Un tempo “gioco di ruolo” era sinonimo di fantasy e, che si parlasse di videogiochi o di giochi da tavolo, bene o male si finiva sempre per seguire i soliti clichè del valoroso guerriero che, fra una quest e l’altra, salvava il mondo da una qualche forma di male superiore. Quei tempi ormai sono belli che finiti e oggi le storie narrate dagli rpg risultano molto più articolate, così come le ambientazioni o le tematiche trattate sono diventate nel tempo sempre più varie.
 

Ripercorrere la storia degli rpg per scoprire le pietre miliari che hanno contribuito a modificare le radici del genere potrebbe essere interessante, ma non è questa la sede adatta. Detto questo, Akiba’s Beat per Playstation 4 e Playstation Vita è un ottimo esempio di quanto il processo di evoluzione accennato poc’anzi sia stato portato all’eccesso, finendo per generare un titolo che non solo è apparentemente molto lontano dall’impostazione originaria, ma è molto più vicino a ciò che ci si potrebbe aspettare da un anime che non da un videogioco.

Anime, action figure, manga, maid, nekomimi e tanto altro ancora vi aspetta ad Akihabara!


Tokyo è una città famosa per moltissimi motivi, ma al suo interno ci sono alcuni quartieri più noti di altri e Akihabara è senza dubbio uno di questi. Chiunque segua o abbia seguito qualche serie anime negli ultimi anni è facile che abbia già sentito parlare di questa “terra santa degli otaku”, ma ciò che forse non tutti sanno è che, prima ancora di diventare la Mecca dei fan dei prodotti nipponici, Akihabara è da sempre stata un punto di riferimento per il commercio giapponese. Questo quartiere così ricco di storia non sarà solamente il palcoscenico sul quale le vicende di Akiba’s Beat prenderanno forma, bensì contribuirà in modo passivo agli sviluppi poiché quest’ultimi saranno ispirati proprio da ciò che il quartiere rappresenta e ha rappresentato nel corso degli anni per i giapponesi.
 

Un giorno un uomo dotato di poteri tanto misteriosi quanto la sua identità, decide di lanciare una sorta di magia che rende le illusioni realtà, allo scopo di rendere felici le persone, perché, a parer suo, quest’ultime si sentono maggiormente appagate quando si autoconvincono di ciò che più gli fa comodo. E’ così quindi che una normale ed ordinaria domenica da passare ad Akihabara diventa, per citare il celebre film con Bill Murray, il “Groundhog Day”, perché quella stessa giornata si ripeterà all’infinito, condannando gli ignari passanti a ripetere le stesse azioni per l’eternità. Come se non bastasse, i desideri delle persone si materializzano nel quartiere, facendo di conseguenza mutare l’aspetto di Akihabara a seconda della passione (o forse sarebbe più corretto definirla ossessione) che il singolo nutre nei confronti del luogo.

Non tutti però sembrano essere caduti vittima di questo incantesimo, fra i tanti infatti vi sono alcuni “prescelti” che si rendono conto del loop temporale nel quale sono finiti e riescono a distinguere la realtà dalle illusioni create involontariamente dalle persone.
La storia metterà il giocatore nei panni di Asahi Tachibana, uno svogliatissimo liceale che ha abbandonato gli studi per intraprendere fieramente la sempre più popolare carriera di NEET. Il malaugurato scansafatiche si ritroverà ben presto trascinato controvoglia in mezzo agli eventi da Saki Hoshino, un’altra liceale che, a differenza di Asahi, è entusiasta della situazione e piena di voglia di fare.
Più per uscire dal ciclo infinito di monotonia e noia che lo attende che non per effettivamente salvare Akihabara e i suoi abitanti, Asahi unisci le forze con Saki per distruggere le illusioni e riportare il quartiere alla realtà, procedimento che porterà i due ad incontrare altri prescelti, a scoprire i misteri dietro questo singolare fenomeno e ad addentrarsi sempre più nell’eccentrico e polimorfo quartiere di Akihabara, scontrandosi con i suoi eccessi e controsensi.
 

