Catherine
"Dicono che se cadi mentre sogni e non ti svegli prima di atterrare… muori anche nella vita reale."
Fortunatamernte c'è ancora chi osa.
Si, per quanto oggi una softwarehouse possa voler perseguire il nobile intento di realizzare un prodotto innovativo, sa bene che, cercando di distinguersi, in realtà si pone in una condizione di precariato rispetto alla concorrenza. C'è sempre da metter in conto che la novità, per quanto potenzialmente pregevole, possa comunque non generare chissà quante aspettative in una massa relativamente abitudinaria, che preferisce (anche giustamente) andare sul sicuro ed investire i propri risparmi sul nuovo avveniristico sparatutto, il blasonato JRPG di turno o l'ennesimo sequel appartenente a chissà quale celeberrimo brand.
Invece Catherine, che dichiaratamente fa dell'audacia uno dei suoi pregi principali, destò da subito l'interesse dei videogiocatori quando, nel lontano 2010, cominciarono a circolare le prime indiscrezioni sulla sua realizzazione e, anche se in realtà una localizzazione italiana era tutt'altro che scontata (e difatti ci è toccato attendere un bel po' di mesi), grazie a Deep Silver, da domani il gioco sviluppato da Atlus sarà finalmente disponibile in Italia per Play Station 3 e Xbox 360.
Ma quali sono le ragioni del discreto hipe generatosi da un annno e mezzo attorno a questo titolo? Certo in primo luogo non può lasciare indifferenti il fatto che dietro questo videogame vi siano i creatori di Persona ma, inutile negarlo, Catherine ha velocemente incuriosito sia i videogiocatori d'annata che i neofiti, anche grazie ai suoi trailer di lancio ammiccanti e seducenti -e forse anche un attimino fuorvianti- che lasciavano da subito intuire il carattere piacevolmente smaliziato di questa avventura, pur anticipando concretamente poco o nulla del gioco vero e proprio.
Ma il titolo in esame va sicuramente oltre le apparenze, e vi riesce prima di tutto prefiggendosi il lodevole obiettivo di offrire al giocatore un'esperienza di gioco diversa dal solito. Quel che ci si deve aspettare, infatti, da Catherine è sostanzialmente una sorta di puzzle/plattform con una solida ossatura da adventure game, che trasuda classe da tutti i pori grazie ad un ottimo cast di personaggi ed una storia sicuramente intrigante e ben narrata, non esente da una spruzzatina di malizia e horror. Se poi consideriamo che il prodotto in questione strizza anche l'occhio agli appassionati di animazione giapponese, il gioco è fatto.
Falling Down
Strani avvenimenti si verificano in città; i telegiornali non fanno che parlare di una inspiegabile sequenza di decessi, di uomini che vengono ritrovati morti nei propri letti in condizioni di evidente debilitazione, e col viso stravolto dal terrore.
Il giocatore veste i panni di Vincent, una sorta bohémien -leggasi scansafatiche- che vive in un monolocale disordinato e tira avanti con un lavoro poco proficuo e dalle prospettive ridicole. Vince è fidanzato da molti anni (ovviamente lui non ricorda quanti) con Katherine, carismatica donna di successo che comincia a pretendere una svolta nel loro rapporto: lei, infatti, gli fa "velatamente" intendere che sarebbe pronta a compiere il grande passo. Vince invece, inutile dirlo, si accontenterebbe di poter preservare l'attuale status quo tra i due, affezionato com'è alla sua vita da semi-scapolo che passa le serate allo Stray Sheep Bar a bere e chiacchierare di wrestling femminile coi suoi amici.
Le cose si complicano ulteriormente con la comparsa del terzo incomodo, un'estroversa biondina mozzafiato di nome Catherine, che ovviamente porterà un mare di scompiglio nella vita dell'inconcludente Vincent. Un tipico incipit da anime di genere ecchi/harem insomma; ma il tutto prenderà una piega molto più profonda di quanto si possa inizialmente presupporre.
