Grazie al publisher Plaion abbiamo avuto modo di provare in anteprima il remake di Dragon Quest III 2D-HD Remake ed è un vero piacere poter condividere con voi le nostre prime impressioni sul gioco, ma soprattutto sull'importanza della serie e del titolo annunciato oggi al Nintendo Direct.
Iniziamo dalle basi: si parla di remake e non di remastered perché, sebbene la grafica pixel sia rimasta e non vi siano modifiche appariscenti come quelle di Final Fantasy VII Remake, i cambiamenti apportati rendono il gioco a tutti gli effetti una nuova esperienza anche per chi ha già giocato Dragon Quest III. Il processo operato è simile a quanto visto con Star Ocean: The Second Story R, una ricostruzione del gioco in grafica 2D-HD, un passaggio non scontato e ben diverso dai Pixel Remaster dei primi sei Final Fantasy.
La grafica 2D-HD, per intenderci, è quella introdotta con Octopath Traveler ovvero personaggi in pixel-art si muovono in un mondo a metà tra il fascino retrò dei blocchetti colorati e la finezza degli effetti moderni per un risultato finale davvero gradevole che rende omaggio allo stile old school senza snaturarlo, rendendolo appetibile anche a chi di base preferisce grafiche più moderne. Quando si parla di titoli 2D-HD è importante non farsi ingannare da quel "2" perché i mondi sono a tutti gli effetti in 3 dimensioni, aspetto che porta alla ricostruzione da zero del gioco, costringendo il team a ridisegnare completamente mappe ed aree, oltre che a ricreare effettivamente i singoli elementi. Dragon Quest III ha ricevuto questo omaggio perché è uno dei capitoli più importanti della serie nonché il miglior punto di inizio per scoprire questa pietra miliare dei giochi di ruolo che, tra le altre cose, può vantare il design di personaggi e mostri a cura del compianto Akira Toriyama e le musiche dello storico compositore Koichi Sugiyama.
Dragon Quest è il capostipite per eccellenza dei Jrpg, una serie che non solo ha dettato gli standard dei giochi di ruolo a turni made in Japan, ma che ha plasmato il concetto stesso di high fantasy per il mercato nipponico portando implicitamente alla definizione dei suoi cliché e delle sue atmosfere. La serie ha un valore storico incalcolabile, non a caso nonostante questo sia il suo 38esimo anno le citazioni sparse per il mondo pop si sprecano e nuovi titoli della serie sono attualmente in lavorazione. Nonostante gli 88 milioni di copie vendute complessivamente dalla serie, in un mercato dinamico e in continua evoluzione come quello dei videogiochi non basta un nome storico per andare avanti e, anzi, guardarsi indietro alle volte può essere una pericolosa arma a doppio taglio.
Scoprire le origini di un genere attraverso giochi di rilevanza storica è un processo interessante così come lo è calarsi nei panni dei giocatori di anni fa. Il retrogaming è un'esperienza che arricchisce il bagaglio culturale del giocatore; provare vecchi titoli significa scontrarsi con tempistiche e attenzioni diverse, difficoltà tarate in modo più spartano e fare i conti con molti altri elementi che i giocatori moderni danno per scontati.
Questo shock generazionale è tipico di chi si avvicina al retro gaming, soprattutto quando si vanno a toccare giochi usciti prima della propria nascita e questo con Dragon Quest si avverte particolarmente. A differenza dell'altro Re dei giochi di ruolo giapponesi (Final Fantasy ovviamente!) quella di Dragon Quest è una serie che ha sempre dato molta importanza alle proprie radici, rimanendone ancorato in modo quasi morboso con la conseguenza di avere meccaniche faragginose anche nei capitoli più recenti e nelle riedizioni. Elementi affascinanti, ma che rendono la serie difficile da approcciare per il giocatore moderno.
