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9.0/10
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La poesia, la leggenda e l’animazione formano un perfetto connubio in questo breve e piccolo capolavoro. Come tutti i capolavori, esso non dà risposte allo spettatore, ma le richiede e le fa nascere nel nostro subconscio.
La bellezza dell’ignoto e del passato sono rappresentate in Kigeki sotto le sembianze di un umano (potete definirlo come preferite- demone, mostro, spirito - in quanto anche sotto quest’aspetto la visione lascia molti punti interrogativi), presenza ammaliante quanto minacciosa e terribile allo stesso tempo.
La breve narrazione, di solo dieci minuti, è incentrata su quello che si può definire un dark-fantasy, dove una bambina di appena cinque anni prega per l’intervento a difesa del suo villaggio da parte di uno spadaccino solitario. Quest’ultimo, in cambio dei suoi servigi, richiede solo una cosa: un libro appartenente a un determinato genere. Il patto fra i due è stipulato, ma la natura dell’enigmatico personaggio emerge, solo in parte, nello scontro contro i malvagi cavalieri inglesi.

Il fulcro della vicenda è proprio la merce di scambio fornita dalla bambina all’oscuro spadaccino: la lettura. L’unico indizio che otteniamo lungo lo svolgimento della trama ci è fornito dalle prime parole della piccola protagonista: “Dopo che la scrittura fu inventata ci fu un periodo in cui i libri simboleggiavano il potere e ridere o parlare erano considerati proibiti. Nell’era che seguì, tutti i libri di quel tempo furono bruciati”. Ecco, la traccia per la nostra interpretazione personale è segnata da questa antica leggenda irlandese: il potere della lettura distrusse il mondo con la sua bellezza oppure grazie al suo intervento creò quello che per noi è l’ignoto e la fantasia?

Da menzionare lo stile artistico che segna tutta l’opera. Lo studio 4C sotto la regia di Kazuto Nakazawa riesce a trasmetterci, grazie alla perfetta grafica, l’inquietudine che contraddistingue il prodotto. Continue contrapposizioni fra il bianco, il nero e il rosso: l’oscurità dello spadaccino contrapposta alla purezza della bambina, la tetra foresta contrapposta alla caligine che tutto avvolge, la limpidezza del protagonista durante la battaglia contrapposta alle grigie armature degli inglesi e al loro sangue.
Luce e ombra, male e bene, l’imperscrutabilità dei personaggi non ci concede il privilegio di definire chi sia il vero nemico della vicenda.

Le musiche sono dei capolavori. Il regista riprende le due melodie di Shubert “Ave Maria” e “Erlkönig”, che ci immergono nella bellissima quanto tremenda leggenda a noi raccontata.
Kigeki è una piccola perla da assaporare a da gustare, che con i suoi riflessi vi catturerà. Non vi stupite se vi troverete, a mesi di distanza dalla prima visione, a guardarlo nuovamente: i capolavori non stancano mai.