La storia ci viene narrata tramite lunghi intermezzi, sia realizzati utilizzando i modelli 3D in cel-shading del gioco, sia tramite veri e propri spezzoni anime. Ed infatti nella realizzazione del gioco, Atlus si è avvalsa della collaborazione dello Studio 4°C (Memories, Spriggan, Steamboy), ed il risultato infatti è degno di nota anche per quel che riguarda il chara design, le ambientazioni e le animazioni in perfetto "stile anime". Vincent ad esempio sembra venuto fuori dalla matita di Monkey Punch, vista la sua postura da Lupin III, soprattutto quando se ne va, mani in tasca, in giro per lo Stray Sheep Bar. Ed anche gli altri personaggi si rifanno a delle tipologie classiche negli anime.
Stairway to Heaven
Ma veniamo al gameplay vero e proprio, la modalità Nightmare in cui verremo catapultati quando Vincent si addormenta. Si tratta di una angosciante dimensione onirica in cui il protagonista è costretto a scalare delle gigantesche gradinate fatte di cubi per raggiungere la cima incolume e risvegliarsi. Come apprendiamo nel primo livello che fa da tutorial, questi blocchi vanno spostati ed agganciati tra loro affinché sia possibile creare delle "scale" percorribili da Vincent, che può infatti issarsi su di un solo cubo alla volta.
Il principio è allo stesso tempo semplice ma profondo, però a complicarvi la vita ci saranno tanti fattori. In primis l'esistenza di molte varietà di blocchi trappola o dalle proprietà più disparate, che vi costringeranno a riadattare frequentemente le vostre strategie di scalata.
Poi vi sono le altre pecore (anche voi in realtà siete una pecora agli occhi dei vostri compagni di sventura) che lottano per la sopravvivenza proprio come voi, ostacolandovi senza pietà; e nei livelli avanzati saranno sempre più grosse e letali. Come se non bastasse, il fondo del livello si sgretola inesorabilmente precipitando nel nulla, e quindi siete costantemente costretti a darvi una mossa, a maggior ragione quando dal basso verrete anche tallonati dai giganteschi, inquietanti e incavolatissimi boss di fine livello, concretizzazioni mostruose delle angosce di Vincent.
Questo dover spremere alla svelta le meningi manipolando dei cubi e stando attenti a non perdere il sangue freddo, pena la caduta nel baratro, ricorda un po' il vecchio titolo per PSX Kurushi (chi se lo ricorda?).
Per sopravvivere a queste letali scalate dovrete contare essenzialmente sull'astuzia, ma è anche possibile fare affidamento sul fondamentale tasto select/undo (lo amerete) che vi permette, in caso di ripensamenti, di "tornare indietro" eliminando le ultime azioni compiute (fino a nove). Inoltre troverete sparsi per i livelli vari oggetti speciali (anche acquistabili) come ad esempio l'energy drink che vi permette di scalare due blocchi alla volta anziché solo uno, o la campanella che tramuta tutti i blocchi nei paraggi in blocchi normali; mentre i cuscini mistici costituiscono le vite extra. Da non dimenticare ovviamente i checkpoint.
Tuttavia sbagliare non risulta troppo punitivo: se per caso vi ritrovaste a morire e ripetere più volte una sezione di livello particolarmente ostica, potreste paradossalmente vedrere man mano lievitare il numero di cuscini mistici in vostro possesso, accumulati proprio durante questi tentativi andati male. Una sorta di bug, questo, che permette ritentate tutte le volte che si vuole.
In alcuni frangenti c'è da ammettere che il sistema di controllo può rivelarsi irritante, soprattutto quando Vincent è intento a muoversi aggrappato agli spigoli di qualche cubo, magari da dietro; e non sarà raro nei livelli più complessi perdere qualche vita perché, ad esempio, il vostro personaggio si è spostato cadendo in una trappola, quando invece volevate semplicemente farlo voltare nell'altra direzione. Ma in fondo possiamo affermare che un minimo di frustrazione è una componente fisiologica in questo genere di giochi; e raggiungere la paradisiaca vetta è sempre un'esperienza molto soddisfacente anche per questo.
La curva d'apprendimento comunque non è ripida, ma è di fondamentale importanza prestare la massima attenzione alle tecniche di scalata suggerite durante il gioco, soprattutto quelle apprese parlando con le altre pecore nelle aree di sosta tra una sessione di scalata e l'altra.
Comunque è sempre possibile settare la difficoltà sul livello che più vi aggrada. Al livello più facile, ad esempio, potrete concentrarvi quasi esclusivamente sulla trama.
