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3.0/10
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Con il termine ijime (いじめ), sostantivo derivato dal verbo ijimeru (いじめる, lett. "dare il tormento"), si designa una forma di bullismo basata sull'ostracismo piuttosto che sulla prevaricazione fisica, la cui efficacia è direttamente proporzionale al grado di connivenza dei cosiddetti attendenti - coloro, cioè, che pur non indulgendo personalmente in atteggiamenti angarici finiscono di fatto per avallarli per mezzo della loro ritrosia o supposta impossibilità a intervenire in favore della vittima. La proverbiale tendenza del popolo giapponese a sacrificare l'individualità a favore della collettività, unita a un'oggettiva difficoltà a tracciare il confine tra ciò che è socialmente accettabile e ciò che non lo è e a un approccio generalmente surrettizio al problema da parte dei mass media, non consente di mettere a punto delle risposte univoche in merito alle sue cause e, soprattutto, a come contrastarlo, giacché per alcuni è tutta una questione di nerbo: le nuove generazioni, diciamo dai baby boomers in giù, ne avrebbero infatti troppo poco rispetto a quelle precedenti, che al contrario si fanno vanto di ricordare le esatte circostanze di ogni goccia di sudore mai stillata dalla loro fronte. Ne consegue che trattare un argomento del genere richieda, da parte chi colui o colei che ha deciso di cimentarsi nell'impresa, sensibilità, onestà intellettuale e, da ultimo, un'elevata consapevolezza dei pro e i contro del mezzo attraverso cui intende diffondere il proprio messaggio - tutte che cose che, ahimè, da questo cortometraggio di dodici minuti, tratto dall'omonimo manga di Kaoru Igarashi, non traspaiono affatto."Chi non ha modo offre la volontà", recita il proverbio; ma se il risultato dev'essere quello che andremo a vedere forse sarebbe stato il caso non dico di rinunciare, ma di ponderare più a fondo la questione sì.

Figlia di un alto dirigente e per giunta molto bella, la quindicenne Sera considera la scuola il proprio feudo, spadroneggiando su compagne e insegnanti senza che nessuno abbia il coraggio di contestarne l'autorità. Quando qualcuno, a suo modo di vedere, le fa un torto purchessia, si vendica istigando le altre ragazze a sottoporla ad umiliazioni di ogni genere fino a quando non si riterrà soddisfatta o avrà individuato un'altra vittima. Questa volta la pagliuzza più corta, per così dire, finisce nelle mani di Fumika, colpevole di averle involontariamente sciupato una costosa borsetta; ma se per uno scherzo del destino Sera si ritrovasse dall'oggi al domani alla base della piramide da lei stessa eretta?

La prima cosa che salta all'occhio è la durata dell'OAV, decisamente insufficiente al fine di conferire credibilità alla vicenda, che però è sceneggiata ed eseguita talmente male da far sembrare eterni i dodici minuti entro i quali (non) si sviluppa. Come se non bastasse non è chiaro quale sia esattamente il target a cui si rivolge dal momento che, per come si comporta, Sera fa pensare più a una ragazzina di sesta che di nona classe. La componente psicologica, che pure dovrebbe essere la priorità assoluta, qui è completamente assente: simpatizziamo con Fumika soltanto perché è ciò che ci si aspetta da noi in qualità di esseri umani, senza tuttavia che ci venga offerto un benché minimo incentivo a riflettere su ciò che vediamo. È mai possibile, con tutto quel che ci sarebbe da dire, che l'unica morale che giunga fino a noi è che il bullismo è sbagliato? You don't say? È così involontariamente offensivo che fa prudere le mani molto più di qualsiasi altra cosa ci venga mostrata, perché per quanto Sera e Fumika non esistano incarnano due archetipi che chiunque, nel corso della vita, può aver incontrato o addirittura impersonato più o meno obtorto collo - perché di bullismo si può anche morire, se non con il corpo quantomeno nello spirito.

Inqualificabile il comparto tecnico nella sua interezza, dalla grafica a dir poco sgraziata fino al terribile doppiaggio; le uniche sequenze salvabili sono quelle d'apertura e di chiusura, ma solo perché non prevedono che pochissime animazioni. Difficile credere che sia un anime del 2012 e non un residuato particolarmente in mal arnese degli anni Novanta, anche se ovviamente ciò è da imputarsi prima di tutto al vincolo costituito dalla necessità di mantenersi il più fedele possibile allo stile non proprio da applausi della Igarashi.

In conclusione: da evitare in quanto scandalosamente approssimativo e privo di qualsivoglia utilità. Bocciato su tutta la linea, quindi, ma tutt'altro che con gusto.