Recensione
Hotarubi no Mori e
9.0/10
Ci sono delle storie che raccontano di realtà che si sfiorano appena; di individui che protendono l'uno verso l'altra senza che riescano ad accostarsi completamente. Come una sorta di maledizione in cui le proprie necessità rimangono latenti e il tutto viene canalizzato in un sentimento morbosamente crescente, costante come un messaggio non ancora letto, la cui suoneria del cellulare ci ricorda imperterrita di visualizzarlo.
Hotaru ha un desiderio, che dapprima non si delinea chiaramente. Da bambina incontra Gin, uno spirito della foresta che le indica la strada per tornare a casa. Con la tipica e fresca innocenza dei bambini, Hotaru prova a manifestare la sua riconoscenza al giovane youkai dal volto mascherato, ma lui fugge al tentato abbraccio di lei. Essere toccato significherebbe svanire. Egli non appartiene al mondo del Dio della montagna e nemmeno a quello degli uomini. Purtuttavia, gli è stata concessa la vita - se vita può chiamarsi quella che lo costringe a esser incastrato fra due realtà, di cui non riesce a raggiungerne nessuna. L'alienazione con cui conduce la sua esistenza viene interrotta piano piano dal momento in cui Hotaru irrompe nella sua quotidianità. Passano le giornate assieme, anno dopo anno, con la voglia di vedersi, ma anche di toccarsi, di avvicinarsi sensibilmente. La situazione di stallo accresce il loro desiderio. Hotaru è l'unico legame che fa sentire Gin umano, e gli fa provare emozioni finora sconosciute. D'altro canto, la bambina diventa donna e, pur vivendo la vita di una ragazza qualunque, che entra in contatto con i suoi coetanei, non riesce a mettere da parte i ricordi dei giorni di estate. Hotaru rincorre quel sogno, proprio perché non riesce a essere soddisfatto e, allo stesso modo, Gin attende pazientemente tutto l'anno per assaporare la vita concreta, la realtà, che gli si presenta solamente d'estate, quando l'amica fa visita agli zii.
Hotarubi no mori e è un film di breve durata ispirato all'omonimo manga di Yuki Midorikawa. La qualità tecnica non è vistosa, e probabilmente è apprezzabile per questo, in quanto a spiccare sono le sensazione e i sentimenti trasmessi dai protagonisti. La storia è semplice e limpida, così come le immagini chiare e incantevoli di cui si compone il lungometraggio. Il comparto sonoro è in sintonia con il resto, per l'appunto lento, orecchiabile e magico. Della stessa magia è il senso di sospensione e di attesa che si percepisce fra Hotaru e Gin. Ci si aspetta il momento in cui si toccheranno, come se l'essere vicini solo spiritualmente fosse una condanna maggiore che scomparire del tutto. Come se aspettassero con ansia il momento del dolce addio che significherà l'avere avuto il coraggio di tenersi stretti l'uno all'altro, non importa a che prezzo, pur di soddisfare un bisogno fisico che non dà pace e non sazia l'istinto naturale del sentirsi.
Hotaru ha un desiderio, che dapprima non si delinea chiaramente. Da bambina incontra Gin, uno spirito della foresta che le indica la strada per tornare a casa. Con la tipica e fresca innocenza dei bambini, Hotaru prova a manifestare la sua riconoscenza al giovane youkai dal volto mascherato, ma lui fugge al tentato abbraccio di lei. Essere toccato significherebbe svanire. Egli non appartiene al mondo del Dio della montagna e nemmeno a quello degli uomini. Purtuttavia, gli è stata concessa la vita - se vita può chiamarsi quella che lo costringe a esser incastrato fra due realtà, di cui non riesce a raggiungerne nessuna. L'alienazione con cui conduce la sua esistenza viene interrotta piano piano dal momento in cui Hotaru irrompe nella sua quotidianità. Passano le giornate assieme, anno dopo anno, con la voglia di vedersi, ma anche di toccarsi, di avvicinarsi sensibilmente. La situazione di stallo accresce il loro desiderio. Hotaru è l'unico legame che fa sentire Gin umano, e gli fa provare emozioni finora sconosciute. D'altro canto, la bambina diventa donna e, pur vivendo la vita di una ragazza qualunque, che entra in contatto con i suoi coetanei, non riesce a mettere da parte i ricordi dei giorni di estate. Hotaru rincorre quel sogno, proprio perché non riesce a essere soddisfatto e, allo stesso modo, Gin attende pazientemente tutto l'anno per assaporare la vita concreta, la realtà, che gli si presenta solamente d'estate, quando l'amica fa visita agli zii.
Hotarubi no mori e è un film di breve durata ispirato all'omonimo manga di Yuki Midorikawa. La qualità tecnica non è vistosa, e probabilmente è apprezzabile per questo, in quanto a spiccare sono le sensazione e i sentimenti trasmessi dai protagonisti. La storia è semplice e limpida, così come le immagini chiare e incantevoli di cui si compone il lungometraggio. Il comparto sonoro è in sintonia con il resto, per l'appunto lento, orecchiabile e magico. Della stessa magia è il senso di sospensione e di attesa che si percepisce fra Hotaru e Gin. Ci si aspetta il momento in cui si toccheranno, come se l'essere vicini solo spiritualmente fosse una condanna maggiore che scomparire del tutto. Come se aspettassero con ansia il momento del dolce addio che significherà l'avere avuto il coraggio di tenersi stretti l'uno all'altro, non importa a che prezzo, pur di soddisfare un bisogno fisico che non dà pace e non sazia l'istinto naturale del sentirsi.