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“Finché il caffè è caldo” è l’opera prima di Toshikazu Kawaguchi, di quella che ormai è una tetralogia(il quarto romanzo non è ancora arrivato nel nostro paese, ma sembra sulla falsa riga dei precedenti).

Gli eventi qui narrati, si svolgono in una antica caffetteria di Tokyo, e dalle tecnologie che sono utilizzate, la storia sembrerebbe ambientata intorno ai primi anni del 2000. Il locale è molto piccolo e defilato, e tale caratteristica, crea il giusto clima, per rendere il rapporto tra i vari personaggi, quasi fraterno. Questo fa si che il vissuto di ogni protagonista , sia conosciuto e sentito da tutti gli altri, con passione , empatia e trasporto. L’opera è contaminata da vari generi letterali, apparentemente molto distanti tra di essi , perché mescola insieme: il dramma, la spiritualità, lo spiritismo e i viaggi nel tempo.

Dopo il romanzo “ La macchina del tempo” di H.G. Wells , non si contano le storie letterali, cinematografiche, fumettistiche o animate, che affrontano questo genere della fantascienza . Storie dove di mezzo c’è (quasi ) sempre la salvezza del mondo e dove a farla da padrone sono tecnologie portentose, effetti speciali costosi (nel caso di trasposizioni cinematografiche) e ritmi incalzanti. Questa novel si discosta (e di molto) dal famoso capostipite e da tutti i suoi discendenti , perché il “movimento” qui è prettamente temporale , poiché il viaggiatore rimane rigorosamente seduto nella “macchina”, con un margine limitatissimo di interazione, con quello che non è il suo tempo e inoltre, le motivazioni che lo spingono in tale avventura , sono e rimangono, rigorosamente personali. Quindi non ci sono concitate scene di azione, né paesaggi esotici da esplorare, né antagonisti da combattere, né tantomeno complotti da sventare. A quanto pare questo tema è molto amato dagli autori, ma è anche difficile da gestire, poiché non c’è balzo nel tempo senza paradossi, e il rischio che un autore cada malamente, sotto i colpi della logica, è sempre dietro l’angolo. In questo caso, lo scrittore, crea una serie di regole “di viaggio” da rispettare , che saranno “svelate “ gradualmente durante il racconto , con l’intenzione di rendere plausibili e coerenti tutti gli avvenimenti che via via si susseguiranno (non vi svelerò tale elenco , ma una di queste norme l’avete inevitabilmente già letta ) . Considero l’idea di fissare queste leggi un’ottima trovata, perché imbrigliano il “temponauta” in quella che sono delle “eccezioni” alle leggi della natura, ma devo dire che , pensandoci un po’ sopra , qualche “baco” si può trovare , tuttavia stiamo parlando di un’opera di fantasia, che cerca di veicolare al meglio il suo messaggio, e non un trattato di astrofisica, pubblicato su qualche rivista scientifica.

Anche se “Finché il caffè è caldo” è stato scritto da un uomo, è un romanzo molto femminile e se fosse un manga, apparterrebbe sicuramente alla categoria ”Josei manga” o “ ladies' comics”, dato che i “viaggiatori“ sono in realtà tutte donne . Tale peculiarità fa si che manchino tutta quella fisicità, quella violenza e quella durezza, tipiche delle opere dedicate agli uomini , mentre a farla da padrone sono le parole, le emozioni e le lacrime, tutte caratteristiche decisamente più apprezzate dall’altra metà del cielo. Il bisogno che spinge le varie protagoniste a intraprendere il salto, è quello di aggiustare le cose, e in questo è molto coerente con la storia di Wells e di tutti i suoi nipotini, tuttavia qui, ogni cambiamento che ne scaturirà, non toccherà mai la materia, ma bensì lo spirito ( in questo caso l’autore strizza l’occhio anche a “A Christmas Carol” di Dickens ) , ed è proprio la delicatezza con cui vengono affrontate le peripezie delle nostre eroine, ben lontane da tutti i romanzi di fantascienza , ad essere molto probabilmente il segreto, di quello che ormai è un successo mondiale.

Dando un giudizio complessivo, devo dire che traspare chiaramente l’obbiettivo di Kawaguchi, di toccare le corde emotive del lettore, tuttavia, forse complici le poche pagine riservate a ognuna delle quattro storie, l’impressione che in alcuni casi si forzino un po’ troppo le reazioni di alcuni personaggi , non coinvolti direttamente nella storia e che determinate situazioni siano piuttosto telefonate, non posso dire di essermi fatto completamente coinvolgere dagli eventi e la sensazione di empatia verso i protagonisti, per quanto mi riguarda, è stata solo parziale.

Una nota di (de)merito, va all’editore italiano, visto che questo romanzo è stato tradotto dall’inglese e non dalla lingua originale e dato che, già alcune recensioni in inglese segnalavano una certa farraginosità nella scrittura ( ciò è effettivamente vero soprattutto nella prima parte), si poteva provare a tradurre direttamente dalla fonte (non penso sia cosi difficile trovare un professore italiano di giapponese) , certo il problema potrebbe essere presente già la versione originale, però inevitabilmente , più aumentano i passaggi , più diminuisce l’accuratezza di una trasposizione.

Ne consiglio sicuramente la lettura, ma non lo considero un qualcosa di imperdibile, e se avete problemi di budget, potete aspettare tranquillamente la ristampa economica, o magari cercarlo in qualche biblioteca comunale. Per me è un 7.