Sebbene non parta con le premesse più originali, Akiba’s Beat introduce tanti argomenti e spunti interessanti riguardo il “mondo degli otaku”, offrendone uno spaccato completo che va a coprire bene o male tutte le varie “passioni” che lo formano e contraddistinguono, a differenza di molti altri prodotti che invece si concentrano solo su uno. Il bello della storia è che si sforza di dare un’immagine verosimile del mondo che vuole rappresentare, mostrandone sia i lati positivi che negativi, ponendo però al centro degli eventi dei protagonisti che, più che risultare credibili, sembrano voler rappresentare al meglio ciò che una determinata passione richiede, rovinando di conseguenza l’intenzione iniziale. Ecco quindi, per fare due esempi, Riyu Momose, un’aspirante idol di quattordici anni sempre pronta a difendere i propri fan anche quando quest’ultimi la inseguono per la città oppure Moé Suzumori, una cameriera di un noto Maid Cafè che vive per servire i clienti-padroni e, per quanto impossibile possa sembrare, prova un genuino e platonico piacere nel fare il suo lavoro.

In tutto questo non mancano eventi in cui il focus viene posto sui casi limiti che, spesso, sfociano nell’inquietante. Nel mostrare tali situazioni viene anche resa palese la pateticità di chi dedica ciecamente la propria vita a passatempi più o meno sterili, il tutto tramite dialoghi divertenti che ironizzano sugli argomenti trattati e che non si preoccupano di lusingare il giocatore per i suoi potenziali interessi, anzi, nella maggior parte dei casi la chiave della comicità risiederà proprio nell’auto-ironia di fondo che pervade i personaggi coinvolti.
Detto questo, il grosso difetto nella storia di Akiba’s Beat risiede nella totale mancanza di verosimilità derivata in parte dalla narrazione, fin troppo affine all’animazione nipponica odierna, e soprattutto per la piattezza dei protagonisti: troppo impegnati a ricoprire il proprio ruolo di “portavoce” di questa o di quella categoria per risultare davvero memorabili o quanto meno interessanti.
 

Per quanto riguarda il gameplay, Akiba’s Beat si presenta come un action-rpg poco ispirato che non si sforza affatto di introdurre un qualcosa di vagamente innovativo, ma al contrario ricicla spudoratamente impostazioni e meccaniche da giochi più famosi.
Le battaglie si svolgeranno in un’arena circolare nella quale si verrà trasportati dopo essere entrati in contatto con un mostro visibile durante l’esplorazione.
Se questa è tutto sommato un’impostazione comune per il genere, quando si metterà effettivamente piede sul campo di battaglia sarà difficile non provare una sensazione di deja vu: l’impostazione dei movimenti, la mappatura dei comandi, i menù e la logica degli Action Point è esattamente la stessa vista nei titoli Tales of di Bandai Namco, con la differenza però che Akiba’s Beat ha una velocità di gioco molto più lenta (fin troppo) e delle animazioni decisamente meno fluide e più scarne, inoltre gli attacchi normali recuperano MP perciò la gestione degli oggetti sarà meno critica. Come se non bastasse, oltre ai personaggi coinvolti direttamente nella battaglia, ve ne sarà uno nel ruolo di “Supporter” che si comporterà esattamente come nei giochi della serie Persona, ovvero contribuirà con aiuti passivi o con saltuarie azioni (come usare un oggetto o ripristinare gli MP) mentre farà compagnia al giocatore con simpatici commenti durante gli scontri e l’esplorazione.
Da notare che i personaggi che possono ricoprire tale ruolo hanno veramente poche frasi a disposizione e, per quanto divertenti ed ispirate possano essere, diventeranno inevitabilmente irritanti nel giro di poco tempo.
 