La verità è che parte del fascino unico di Dragon Quest risiede proprio in questa sua struttura spudoratamente old school, motivo per cui questo remake 2D-HD è un progetto più ambizioso di quanto possa sembrare perché Square-Enix ha deciso di imbarcarsi nella ardua missione di trovare un punto di incontro tra le comodità a cui i giocatori moderni sono abituati e la spartanità della serie. Dragon Quest III 2D-HD punta ad essere il perfetto starting point per i nuovi giocatori, soddisfando allo stesso tempo i gusti di chi scopre la leggenda per la prima volta e chi ha il piacere di tornare a viaggiare con l'eroe Erdrick.
Ma perché partire dal terzo capitolo se si vuole creare un punto di inizio?
Ogni avventura in Dragon Quest è unica, ambientata in mondi diversi e con personaggi sconnessi tra loro... fatta eccezione per i primi tre capitoli che, non a caso, vengono ricordati come la Trilogia di Erdrick. Nella trilogia, il terzo capitolo è cronologicamente il primo e segue le gesta di Erdrick e dei suoi compagni, un'avventura che diverrà una leggenda tale da avere i discendenti dell'eroe come protagonisti del primo e secondo Dragon Quest, motivo per cui partire dal terzo capitolo ha perfettamente senso: si parte dalla leggenda originale.
Dragon Quest III, già all'epoca del suo debutto, puntava a rendere a pieno l'idea di "viaggio per il mondo" contando su una grande attenzione nella caratterizzazioni di luoghi e città, arrivando ad ispirarsi a luoghi reali per enfatizzare il senso di mondo vasto e variegato. Questa attenzione, a detta di Masaaki Hayasaka e Yuji Horii, è stata rispettata nel trasporto in 3D-2D. Anche le sprite dei personaggi e dei nemici sono state riviste da zero e arricchite con nuove animazioni, dentro e fuori dalla battaglia, sebbene si sia deciso in fase di combattimento di tenere la visuale classica. Ad inizio turno il giocatore vedrà le ottime sprite dei protagonisti, ma una volte scelti i comandi da eseguire la telecamera tornerà a concentrarsi sui nemici, come da inquadratura tradizionale della serie, lasciando i personaggi fuori dall'inquadratura e delegando gli attacchi ai soli effetti.
Per quanto una sola ora non sia sufficiente per analisi approfondite, l'impressione è che il flow del gioco sia stato molto velocizzato per un'esperienza decisamente meno tediosa rispetto all'originale e alla sua pixel-remaster uscita qualche tempo fa, la quale manteneva a grandi linee le stesse impostazioni. La nuova grafica è indubbiamente piacevole, ma la vera manna sono i numerosi quality of life aggiuntivi: oltre alla possibilità di velocizzare dialoghi, movimenti e battaglie, il remake permette di avere una mini-mappa sempre visibile e abilitare un segnalatore che indica il prossimo obiettivo.
Da sempre Dragon Quest è la serie del viaggio e della scoperta, un'avventura dove il giocatore si lancia nell'ignoto avanzando a tentoni verso la prima città in vista. La ricerca di abitanti con cui parlare per scoprire la prossima meta o segreti che portino a ricchi tesori è parte integrante del gioco e per questo l'introduzione di un indicatore che segnala la prossima meta, per quanto banale possa sembrare, è un cambio radicale nell'economia globale del titolo. Il dialogo con gli NPC è da sempre un punto cruciale nella serie, un aspetto (prima) imprescindibile per la comprensione effettiva di eventi e storia poiché la voce del popolo era la narrazione stessa degli eventi. In un mondo di pixel dove le espressioni non aiutano a comprendere il mood delle scene, sono la scrittura e la colonna sonora a trasportare il giocatore ma se da un lato tuffarsi nel mondo parlando con ogni personaggio permetteva di assaporare a pieno l'esperienza Dragon Quest, oggi tale impostazione risulta più tediosa che non affascinante e la possibilità di abilitare (e disabilitare a piacimento) un aiuto del genere equivale a rendere il titolo decisamente più fluido e piacevole. Se a questo si aggiunge la presenza di contenuti narrativi aggiuntivi, assenti nella versione originale, concordati e affinati con il creatore della serie Yuji Horii diventa difficile dover aspettare fino al 14 novembre...
