Ico
“Ico” è gioco davvero difficile da recensire, ma ancor prima è un gioco difficile da approcciare. È uno di quei titoli che provo fondamentalmente perché hanno scritto una pagina della storia del videogioco e perché viene ancora oggi elogiato senza riserve, e non perché mi ispiri in modo particolare, o perché sia convinto che appartenga ad una tipologia o genere che sono sicuro saprò apprezzare.
A essere onesti, “Ico” è un’esperienza così singolare che forse è impossibile farsi un’idea precisa del gioco prima di averlo provato. E qui è possibile che si sviluppi uno strano paradosso per chi oggi decida di recuperare questo titolo: giocandolo per fama, ci si crea inevitabilmente delle alte aspettative, ma al tempo stesso, non riuscendo mai davvero a inquadrare il gioco prima di averlo avviato, è molto facile rimanere spiazzati da qualcosa che ci aspettiamo di alto livello, ma non sappiamo bene perché e in che cosa dovrebbe convincerci così tanto. Io per primo non nascondo i dubbi che provavo verso questo titolo non solo prima di avviare la partita, ma anche nelle prime ore di gioco. Ma dopo averlo terminato, ho maturato la sensazione di aver vissuto un’esperienza straordinaria e indimenticabile, che pochi altri giochi sono in grado di regalare.
In primo luogo, “Ico” è un capolavoro tecnico, ma soprattutto, artistico. È molto difficile descrivere la bellezza estetica di questo gioco, in quanto molto particolare e originale. Il merito di ciò va diviso tra lo splendore dello stile grafico e la magnificenza del castello in cui tutta l’avventura si svolge. Qui va assolutamente sottolineato l’eccezionale level design che gli sviluppatori hanno messo in campo, sotto questo profilo, “Ico” non è invecchiato di un giorno e gli ambienti sono ricostruiti alla perfezione coerentemente alla struttura del castello stesso e le atmosfere che si raggiungono sono davvero coinvolgenti. Chiuderei il lato tecnico dicendo che anche le animazioni sono splendide, molto realistiche e curate nel ricreare i movimenti dei personaggi.
Parlando del gameplay, “Ico” si può descrivere come un puzzle game con diverse sezioni platform, il tutto contraddistinto da una grande particolarità: durante la nostra partita, dovremo superare ogni schema preoccupandoci di far avanzare con noi Yorda, la co-protagonista del gioco che verrà frequentemente attaccata da inquietanti spettri neri. Il suo coinvolgimento negli enigmi da risolvere aggiunge consistenza e originalità alle varie sezioni, oltre che a trasmetterci una sensazione di compagnia che altri titoli avrebbero provato ad emulare negli anni successivi, seppur in salse diverse. “Ico” è anche sotto questo profilo un gioco creativo e a suo modo anche impegnativo, almeno per chi come me ogni tanto va in palla con questo genere di sfide.
Ad ogni modo, tutta la partita è un crescendo, man mano che si avanza nel gioco la curiosità sale sempre di più e la famigliarità con certi schemi aiuta a non perdersi troppo nei vari enigmi.
Mi piacerebbe anche parlare della storia di questo gioco, ma la trama di “Ico” è avvolta dal mistero e le poche informazioni chiare che ci vengono fornite le riceviamo solo in momenti molto specifici come l’inizio del gioco, dove con ogni probabilità a fatica sapremo cogliere il significato di tutto ciò che viene mostrato a schermo. Mi limito a dire che ciò non ha in alcun modo compromesso il mio interesse verso il gioco anzi, l’alone di mistero che circonda la nostra avventura non solo è affascinante, ma pienamente giustificato dal fatto che viviamo il tutto dalla prospettiva di un bambino. E come tali giochiamo con l’istinto di fuggire dal castello portando con noi una ragazzina che percepiamo come una vittima, compagna di un destino sfortunato. Io sinceramente non ho compreso bene la trama di questo gioco e credo che sia un fattore profondamente ricercato. Alcune cose le capirei probabilmente in una seconda partita, altre forse non hanno risposta. Ma come già detto, il tutto è giustificato dal contesto e dalla nostra percezione dei fatti.
