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    Opera seconda di Miyazaki junior, “La collina dei papaveri” è uno slice of life ambientato a ridosso delle olimpiadi di Tokyo del 1964, in una città portuale del Giappone.

    Il comparto tecnico, avendo il “bollino” Studio Ghibli, è inevitabilmente di tutto rispetto: i fondali sono magnifici, il chara design morbido e affusolato, bellissimi i colori, i movimenti in generale sono fluidi, anche se le camminate dei personaggi sono un po’ strane (ha1 [ continua a leggere]
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    “Japan Sinks”... e si vede, però qualcosa si salva.

    Il genere catastrofico è una sorta di evergreen nell’industria dell’intrattenimento, partendo dai film, passando per videogiochi e arrivando alle animazioni, quindi, leggendo il titolo e guardando i pochi secondi del trailer, si “dovrebbe” già sapere cosa aspettarsi.

    La prima cosa che salta all’occhio in questa serie è la bassa qualità del comparto visivo, dato che sia i disegni che le anim1 [ continua a leggere]
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    “Quando c’era Marnie” è un film per tutta la famiglia, con una componente fantasy, ma che non guarda al folclore nipponico, ma piuttosto a quello occidentale.

    Anche se l’ambientazione è “giapponessisima”, i nomi delle protagoniste, Anna e Marnie, e una serie di altri riferimenti, fanno subito capire che questa volta lo studio Ghibli strizzi l’occhio “anche” al pubblico occidentale, oltre che a quello nipponico, creando però un certo paradosso:1 [ continua a leggere]

    8.5/10
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    “...che la guerra è bella, anche se fa male” F. De Gregori

    Se la storia del Medioevo anglosassone ha sempre esercitato un grande fascino nell’immaginario collettivo, e questo lo si vede nella grande produzione di epopee e saghe cavalleresche che si sono susseguite nel nostro continente e non solo, nel corso dei secoli, le cronache dei Vichinghi hanno sicuramente fatto meno presa sul pubblico, forse perché ciò che è arrivato a noi di loro è l’im1 [ continua a leggere]
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    Per quanto abbia amato “La forma della voce”, opera prima e pluripremiata di Yoshitoki Ōima, non mi sento di dare un giudizio troppo positivo a questa sua nuova creazione. Ovviamente non discuto la scelta dell’autrice di cimentarsi in un genere completamente diverso dal precedente, visto che, tra l’altro, il fantasy è uno dei miei preferiti, ma non ho potuto non notare una certa approssimazione nella creazione del mondo in cui il protagonista si1 [ continua a leggere]
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    Se il buon narratore è colui che cattura la tua attenzione con un incipit intrigante; che ti prende per mano e ti fa entrare nel suo mondo, catapultandoti in una realtà, magari fantastica, ma comunque realistica, ricca di discorsi fluidi e chiari, con storie tanto articolate quanto comprensibili; che ti fa vivere un’avventura avvincente ed entusiasmante; che riesce a creare una forte empatia verso i suoi personaggi, a farteli amare od odiare1 [ continua a leggere]
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    Attenzione: la recensione contiene lievi spoiler!

    Per capire l’abilità Jukki Hanada, lo sceneggiatore di “A Place Further than the Universe”, bisogna partire da quello che qui manca: non c’è una storia sentimentale; non ci sono combattimenti; non ci sono misteri da risolvere; è privo di scene equivoche e piccanti; non ci sono tette e cu*i al vento; mancano assolutamente sketch ripetitivi e monotematici, insomma non c’è nessun appiglio narra1 [ continua a leggere]
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    "Thermae Romae Novae" per certi versi è una sorta di isekai “invertito”, dove il protagonista, invece di spostarsi dai nostri giorni verso un passato più o meno fantasy, viaggia dall’antica Roma al Giappone contemporaneo, e l’unica cosa fantasy di tale opera è una specie di “portale” termale dove, di volta in volta, il nostro eroe cade dentro accidentalmente.

    Partiamo subito dalle note negative: il comparto grafico è orribile, se i fondali non1 [ continua a leggere]

    6.5/10
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    Riguardo il comparto tecnico non c’è niente da dire, se non che rasenti la perfezione, però proprio il fatto che non ci sia da dire sotto questo aspetto, ti fa venire voglia di scrivere un po’ di cose.

    Tempo fa mi sono imbattuto in un articolo di giornale, dove si evidenziava l’evoluzione del marketing relativo ai film. Riassumendo brevemente il discorso: fino qualche decennio fa, ad attirare gli spettatori al cinema erano solamente gli attori1 [ continua a leggere]

    7.0/10
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    "Akira" mi ha lasciato la sensazione di aver visto l’episodio finale di una serie (che non esiste) e non un film stand-alone.

    Lo spettatore viene catapultato nella città di “Nuova Tokyo” nell'anno 2019 (in un’ambientazione cyber punk stile “Blade Runner”), dopo che un conflitto nucleare ha distrutto la precedente capitale del "Sol Levante". Questa metropoli, in preda a rivolte di piazza, idi cui non si capiscono bene le motivazioni sociali,1 [ continua a leggere]
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    “Ranking of kings” gioca molto sui contrasti, ma ci marcia un po’ troppo.

    L’idea di mettere un bambino sordomuto, ingenuo e paffutello, che si presenta con un sorriso stampato sul volto, in situazioni difficili e cruente, sicuramente fa presa sullo spettatore, ma alla lunga diviene irritante (e poi non è che il soggetto sia così tanto originale). Buona è l’alchimia che si forma tra il protagonista Bojji e la creatura del clan delle ombre Kage,1 [ continua a leggere]
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    Che dire di Miyazaki? Che si vede (e si vede bene), quando non c’è!

    Il personaggio di Conan, di certo, non è di quelli che saranno ricordati per l’originalità, perché, come verrà anche chiamato da uno dei suoi antagonisti, personifica lo stereotipo del “principe” che cerca di salvare la sua bella, lottando contro nemici ben più organizzati di lui (non più forti!) e contro eventi avversi di ogni tipo. C’è da dire che, più di un eroe, dovremmo pa1 [ continua a leggere]