Che dire, quando è stato pubblicato il teaser trailer con la scritta "The Legacy Begins" il pensiero di avere presto per le mani l'intera trilogia di Erdrick in 2D-HD è stato forte, scoprire che di fatto si sarebbe parlato del "solo" terzo capitolo è stata quindi una delusione (trasformata in sorpresa durante il Nintendo Direct con l'annuncio dei primi due capitoli: brava Square-Enix, me l'hai proprio fatta!), ma dopo una manciata di minuti con Dragon Quest III 2D-HD tra le mani è cambiato tutto. L'incredibile fascino della serie è rimasto integro; interrompere la sessione di gioco dopo soli 60 minuti è stato più doloroso del previsto perché la magia generata dal ritmo di gioco incalzante, dai colori sgargianti e dalla colonna sonora curata dalla Tokyo Symphony Orchestra è qualcosa che riesce solo ad un Dragon Quest.
Quello offerto dal remake su prospetta un viaggio nel tempo e nello spazio che conduce il giocatore in un periodo storico più semplice e in un mondo colorato tutto da scoprire, ingredienti semplici e piuttosto banali sulla carta, ma capaci di mettere in piedi un incantesimo capace di stregare tutti i fan dei giochi a turni.
L'avventura di Erdrick ritornerà il 14 novembre su Playstation 5, Xbox Series, Nintendo Switch e Pc via Steam e Windows Store, ma Dragon Quest è leggenda dal 1986 perciò poche storie: Dragon Quest 2D-HD ha tutte le carte in regola per rilanciare la serie verso un nuovo livello e nuovi orizzonti, nella speranza di vedere con questa stessa cura anche le altre epiche avventure che hanno contribuito a rendere Dragon Quest IL gioco di ruolo giapponese per ontonomasia.
Iniziamo dalle basi: si parla di remake e non di remastered perché, sebbene la grafica pixel sia rimasta e non vi siano modifiche appariscenti come quelle di Final Fantasy VII Remake, i cambiamenti apportati rendono il gioco a tutti gli effetti una nuova esperienza anche per chi ha già giocato Dragon Quest III. Il processo operato è simile a quanto visto con Star Ocean: The Second Story R, una ricostruzione del gioco in grafica 2D-HD, un passaggio non scontato e ben diverso dai Pixel Remaster dei primi sei Final Fantasy.
La grafica 2D-HD, per intenderci, è quella introdotta con Octopath Traveler ovvero personaggi in pixel-art si muovono in un mondo a metà tra il fascino retrò dei blocchetti colorati e la finezza degli effetti moderni per un risultato finale davvero gradevole che rende omaggio allo stile old school senza snaturarlo, rendendolo appetibile anche a chi di base preferisce grafiche più moderne. Quando si parla di titoli 2D-HD è importante non farsi ingannare da quel "2" perché i mondi sono a tutti gli effetti in 3 dimensioni, aspetto che porta alla ricostruzione da zero del gioco, costringendo il team a ridisegnare completamente mappe ed aree, oltre che a ricreare effettivamente i singoli elementi. Dragon Quest III ha ricevuto questo omaggio perché è uno dei capitoli più importanti della serie nonché il miglior punto di inizio per scoprire questa pietra miliare dei giochi di ruolo che, tra le altre cose, può vantare il design di personaggi e mostri a cura del compianto Akira Toriyama e le musiche dello storico compositore Koichi Sugiyama.