Of Sheep and Man
Ogni mattina Vincent, reduce dalle sue fatiche notturne da pecorella smarrita, si risveglia nel suo appartamento pronto a godersi la sua incasinatissima vita.
Tappa fissa delle sessioni diurne è costituita dallo Stray Sheep Bar, un ritrovo sicuro dov'è possibile interagire con amici e avventori, cosa che vi consentirà di apprendere dettagli importanti della storia ed affrontare delle sidequest minori. Qui potrete utilizzare il cellulare che permette di salvare il gioco, ricevere o rispondere ai messaggi (attenti alle risposte scelte!), accedere a trofei e rigiocare i livelli notturni per migliorarne i risultati. Riempire l'indicatore di alcol al bar, permetterà poi di essere più agili durante le scalate notturne. Mentre se andate in bagno potrete ammirare in tutta riservatezza le foto sexy che vi invia Catherine sul cellulare. Ah, non dimenticate di lavarvi le mani prima di uscire.
Sempre allo Stray Sheep Bar, è possibile recarsi presso il cabinato nell'angolo del locale e, utilizzando al meglio i soli tre gettoni a disposizione ogni sera (Vincent è uno squattrinato, si era capito, no?), allenarsi con il minigame di "Raperonzolo", ossia una versione arcade semplificata della modalità Nightmare vera e propria. Prima o poi però tocca tornare a casa per dormire…
Ecco, uno dei pochi difetti del gioco consiste forse proprio in questa sorta di routine di base nel succedersi delle giornate, che vedono ripetersi sistematicamente eventi come il risveglio mattutino di Vincent, l'incontro fuori a pranzo con fidanzata o amico di turno, la seratina al bar, la notte con incubi e scalate... e la sequenza si ripete.
L'imbarazzo della scelta
Il gioco e i dialoghi si plasmano attorno alle vostre scelte, e durante la partita ci ritroveremo difatti ad affrontare molti piccoli bivi: chiacchierando con gli altri personaggi, rispondendo tramite il proprio telefono agli sms, sottoponendoci ai quesiti che ci verranno posti nel confessionale tra una scalata e l'altra. Le scelte operate durante il gioco avranno sia ripercussioni più o meno immediate (se rispondete tramite sms alla vostra amata che qualcosa di importante vi tormenta, questa potrebbe ricontattarvi) ma soprattutto andranno ad influenzare un indicatore caos/ordine. Questo a sua volta eserciterà un ascendente sul comportamento che avrà Vincent durante le scene di intermezzo, che cambieranno quindi a seconda del vostro "orientamento morale".
Non fatevi prendere dal panico però, non esistono in realtà scelte giuste o sbagliate; l'ideale è forse affrontare il gioco in maniera personale e sincera, seguendo la "propria storia".
La narrazione perciò potrà grosso modo seguire due grosse direttrici, anzi tre: sceglierete Katherne, Catherine o la libertà?
Il tutto sfocerà in ben otto finali differenti, molti dei quali però saranno determinati dalle scelte che compirete verso la fine della storia, nell'ultimo capitolo.
La campagna in single player dura almeno una quindicina di ore, anche molto di più se ci si vuol prendere ad esempio il tempo di parlare con tutti con calma o finire il minigame di Rapunzel. Catherine resta però molto rigiocabile di suo, al di là dei finali multipli che consigliamo caldamente di sbloccare, visto che alcuni son divertentissimi. Ricominciando una nuova partita, si possono comunque saltare a piè pari tutti quei livelli notturni in cui si è riusciti ad ottenere un trofeo d'oro.
Tenendo presente ciò, e conservando quindi qualche salvataggio verso la fine, non sarà in realtà necessario ripetere il gioco dall'inizio letteralmente otto volte per sbloccare tutti i finali.
I sogni son desideri
Come già accennato, la storia ed il fattore immedesimazione sono alcuni dei grossi pregi del gioco ideato da Katsura Hashino, e la cura riposta in tal senso si nota da tanti piccoli dettagli.
Durante i caricamenti (brevi nella versione PS3 testata da noi) veniamo deliziati da una marea di famosi aforismi sull'amore e la vita di coppia, tremendamente in tema con l'atmosfera del gioco.