Malgrado tutti questi elogi, credo comunque di aver individuato un paio di difetti non particolarmente gravi, ma che potrebbero infastidire anche altri giocatori soprattutto nelle prime fasi di gioco. Partendo dalla questione dei checkpoint, credo che il gioco non sia particolarmente accomodante. Quando si perde, si riparte dalle panchine a cui ci si è seduti l’ultima volta o dall’ultimo portale sbloccato da Yorda. Questo significa che il game over ogni tanto si rivela un po’ troppo punitivo, soprattutto perché in un gioco di questo genere non c’è molto da imparare rifacendo meccanicamente le stesse identiche attività che abbiamo fatto prima di morire e una volta capito un certo schema, rifarlo perché siamo caduti o perché ci hanno attaccato degli spettri sarà solo frustrante. E qui mi collego ad un altro punto non troppo esaltante: i combattimenti. Combattere le misteriose creature che vogliono rapire Yorda non è molto soddisfacente, soprattutto nelle prime fasi di gioco in cui l’unica arma a disposizione è un bastone che restituisce un feedback molto spugnoso. L’ultimo difetto che segnalo sono i comandi in alcune fasi platform particolarmente frustranti. I comandi in generale sono buoni, ma in alcune situazioni specifiche funzionano così male che ti dai per vinto e finisci per credere (erroneamente) che un certo salto o una certa azione non si possa fare, quando in realtà è l’unica cosa che ti permetterebbe di andare avanti. Esempio lampante: il pistone nel livello della cascata, richiede una precisione talmente maniacale e un numero di tentativi così elevati da rovinarti un intero pomeriggio (esperienza personale).
Concludendo, “Ico” è un gioco stupendo, ancora fantastico da giocare in cui si finisce rapiti da un immaginario tanto criptico e inafferrabile quanto affascinante, in grado di suscitare emozioni uniche. Tuttavia, è anche un gioco molto difficile da inquadrare ed è sbagliato aspettarsi di apprezzarlo all’istante solo in virtù della sua bellezza stilistica. Ci vuole un po’ per entrare nel mood, ma una volta maturata la giusta mentalità è un titolo in grado di stupire e coinvolgere in modo profondo e totalmente originale. Temo che a oggi le uniche piattaforme dove ha visto luce siano rimaste PS2 e PS3. Io ho giocato alla versione HD di quest’ultima e mi è sembrata una buona remastered. Se avete la possibilità, superate i timori che può suscitare un’esperienza apparentemente ambigua per regalarvi uno dei giochi più belli della sua generazione.
A essere onesti, “Ico” è un’esperienza così singolare che forse è impossibile farsi un’idea precisa del gioco prima di averlo provato. E qui è possibile che si sviluppi uno strano paradosso per chi oggi decida di recuperare questo titolo: giocandolo per fama, ci si crea inevitabilmente delle alte aspettative, ma al tempo stesso, non riuscendo mai davvero a inquadrare il gioco prima di averlo avviato, è molto facile rimanere spiazzati da qualcosa che ci aspettiamo di alto livello, ma non sappiamo bene perché e in che cosa dovrebbe convincerci così tanto. Io per primo non nascondo i dubbi che provavo verso questo titolo non solo prima di avviare la partita, ma anche nelle prime ore di gioco. Ma dopo averlo terminato, ho maturato la sensazione di aver vissuto un’esperienza straordinaria e indimenticabile, che pochi altri giochi sono in grado di regalare.
In primo luogo, “Ico” è un capolavoro tecnico, ma soprattutto, artistico. È molto difficile descrivere la bellezza estetica di questo gioco, in quanto molto particolare e originale. Il merito di ciò va diviso tra lo splendore dello stile grafico e la magnificenza del castello in cui tutta l’avventura si svolge. Qui va assolutamente sottolineato l’eccezionale level design che gli sviluppatori hanno messo in campo, sotto questo profilo, “Ico” non è invecchiato di un giorno e gli ambienti sono ricostruiti alla perfezione coerentemente alla struttura del castello stesso e le atmosfere che si raggiungono sono davvero coinvolgenti. Chiuderei il lato tecnico dicendo che anche le animazioni sono splendide, molto realistiche e curate nel ricreare i movimenti dei personaggi.
