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6.0/10
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Nonostante i numerosi limiti che, da sempre, affliggono i titoli di questo tipo, non posso negare di avere una particolare simpatia per gli shonen d’azione commerciali, sono gli anime che più amo guardare per rilassarmi.
Quando ho saputo dell’esistenza di questo nuovo, celebratissimo esponente del genere non ho potuto fare a meno di fiondarmici sopra armata delle migliori speranze, ma ora, giunta non senza fatica al 51esimo episodio, non posso che esprimere il mio disappunto verso questa produzione.
Per spiegare al meglio il mio pensiero più che le parole servirebbe un’immagine: avete presente quelle vignette umoristiche in cui dei manager commentano un grafico la cui linea dei profitti oscilla tra continui alti e bassi finché, immancabilmente, sprofonda fino ad uscire dal foglio? Ecco, quel grafico potrebbe rispecchiare alla perfezione il mio gradimento per Soul Eater: non è una serie totalmente priva di qualità, ma i suoi pregi sono controbilanciati da altrettanti difetti, che risultano evidenti soprattutto nella pessima parte finale.
Ma bando alle ciance, andiamo a vedere nel dettaglio chi sono i “buoni” e chi i “cattivi”.
Uno dei punti forti della serie è senza dubbio la realizzazione tecnica, che ci regala una grafica accattivante e coloratissima, animazioni molto curate e una colonna sonora gradevole e orecchiabile. Non c’è che dire, escludendo un paio di sigle un po’ sottotono, tecnicamente è stato fatto un gran bel lavoro e potrete rendervene conto soprattutto durante le scene d’azione, le quali rappresentano un altro aspetto su cui non posso che spendere parole di lode.
I combattimenti in questo anime sono brevi, coreografati ed esaltanti, ma a colpire sono soprattutto gli stili di lotta proposti perché, oltre ad essere molto originali, danno davvero l’impressione di essere parte integrante dei personaggi, rispecchiandone alla perfezione sia la caratterizzazione grafica che quella psicologica. Personalmente, ho apprezzato parecchio quelli di Stein, Medusa e Mifune, non ho potuto fare a meno di rivedere almeno un paio di volte ogni loro duello!
Per contro, la trama di base non è esattamente il trionfo dell’innovazione: ragazzini dotati di particolari poteri frequentano un’accademia (struttura ormai irrinunciabile in ogni titolo del genere) per diventare guerrieri in grado di contrastare le creature sovrannaturali che minacciano l’umanità, e non credo di fare chissà quale spoiler se vi dico che alla fine i Nostri, pur essendo ancora degli studentelli inesperti, si ritroveranno a giocarsi il destino del mondo in scontri contro potentissimi avversari, mentre i loro invincibili maestri, con una scusa o con l’altra, se ne staranno a guardare.
Niente di eccezionale dunque, ma suvvia, quante volte abbiamo visto storie banali salvarsi grazie a una sceneggiatura brillante e a un’abile regia?
Purtroppo, non è il caso di Soul Eater: la narrazione risulta fin troppo semplice e lineare, senza particolari guizzi o colpi di scena, e la cosa diventa più che mai evidente nei momenti in cui la trama tenta di fare sul serio. Ogni volta che accade qualcosa di importante o incontriamo un personaggio chiave, potete star certi che tutto verrà liquidato in fretta e furia, senza un minimo di approfondimento.
È però l’umorismo a portarsi a casa il premio speciale nella categoria “elementi che si potevano gestire meglio”. Ammetto che non sono mancate le occasioni in cui ho riso di gusto, ma in altri casi ciò a cui ho assistito è stato in grado, per la prima volta in vita mia, di farmi vergognare di ritrovarmi alla mia età a guardare prodotti palesemente destinati a un altro target.
Tempi comici completamente cannati, gag e dialoghi da asilo d’infanzia, gente che si sente in dovere di sottolineare l’assurdità di certe situazioni come se lo spettatore non fosse in grado di arrivarci da solo, decine di secondi di indugio su scene o espressioni facciali che non fanno ridere… Un esempio che vale per tutti: Excalibur. Questo personaggio è un tormentone vivente che ripropone in continuazione gli stessi atteggiamenti e le stesse battute, ma solo in rari casi ciò che fa e dice riesce a incastrarsi bene nel contesto e a strappare un sorriso, la stragrande maggioranza delle volte sbaglia i tempi e i modi risultando fastidioso e anche abbastanza patetico - non è che una cosa diventa divertente solo perché ripetuta fino allo sfinimento!
L’ultimo aspetto di cui voglio parlare sono i personaggi, ed anche in questo caso ci sono luci ed ombre.