Il coinvolgimento è assicurato anche dall'ottimo lavoro fatto con le musiche da Shoji Meguro, alcune davvero azzeccate.
Il doppiaggio in inglese è molto ben recitato, anche se forse si notano alcuni timbri vocali un po' troppo simili tra loro. Inutile specificare che la presenza della traccia audio originale giapponese non avrebbe guastato, soprattutto considerando come il target di riferimento del gioco sia palesemente costituito da appassionati d'animazione giapponese.
Ovviamente il gioco è interamente sottotitolato in italiano, così come son stati localizzati tutti i testi e i menù; quindi i meno anglofoni, come il sottoscritto, non hanno nulla da temere. Stranamente però qualche voce fuori campo di poco conto non è stata sottottitolata.
Oltre alla modalità principale in single player, la Golden Playhouse, vi sono altre due piacevoli varianti di gioco basate sull'anima puzzle di Catherine. La Babel, i cui stage si possono sbloccare solo conquistando trofei d'oro durante la campagna single player, e il Colosseo che diviene disponibile dopo aver terminato la storia principale la prima volta. Modalità queste che offrono sfide progressivamente più impegnative e cervellotiche, da affrontare in singolo o in multiplayer con un amico in carne e ossa. Si sente forse la mancanza di una modalità theater, grazie alla quale poter rivedere tutti i filmati e le scene sbloccate durante il gioco.
Atlus ha fatto centro. Catherine, nonostante un paio di trascurabili difetti, offre una coraggiosa quanto riuscita commistione di generi videoludici. Un adventure game con un'intelligente componente action che sicuramente è destinato ad invecchiare bene.
Ma non di meno Catherine è una storia matura, maliziosa ma mai volgare; una trama solida e piena di misteri e sorprese, che punta molto sull'immedesimazione e che non mancherà di insinuare dubbi anche nel giocatore dalle certezze più ferree, portandolo più volte a chiedersi se ha compiuto la scelta "giusta". Proprio come nelle originali intenzioni del suo creatore, Catherine è un prodotto "interessante e in grado di dare al giocatore un'esperienza di gioco profonda". Sta poi a noi carpire il messaggio di fondo lasciato da questa coinvolgente avventura, da gustare avidamente fino ai titoli di coda, ed oltre.
Fortunatamernte c'è ancora chi osa.
Si, per quanto oggi una softwarehouse possa voler perseguire il nobile intento di realizzare un prodotto innovativo, sa bene che, cercando di distinguersi, in realtà si pone in una condizione di precariato rispetto alla concorrenza. C'è sempre da metter in conto che la novità, per quanto potenzialmente pregevole, possa comunque non generare chissà quante aspettative in una massa relativamente abitudinaria, che preferisce (anche giustamente) andare sul sicuro ed investire i propri risparmi sul nuovo avveniristico sparatutto, il blasonato JRPG di turno o l'ennesimo sequel appartenente a chissà quale celeberrimo brand.
Invece Catherine, che dichiaratamente fa dell'audacia uno dei suoi pregi principali, destò da subito l'interesse dei videogiocatori quando, nel lontano 2010, cominciarono a circolare le prime indiscrezioni sulla sua realizzazione e, anche se in realtà una localizzazione italiana era tutt'altro che scontata (e difatti ci è toccato attendere un bel po' di mesi), grazie a Deep Silver, da domani il gioco sviluppato da Atlus sarà finalmente disponibile in Italia per Play Station 3 e Xbox 360.
Ma quali sono le ragioni del discreto hipe generatosi da un annno e mezzo attorno a questo titolo? Certo in primo luogo non può lasciare indifferenti il fatto che dietro questo videogame vi siano i creatori di Persona ma, inutile negarlo, Catherine ha velocemente incuriosito sia i videogiocatori d'annata che i neofiti, anche grazie ai suoi trailer di lancio ammiccanti e seducenti -e forse anche un attimino fuorvianti- che lasciavano da subito intuire il carattere piacevolmente smaliziato di questa avventura, pur anticipando concretamente poco o nulla del gioco vero e proprio.
