, o ending dei film.
Anche per questo, insisto nel dire che era epica, viva l'uso delle ost delle serie anime nei relativi videogiochi
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