L’unica peculiarità effettivamente degna di nota del battle system risiede nell’Imagine Field, uno status attivabile dopo aver caricato una barra, a suon di colpi inferti. Questa abilità farà partire una canzone impostata precedentemente che, non solo donerà dei boost ai personaggi a seconda della stessa, ma per tutta la sua durata renderà anche infiniti i loro AP. Minore è la durata della canzone, maggiori saranno i potenziamenti che ne deriveranno.
A proposito di potenziamenti, andando avanti nel gioco si troveranno delle carte collezionabili da equipaggiare ai propri personaggi (due per ognuno) che conferiranno degli incrementi alle statistiche o bonus di diversa natura come aggiungere un danno elementale ai propri attacchi o aumentare l’esperienza guadagnata. Sfortunatamente questo genere di potenziamenti non bastano a diversificare i personaggi che, bene o male, si giocheranno tutti allo stesso modo a seconda se siano dei combattenti a lunga distanza o da corpo a corpo.

Le fasi d’esplorazione ad Akihabara sono abbastanza noiose perché, come logico che sia, sono limitate al quartiere; fortunatamente però è sempre possibile teletrasportarsi da una zona all’altra in modo da raggiungere velocemente il prossimo obiettivo o il negozio desiderato.
Akihabara in sè è ben realizzata e ricca di particolari perciò girarci risulta piacevole, inoltre gli npc colorati in stile Tokyo Mirage Session danno un tocco di vivacità alla zona, così come fanno le frasi che spuntano a destra e sinistra per rappresentare il vociare. A conti fatti, tuttavia, il quartiere risulta fin troppo deserto e non vi è nulla che spinga ad esplorarlo più volte, nemmeno il ciclo giorno-notte o le eventuali modifiche nate dalle illusioni.
 

I dungeon, chiamati Delusionscape, vantano invece dei design estetici accattivanti che, volendo, ricordano positivamente l’allegoricità di quelli di Persona 4. La struttura è sufficientemente labirintica ed intricata da non dare l’idea di essere su di un lungo corridoio, ma non abbastanza da far perdere l’orientamento, sebbene più di una volta sarà necessario dare un’occhiata alla mappa completa per capire dove andare. I nemici ben si amalgamano con le ambientazioni e, anche quando vengano riproposti più volte in zone diverse, vengono leggermente modificati per sposarsi al meglio nel nuovo contesto. Discorso diverso invece per i loro pattern d’attacco, limitati e monotoni in ogni occasione.

Dal punto di vista tecnico, Akiba’s Beat risulta indietro di una generazione sia per la cura dei modelli 3D che per le loro animazioni, fortunatamente almeno i design dei personaggi non sono poi così stravaganti e decisamente in linea con le altre serie animate giapponesi in circolazone, sebbene il fatto che ognuno di loro abbia palesemente un colore dominante dona al gruppo uno strano "effetto power rangers". La colonna sonora alterna tracce più anonime ad altre che sembrano uscite da qualche sigla di un cartone animato che faranno la gioia degli amanti del J-pop. In fine, menzione d'onore al doppiaggio che, nelle versioni occidentali, è possibile scegliere fra l'originale giapponese e quello inglese. Quest'ultimo risulta inaspettatamente piacevole, con voci estramemente azzeccate per i personaggi principali ed interpretazioni credibili e piacevoli da ascoltare (a differenza di alcune giapponesi, decisamente troppo stridule). Sfortunatamente la qualità delle voci dei personaggi secondari, in inglese, è nettamente inferiore rispetto alle altre e questo rende i dialoghi di alcune missioni secondarie un poco alienanti.

GIUDIZIO FINALE

 
Akiba’s Beat è un jrpg mediocre in tutti i suoi aspetti, privo di un qualsivoglia elemento che gli permetta di brillare o, per lo meno, di essere vagamente memorabile. Gli argomenti introdotti sono tanti ed interessanti, ma vengono affrontati in modo superficiale e gestiti da personaggi insipidi che non ne valorizzano le sfaccettature. Akiba’s Beat non osa andare oltre ciò che è già stato tracciato, non si prende nessun rischio o responsabilità e per questo propone un battle system che sa tutto di già visto e una storia che difficilmente trasmetterà o lascerà qualcosa al giocatore, se non giusto qualche risata per il setting e alcuni dialoghi.