Parlando del gameplay, “Ico” si può descrivere come un puzzle game con diverse sezioni platform, il tutto contraddistinto da una grande particolarità: durante la nostra partita, dovremo superare ogni schema preoccupandoci di far avanzare con noi Yorda, la co-protagonista del gioco che verrà frequentemente attaccata da inquietanti spettri neri. Il suo coinvolgimento negli enigmi da risolvere aggiunge consistenza e originalità alle varie sezioni, oltre che a trasmetterci una sensazione di compagnia che altri titoli avrebbero provato ad emulare negli anni successivi, seppur in salse diverse. “Ico” è anche sotto questo profilo un gioco creativo e a suo modo anche impegnativo, almeno per chi come me ogni tanto va in palla con questo genere di sfide.
Ad ogni modo, tutta la partita è un crescendo, man mano che si avanza nel gioco la curiosità sale sempre di più e la famigliarità con certi schemi aiuta a non perdersi troppo nei vari enigmi.
Mi piacerebbe anche parlare della storia di questo gioco, ma la trama di “Ico” è avvolta dal mistero e le poche informazioni chiare che ci vengono fornite le riceviamo solo in momenti molto specifici come l’inizio del gioco, dove con ogni probabilità a fatica sapremo cogliere il significato di tutto ciò che viene mostrato a schermo. Mi limito a dire che ciò non ha in alcun modo compromesso il mio interesse verso il gioco anzi, l’alone di mistero che circonda la nostra avventura non solo è affascinante, ma pienamente giustificato dal fatto che viviamo il tutto dalla prospettiva di un bambino. E come tali giochiamo con l’istinto di fuggire dal castello portando con noi una ragazzina che percepiamo come una vittima, compagna di un destino sfortunato. Io sinceramente non ho compreso bene la trama di questo gioco e credo che sia un fattore profondamente ricercato. Alcune cose le capirei probabilmente in una seconda partita, altre forse non hanno risposta. Ma come già detto, il tutto è giustificato dal contesto e dalla nostra percezione dei fatti.
Malgrado tutti questi elogi, credo comunque di aver individuato un paio di difetti non particolarmente gravi, ma che potrebbero infastidire anche altri giocatori soprattutto nelle prime fasi di gioco. Partendo dalla questione dei checkpoint, credo che il gioco non sia particolarmente accomodante. Quando si perde, si riparte dalle panchine a cui ci si è seduti l’ultima volta o dall’ultimo portale sbloccato da Yorda. Questo significa che il game over ogni tanto si rivela un po’ troppo punitivo, soprattutto perché in un gioco di questo genere non c’è molto da imparare rifacendo meccanicamente le stesse identiche attività che abbiamo fatto prima di morire e una volta capito un certo schema, rifarlo perché siamo caduti o perché ci hanno attaccato degli spettri sarà solo frustrante. E qui mi collego ad un altro punto non troppo esaltante: i combattimenti. Combattere le misteriose creature che vogliono rapire Yorda non è molto soddisfacente, soprattutto nelle prime fasi di gioco in cui l’unica arma a disposizione è un bastone che restituisce un feedback molto spugnoso. L’ultimo difetto che segnalo sono i comandi in alcune fasi platform particolarmente frustranti. I comandi in generale sono buoni, ma in alcune situazioni specifiche funzionano così male che ti dai per vinto e finisci per credere (erroneamente) che un certo salto o una certa azione non si possa fare, quando in realtà è l’unica cosa che ti permetterebbe di andare avanti. Esempio lampante: il pistone nel livello della cascata, richiede una precisione talmente maniacale e un numero di tentativi così elevati da rovinarti un intero pomeriggio (esperienza personale).
Concludendo, “Ico” è un gioco stupendo, ancora fantastico da giocare in cui si finisce rapiti da un immaginario tanto criptico e inafferrabile quanto affascinante, in grado di suscitare emozioni uniche. Tuttavia, è anche un gioco molto difficile da inquadrare ed è sbagliato aspettarsi di apprezzarlo all’istante solo in virtù della sua bellezza stilistica. Ci vuole un po’ per entrare nel mood, ma una volta maturata la giusta mentalità è un titolo in grado di stupire e coinvolgere in modo profondo e totalmente originale. Temo che a oggi le uniche piattaforme dove ha visto luce siano rimaste PS2 e PS3. Io ho giocato alla versione HD di quest’ultima e mi è sembrata una buona remastered. Se avete la possibilità, superate i timori che può suscitare un’esperienza apparentemente ambigua per regalarvi uno dei giochi più belli della sua generazione.