Black Star e Kid sono uno spasso, le loro partner un po’ meno, mentre tutti gli altri personaggi, principali o secondari che siano, sostanzialmente possono essere suddivisi in quattro categorie: la prima comprende quelli molto azzeccati che, nonostante il ruolo, finiscono con l’oscurare i protagonisti (Shinigami-sama, Stein, Medusa…), la seconda quelli meno azzeccati e/o approfonditi ma comunque simpatici, mentre il terzo, sovraffollato gruppo include tutta la gente di cui non posso parlare né bene né male per via di una scarsissima o addirittura inesistente caratterizzazione. Non sto esagerando: in questa serie ci sono un sacco di personaggi che vengono introdotti - e per “introdotti” intendo dire che ci vengono riferiti nome, cognome, più una o due battute peri illustrarci quanto sono forti o competenti nel loro campo - e mai approfonditi; a volte cadono immediatamente nel dimenticatoio per poi essere ripescati ogni tanto, ma in altri casi, inspiegabilmente, si prendono dei begli spazi, comportandosi come se fosse già stato spiegato tutto quel che li riguarda mentre in realtà non conosciamo nemmeno la loro personalità (vedi il papaboy o il caffeinomane).
Avrete notato che non ho ancora menzionato due nomi importanti: Soul e Maka. Non li ho dimenticati, anzi: i protagonisti principali sono gli elementi di maggior spicco della quarta categoria di personaggi, quelli banali e/o deludenti.
Soul può essere descritto con una sola parola: scialbo. A volte fa l’idiota, a volte il saggio consolatore, a volte è il maniaco che si dissangua per un paio di tette, altre il ragazzo maturo e altruista che si sacrifica per gli amici, fa un po’ di questo e un po’ di quello ma senza mai convincere, perché come idiota è meglio Black Star, come maniaco è meglio Spirit e ad incoraggiare sono più brave Tsubaki e Marie; l’unica caratteristica degna di nota che lo riguarda, è la sua mania di citare Twin Peaks a sproposito nel suo mondo interiore, mentre dialoga con un pittoresco omino che tenta di prendere il controllo su di lui offrendogli in cambio grandi poteri (trovata originalissima questa del protagonista semi-posseduto, non trovate?). È pazzesco che la serie porti il nome di un tipo tanto insignificante.
Maka invece è un po’ più caratterizzata, ma infinitamente più antipatica. Ero così felice di vedere finalmente una ragazza come protagonista in un titolo di questo genere, ma purtroppo la fanciulla si è rivelata proprio il personaggio peggiore: la tipica bamboccia di cui devono ribadire in continuazione le (presunte) qualità perché altrimenti lo spettatore nemmeno si renderebbe conto di quali siano, brava a far l’isterica e a pestare i compagni quanto a venire salvata (con relativo spargimento di sangue) dal suo partner; le prende da chiunque e, nonostante ciò, viene considerata quella “con qualcosa in più”, batte boss finali supercazzuti non in virtù di reali miglioramenti come combattente ma perché “raccomandata” in quanto protagonista (nessun cattivo può sfuggire alla devastante combo sguardo truce + urla + retorica, anche se l’avversaria è disarmata!), se poi vogliamo dirla tutta è pure doppiata in modo piatto e monocorde. No, decisamente non mi è piaciuta.
A questo punto, credo di avervi illustrato in modo fin troppo prolisso quali, secondo me, sono i pro e contro di questa serie, resta solo da tirare le somme e vedere da che parte pende la bilancia per poter dare un voto adeguato.
Purtroppo, il verdetto è: dipende! Questo anime è talmente altalenante che mi è impossibile inquadrarlo con un singolo voto, meriterebbe un giudizio diverso per ogni puntata!
In linea di massima, posso dire che, a parte i primi tre episodi (assolutamente insufficienti, combattimenti a parte) e gli episodi 19-24 (a cui darei anche un 8), le prime 40 puntate circa oscillano tra il 7,5 e il 5,5.
A farmi optare per un 6 scarso sono stati gli ultimi, disastrosi 10-12 episodi, in cui gli autori, che a quanto pare già si erano distaccati dal manga, decidono di far suicidare definitivamente la serie: se da un lato ci sono assurde lungaggini che danno origine a parti, o anche a intere puntate inutili e tediose come la 41, dall’altro abbiamo nemici che fino ad ora avevano fatto il bello e il cattivo tempo eliminati in *un* colpo o, ancora meglio, sconfitti da un pugno dato a mani nude da chi fino a quel momento era stata una schiappa, personaggi di cui si era tanto parlato che finalmente appaiono per venire subito liquidati senza troppi complimenti (vedi Eibon), nemici secondari completamente dimenticati, liti e momenti di tensione tra gli eroi che durano il tempo di ricevere uno schiaffo… In questo finale c’è solo l’imbarazzo della scelta in quanto a difetti, onestamente, se avessi scritto questo commento sul momento e non a mente fredda, con tutta probabilità avrei dato un’insufficienza.
Metto un 6 dunque, ma non senza rimpianti, perché le qualità non mancavano e con un umorismo meno infantile e, soprattutto, una maggior cura nella gestione di trama e personaggi, poteva venir fuori un prodotto davvero degno di nota.
Consigliato? Non particolarmente. Se dovesse mai passare in TV dateci pure uno sguardo, ma in ogni caso c’è di meglio in giro, anche tra gli anime di questo genere, se poi avete più di 20 anni e pretendete almeno un po’ di spessore anche in opere di puro intrattenimento, direi che fareste bene a rivolgere altrove la vostra attenzione.