Ma il titolo in esame va sicuramente oltre le apparenze, e vi riesce prima di tutto prefiggendosi il lodevole obiettivo di offrire al giocatore un'esperienza di gioco diversa dal solito. Quel che ci si deve aspettare, infatti, da Catherine è sostanzialmente una sorta di puzzle/plattform con una solida ossatura da adventure game, che trasuda classe da tutti i pori grazie ad un ottimo cast di personaggi ed una storia sicuramente intrigante e ben narrata, non esente da una spruzzatina di malizia e horror. Se poi consideriamo che il prodotto in questione strizza anche l'occhio agli appassionati di animazione giapponese, il gioco è fatto.
Falling Down
Strani avvenimenti si verificano in città; i telegiornali non fanno che parlare di una inspiegabile sequenza di decessi, di uomini che vengono ritrovati morti nei propri letti in condizioni di evidente debilitazione, e col viso stravolto dal terrore.
Il giocatore veste i panni di Vincent, una sorta bohémien -leggasi scansafatiche- che vive in un monolocale disordinato e tira avanti con un lavoro poco proficuo e dalle prospettive ridicole. Vince è fidanzato da molti anni (ovviamente lui non ricorda quanti) con Katherine, carismatica donna di successo che comincia a pretendere una svolta nel loro rapporto: lei, infatti, gli fa "velatamente" intendere che sarebbe pronta a compiere il grande passo. Vince invece, inutile dirlo, si accontenterebbe di poter preservare l'attuale status quo tra i due, affezionato com'è alla sua vita da semi-scapolo che passa le serate allo Stray Sheep Bar a bere e chiacchierare di wrestling femminile coi suoi amici.
Le cose si complicano ulteriormente con la comparsa del terzo incomodo, un'estroversa biondina mozzafiato di nome Catherine, che ovviamente porterà un mare di scompiglio nella vita dell'inconcludente Vincent. Un tipico incipit da anime di genere ecchi/harem insomma; ma il tutto prenderà una piega molto più profonda di quanto si possa inizialmente presupporre.
La storia ci viene narrata tramite lunghi intermezzi, sia realizzati utilizzando i modelli 3D in cel-shading del gioco, sia tramite veri e propri spezzoni anime. Ed infatti nella realizzazione del gioco, Atlus si è avvalsa della collaborazione dello Studio 4°C (Memories, Spriggan, Steamboy), ed il risultato infatti è degno di nota anche per quel che riguarda il chara design, le ambientazioni e le animazioni in perfetto "stile anime". Vincent ad esempio sembra venuto fuori dalla matita di Monkey Punch, vista la sua postura da Lupin III, soprattutto quando se ne va, mani in tasca, in giro per lo Stray Sheep Bar. Ed anche gli altri personaggi si rifanno a delle tipologie classiche negli anime.
Stairway to Heaven
Ma veniamo al gameplay vero e proprio, la modalità Nightmare in cui verremo catapultati quando Vincent si addormenta. Si tratta di una angosciante dimensione onirica in cui il protagonista è costretto a scalare delle gigantesche gradinate fatte di cubi per raggiungere la cima incolume e risvegliarsi. Come apprendiamo nel primo livello che fa da tutorial, questi blocchi vanno spostati ed agganciati tra loro affinché sia possibile creare delle "scale" percorribili da Vincent, che può infatti issarsi su di un solo cubo alla volta.
Il principio è allo stesso tempo semplice ma profondo, però a complicarvi la vita ci saranno tanti fattori. In primis l'esistenza di molte varietà di blocchi trappola o dalle proprietà più disparate, che vi costringeranno a riadattare frequentemente le vostre strategie di scalata.
Poi vi sono le altre pecore (anche voi in realtà siete una pecora agli occhi dei vostri compagni di sventura) che lottano per la sopravvivenza proprio come voi, ostacolandovi senza pietà; e nei livelli avanzati saranno sempre più grosse e letali. Come se non bastasse, il fondo del livello si sgretola inesorabilmente precipitando nel nulla, e quindi siete costantemente costretti a darvi una mossa, a maggior ragione quando dal basso verrete anche tallonati dai giganteschi, inquietanti e incavolatissimi boss di fine livello, concretizzazioni mostruose delle angosce di Vincent.
Questo dover spremere alla svelta le meningi manipolando dei cubi e stando attenti a non perdere il sangue freddo, pena la caduta nel baratro, ricorda un po' il vecchio titolo per PSX Kurushi (chi se lo ricorda?).