Dragon Quest è il capostipite per eccellenza dei Jrpg, una serie che non solo ha dettato gli standard dei giochi di ruolo a turni made in Japan, ma che ha plasmato il concetto stesso di high fantasy per il mercato nipponico portando implicitamente alla definizione dei suoi cliché e delle sue atmosfere. La serie ha un valore storico incalcolabile, non a caso nonostante questo sia il suo 38esimo anno le citazioni sparse per il mondo pop si sprecano e nuovi titoli della serie sono attualmente in lavorazione. Nonostante gli 88 milioni di copie vendute complessivamente dalla serie, in un mercato dinamico e in continua evoluzione come quello dei videogiochi non basta un nome storico per andare avanti e, anzi, guardarsi indietro alle volte può essere una pericolosa arma a doppio taglio.
Scoprire le origini di un genere attraverso giochi di rilevanza storica è un processo interessante così come lo è calarsi nei panni dei giocatori di anni fa. Il retrogaming è un'esperienza che arricchisce il bagaglio culturale del giocatore; provare vecchi titoli significa scontrarsi con tempistiche e attenzioni diverse, difficoltà tarate in modo più spartano e fare i conti con molti altri elementi che i giocatori moderni danno per scontati.
Questo shock generazionale è tipico di chi si avvicina al retro gaming, soprattutto quando si vanno a toccare giochi usciti prima della propria nascita e questo con Dragon Quest si avverte particolarmente. A differenza dell'altro Re dei giochi di ruolo giapponesi (Final Fantasy ovviamente!) quella di Dragon Quest è una serie che ha sempre dato molta importanza alle proprie radici, rimanendone ancorato in modo quasi morboso con la conseguenza di avere meccaniche faragginose anche nei capitoli più recenti e nelle riedizioni. Elementi affascinanti, ma che rendono la serie difficile da approcciare per il giocatore moderno.
La verità è che parte del fascino unico di Dragon Quest risiede proprio in questa sua struttura spudoratamente old school, motivo per cui questo remake 2D-HD è un progetto più ambizioso di quanto possa sembrare perché Square-Enix ha deciso di imbarcarsi nella ardua missione di trovare un punto di incontro tra le comodità a cui i giocatori moderni sono abituati e la spartanità della serie. Dragon Quest III 2D-HD punta ad essere il perfetto starting point per i nuovi giocatori, soddisfando allo stesso tempo i gusti di chi scopre la leggenda per la prima volta e chi ha il piacere di tornare a viaggiare con l'eroe Erdrick.
Ma perché partire dal terzo capitolo se si vuole creare un punto di inizio?
Ogni avventura in Dragon Quest è unica, ambientata in mondi diversi e con personaggi sconnessi tra loro... fatta eccezione per i primi tre capitoli che, non a caso, vengono ricordati come la Trilogia di Erdrick. Nella trilogia, il terzo capitolo è cronologicamente il primo e segue le gesta di Erdrick e dei suoi compagni, un'avventura che diverrà una leggenda tale da avere i discendenti dell'eroe come protagonisti del primo e secondo Dragon Quest, motivo per cui partire dal terzo capitolo ha perfettamente senso: si parte dalla leggenda originale.
Dragon Quest III, già all'epoca del suo debutto, puntava a rendere a pieno l'idea di "viaggio per il mondo" contando su una grande attenzione nella caratterizzazioni di luoghi e città, arrivando ad ispirarsi a luoghi reali per enfatizzare il senso di mondo vasto e variegato. Questa attenzione, a detta di Masaaki Hayasaka e Yuji Horii, è stata rispettata nel trasporto in 3D-2D. Anche le sprite dei personaggi e dei nemici sono state riviste da zero e arricchite con nuove animazioni, dentro e fuori dalla battaglia, sebbene si sia deciso in fase di combattimento di tenere la visuale classica. Ad inizio turno il giocatore vedrà le ottime sprite dei protagonisti, ma una volte scelti i comandi da eseguire la telecamera tornerà a concentrarsi sui nemici, come da inquadratura tradizionale della serie, lasciando i personaggi fuori dall'inquadratura e delegando gli attacchi ai soli effetti.