Per sopravvivere a queste letali scalate dovrete contare essenzialmente sull'astuzia, ma è anche possibile fare affidamento sul fondamentale tasto select/undo (lo amerete) che vi permette, in caso di ripensamenti, di "tornare indietro" eliminando le ultime azioni compiute (fino a nove). Inoltre troverete sparsi per i livelli vari oggetti speciali (anche acquistabili) come ad esempio l'energy drink che vi permette di scalare due blocchi alla volta anziché solo uno, o la campanella che tramuta tutti i blocchi nei paraggi in blocchi normali; mentre i cuscini mistici costituiscono le vite extra. Da non dimenticare ovviamente i checkpoint.
Tuttavia sbagliare non risulta troppo punitivo: se per caso vi ritrovaste a morire e ripetere più volte una sezione di livello particolarmente ostica, potreste paradossalmente vedrere man mano lievitare il numero di cuscini mistici in vostro possesso, accumulati proprio durante questi tentativi andati male. Una sorta di bug, questo, che permette ritentate tutte le volte che si vuole.
In alcuni frangenti c'è da ammettere che il sistema di controllo può rivelarsi irritante, soprattutto quando Vincent è intento a muoversi aggrappato agli spigoli di qualche cubo, magari da dietro; e non sarà raro nei livelli più complessi perdere qualche vita perché, ad esempio, il vostro personaggio si è spostato cadendo in una trappola, quando invece volevate semplicemente farlo voltare nell'altra direzione. Ma in fondo possiamo affermare che un minimo di frustrazione è una componente fisiologica in questo genere di giochi; e raggiungere la paradisiaca vetta è sempre un'esperienza molto soddisfacente anche per questo.
La curva d'apprendimento comunque non è ripida, ma è di fondamentale importanza prestare la massima attenzione alle tecniche di scalata suggerite durante il gioco, soprattutto quelle apprese parlando con le altre pecore nelle aree di sosta tra una sessione di scalata e l'altra.
Comunque è sempre possibile settare la difficoltà sul livello che più vi aggrada. Al livello più facile, ad esempio, potrete concentrarvi quasi esclusivamente sulla trama.
Of Sheep and Man
Ogni mattina Vincent, reduce dalle sue fatiche notturne da pecorella smarrita, si risveglia nel suo appartamento pronto a godersi la sua incasinatissima vita.
Tappa fissa delle sessioni diurne è costituita dallo Stray Sheep Bar, un ritrovo sicuro dov'è possibile interagire con amici e avventori, cosa che vi consentirà di apprendere dettagli importanti della storia ed affrontare delle sidequest minori. Qui potrete utilizzare il cellulare che permette di salvare il gioco, ricevere o rispondere ai messaggi (attenti alle risposte scelte!), accedere a trofei e rigiocare i livelli notturni per migliorarne i risultati. Riempire l'indicatore di alcol al bar, permetterà poi di essere più agili durante le scalate notturne. Mentre se andate in bagno potrete ammirare in tutta riservatezza le foto sexy che vi invia Catherine sul cellulare. Ah, non dimenticate di lavarvi le mani prima di uscire.
Sempre allo Stray Sheep Bar, è possibile recarsi presso il cabinato nell'angolo del locale e, utilizzando al meglio i soli tre gettoni a disposizione ogni sera (Vincent è uno squattrinato, si era capito, no?), allenarsi con il minigame di "Raperonzolo", ossia una versione arcade semplificata della modalità Nightmare vera e propria. Prima o poi però tocca tornare a casa per dormire…
Ecco, uno dei pochi difetti del gioco consiste forse proprio in questa sorta di routine di base nel succedersi delle giornate, che vedono ripetersi sistematicamente eventi come il risveglio mattutino di Vincent, l'incontro fuori a pranzo con fidanzata o amico di turno, la seratina al bar, la notte con incubi e scalate... e la sequenza si ripete.
L'imbarazzo della scelta
Il gioco e i dialoghi si plasmano attorno alle vostre scelte, e durante la partita ci ritroveremo difatti ad affrontare molti piccoli bivi: chiacchierando con gli altri personaggi, rispondendo tramite il proprio telefono agli sms, sottoponendoci ai quesiti che ci verranno posti nel confessionale tra una scalata e l'altra. Le scelte operate durante il gioco avranno sia ripercussioni più o meno immediate (se rispondete tramite sms alla vostra amata che qualcosa di importante vi tormenta, questa potrebbe ricontattarvi) ma soprattutto andranno ad influenzare un indicatore caos/ordine. Questo a sua volta eserciterà un ascendente sul comportamento che avrà Vincent durante le scene di intermezzo, che cambieranno quindi a seconda del vostro "orientamento morale".
Non fatevi prendere dal panico però, non esistono in realtà scelte giuste o sbagliate; l'ideale è forse affrontare il gioco in maniera personale e sincera, seguendo la "propria storia".
La narrazione perciò potrà grosso modo seguire due grosse direttrici, anzi tre: sceglierete Katherne, Catherine o la libertà?
Il tutto sfocerà in ben otto finali differenti, molti dei quali però saranno determinati dalle scelte che compirete verso la fine della storia, nell'ultimo capitolo.
La campagna in single player dura almeno una quindicina di ore, anche molto di più se ci si vuol prendere ad esempio il tempo di parlare con tutti con calma o finire il minigame di Rapunzel. Catherine resta però molto rigiocabile di suo, al di là dei finali multipli che consigliamo caldamente di sbloccare, visto che alcuni son divertentissimi. Ricominciando una nuova partita, si possono comunque saltare a piè pari tutti quei livelli notturni in cui si è riusciti ad ottenere un trofeo d'oro.
Tenendo presente ciò, e conservando quindi qualche salvataggio verso la fine, non sarà in realtà necessario ripetere il gioco dall'inizio letteralmente otto volte per sbloccare tutti i finali.
I sogni son desideri
Come già accennato, la storia ed il fattore immedesimazione sono alcuni dei grossi pregi del gioco ideato da Katsura Hashino, e la cura riposta in tal senso si nota da tanti piccoli dettagli.
Durante i caricamenti (brevi nella versione PS3 testata da noi) veniamo deliziati da una marea di famosi aforismi sull'amore e la vita di coppia, tremendamente in tema con l'atmosfera del gioco.
Il coinvolgimento è assicurato anche dall'ottimo lavoro fatto con le musiche da Shoji Meguro, alcune davvero azzeccate.
Il doppiaggio in inglese è molto ben recitato, anche se forse si notano alcuni timbri vocali un po' troppo simili tra loro. Inutile specificare che la presenza della traccia audio originale giapponese non avrebbe guastato, soprattutto considerando come il target di riferimento del gioco sia palesemente costituito da appassionati d'animazione giapponese.
Ovviamente il gioco è interamente sottotitolato in italiano, così come son stati localizzati tutti i testi e i menù; quindi i meno anglofoni, come il sottoscritto, non hanno nulla da temere. Stranamente però qualche voce fuori campo di poco conto non è stata sottottitolata.
Oltre alla modalità principale in single player, la Golden Playhouse, vi sono altre due piacevoli varianti di gioco basate sull'anima puzzle di Catherine. La Babel, i cui stage si possono sbloccare solo conquistando trofei d'oro durante la campagna single player, e il Colosseo che diviene disponibile dopo aver terminato la storia principale la prima volta. Modalità queste che offrono sfide progressivamente più impegnative e cervellotiche, da affrontare in singolo o in multiplayer con un amico in carne e ossa. Si sente forse la mancanza di una modalità theater, grazie alla quale poter rivedere tutti i filmati e le scene sbloccate durante il gioco.
Atlus ha fatto centro. Catherine, nonostante un paio di trascurabili difetti, offre una coraggiosa quanto riuscita commistione di generi videoludici. Un adventure game con un'intelligente componente action che sicuramente è destinato ad invecchiare bene.
Ma non di meno Catherine è una storia matura, maliziosa ma mai volgare; una trama solida e piena di misteri e sorprese, che punta molto sull'immedesimazione e che non mancherà di insinuare dubbi anche nel giocatore dalle certezze più ferree, portandolo più volte a chiedersi se ha compiuto la scelta "giusta". Proprio come nelle originali intenzioni del suo creatore, Catherine è un prodotto "interessante e in grado di dare al giocatore un'esperienza di gioco profonda". Sta poi a noi carpire il messaggio di fondo lasciato da questa coinvolgente avventura, da gustare avidamente fino ai titoli di coda, ed oltre.