Per quanto una sola ora non sia sufficiente per analisi approfondite, l'impressione è che il flow del gioco sia stato molto velocizzato per un'esperienza decisamente meno tediosa rispetto all'originale e alla sua pixel-remaster uscita qualche tempo fa, la quale manteneva a grandi linee le stesse impostazioni. La nuova grafica è indubbiamente piacevole, ma la vera manna sono i numerosi quality of life aggiuntivi: oltre alla possibilità di velocizzare dialoghi, movimenti e battaglie, il remake permette di avere una mini-mappa sempre visibile e abilitare un segnalatore che indica il prossimo obiettivo.
Da sempre Dragon Quest è la serie del viaggio e della scoperta, un'avventura dove il giocatore si lancia nell'ignoto avanzando a tentoni verso la prima città in vista. La ricerca di abitanti con cui parlare per scoprire la prossima meta o segreti che portino a ricchi tesori è parte integrante del gioco e per questo l'introduzione di un indicatore che segnala la prossima meta, per quanto banale possa sembrare, è un cambio radicale nell'economia globale del titolo. Il dialogo con gli NPC è da sempre un punto cruciale nella serie, un aspetto (prima) imprescindibile per la comprensione effettiva di eventi e storia poiché la voce del popolo era la narrazione stessa degli eventi. In un mondo di pixel dove le espressioni non aiutano a comprendere il mood delle scene, sono la scrittura e la colonna sonora a trasportare il giocatore ma se da un lato tuffarsi nel mondo parlando con ogni personaggio permetteva di assaporare a pieno l'esperienza Dragon Quest, oggi tale impostazione risulta più tediosa che non affascinante e la possibilità di abilitare (e disabilitare a piacimento) un aiuto del genere equivale a rendere il titolo decisamente più fluido e piacevole. Se a questo si aggiunge la presenza di contenuti narrativi aggiuntivi, assenti nella versione originale, concordati e affinati con il creatore della serie Yuji Horii diventa difficile dover aspettare fino al 14 novembre...
Che dire, quando è stato pubblicato il teaser trailer con la scritta "The Legacy Begins" il pensiero di avere presto per le mani l'intera trilogia di Erdrick in 2D-HD è stato forte, scoprire che di fatto si sarebbe parlato del "solo" terzo capitolo è stata quindi una delusione (trasformata in sorpresa durante il Nintendo Direct con l'annuncio dei primi due capitoli: brava Square-Enix, me l'hai proprio fatta!), ma dopo una manciata di minuti con Dragon Quest III 2D-HD tra le mani è cambiato tutto. L'incredibile fascino della serie è rimasto integro; interrompere la sessione di gioco dopo soli 60 minuti è stato più doloroso del previsto perché la magia generata dal ritmo di gioco incalzante, dai colori sgargianti e dalla colonna sonora curata dalla Tokyo Symphony Orchestra è qualcosa che riesce solo ad un Dragon Quest.
Quello offerto dal remake su prospetta un viaggio nel tempo e nello spazio che conduce il giocatore in un periodo storico più semplice e in un mondo colorato tutto da scoprire, ingredienti semplici e piuttosto banali sulla carta, ma capaci di mettere in piedi un incantesimo capace di stregare tutti i fan dei giochi a turni.
L'avventura di Erdrick ritornerà il 14 novembre su Playstation 5, Xbox Series, Nintendo Switch e Pc via Steam e Windows Store, ma Dragon Quest è leggenda dal 1986 perciò poche storie: Dragon Quest 2D-HD ha tutte le carte in regola per rilanciare la serie verso un nuovo livello e nuovi orizzonti, nella speranza di vedere con questa stessa cura anche le altre epiche avventure che hanno contribuito a rendere Dragon Quest IL gioco di ruolo giapponese per ontonomasia.
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