Recensione
"Bigger, better, faster, more!" (4 Non Blondes, anyone?): un occhiello perfetto per questo secondo round made in David delle bizzarre avventure d(e)i Jojo dopo il più che riuscito adattamento congiunto delle prime due parti della luuuunga saga targata Hirohiko Araki, che proprio in "Stardust Crusaders" trova il suo... vogliamo chiamarlo Chemical X? E allora per l'occasione ho deciso di strutturare questa recensione in maniera un tantinello diversa dal solito, abbandonando cioè il canovaccio standard in favore di un ibrido tra una lista della spesa un bugiardino imperniato proprio su questi quattro parametri. Va da sé che trattandosi di una semplice trasposizione l'inevitabile raffronto con il manga non verterà che marginalmente su aspetti che competono soltanto a quest'ultimo.
Bigger
Tutte e tre le prime serie di "Jojo" hanno in comune il viaggio, con la differenza che mentre "Phantom Blood" e "Battle Tendency" avevano più un carattere formativo in "Stardust Crusaders" il focus si sposta dal Joestar di turno al racconto vero e proprio. Nella fattispecie per Jotaro Kujo, nipote di Joseph, la chiamata all'avventura scaturisce dall'esigenza di salvare la madre Holly dalla venefica influenza del redivivo Dio Brando sui discendenti di Jonathan, del cui corpo è riuscito a impossessarsi: un Grand Theft Me, per così dire, che ha determinato il risveglio quasi simultaneo in tutti i Joestar ancora in vita di uno Stand, ovvero un qualche tipo di abilità fuori del comune commisurata all'energia vitale del suo portatore. Jotaro è il possessore di Star Platinum, dotato di grande forza, velocità e precisione; Joseph di Hermit Purple, che gli consente di evocare l'immagine di obiettivi remoti e che pertanto può essere considerato la naturale evoluzione delle sue dilettantesche capacità divinatorie; quanto a Holly, qualunque sia il potere del suo è evidente che non è in grado di controllarlo, circostanza che rende necessario uccidere Dio (del cui Stand nessuno sa nulla) prima che il suo stesso spirito uccida lei [*]. Ma Dio è ben nascosto in Egitto, a diecimila e rotti chilometri di distanza dal Giappone, e come se non bastasse ha disseminato i suoi sgherri lungo tutta la via per impedire allo showdown di avere luogo - e c'è da scommettersi che questi ultimi faranno di tutto per aggiudicarsi la sua eterna riconoscenza. Se a ciò aggiungiamo che a ogni Stand corrisponde un arcano maggiore dei tarocchi (ventuno o ventidue in tutto a seconda delle varie scuole di pensiero) e che finiti questi ne subentreranno altri ispirati alle divinità egizie è facile comprendere perché si sia deciso di ricavare due serie soltanto da quest'arco.
Better
Dal punto di vista della narrazione non tanto, perché abbonda di ass pull (non avete bisogno che ve lo traduca, vero?) come al solito, ma gli Stand sono un win a prescindere: al contrario di quanto accade con le Onde Concentriche, che richiedono da parte di chi le esegue uno sforzo più fisico che spirituale, qui non importa quanto sei muscoloso, ma quanto conosci te stesso. (Per non saper né leggere né scrivere, comunque, sia Jotaro che i suoi compagni, compreso il sessantanovenne Joseph, possono apparire agli occhi del fruitore di anime contemporanei ridicolmente ben equipaggiati.) Diventa inoltre fondamentale essere il più duttili possibile dal momento che l'avversario, se non è un idiota - succede anche questo -, farà di tutto per spingerti al limite, e non certo per il gusto di combattere onorevolmente. (Nessuno fa il lavoro sporco per Dio Brando gratis et amore dei, per ricorrere a un non proprio brillante gioco di parole, perché egli stesso disprezza, o forse teme, la gratuità, così come non esistono veri sottoposti ma soltanto pedine più o meno tenute in considerazione.) Se la moralità di "Phantom Blood" e "Battle Tendency", dove praticamente chiunque vive - e muore - secondo un codice ben preciso, vi ha un po' nauseati, troverete senz'altro rigenerante la bassezza dei nemici di Jotaro e la sua crew: avidi, gretti, sociopatici, fanatici, individualisti, codardi, vanesi. Macchiette, certo, ma sarebbe assurdo pretendere di più data la loro obsolescenza programmata.
Dal punto di vista del comparto tecnico, infine, qualche passo avanti rispetto alla serie precedente l'abbiamo fatto: meno CGI alla carlona, meno "QUALITY" - altrimenti conosciuto come "derp" -, meno cali inspiegabili. Effetti visivi, sonoro e doppiaggio rimangono invece ottimi. Bella anche l'opening dal lieve sentore di shōnen d'annata e geniale l'idea di utilizzare "Walk like an Egyptian" della Bangles come ending. (Hail 2 U, David. E adesso per favore non calare la barra a gennaio.) La fedeltà al manga c'è, ma manca, fortunatamente, dell'imbarazzante pedissequità che in determinati frangenti aveva un po' funestato la serie precedente.
Faster
Paradossalmente sì, o meglio: l'avvicendarsi più o meno episodico dei vari nemici conferisce alla storia un passo bello elastico ma non esageratamente lungo, dimodoché l'attesa dello scontro finale tra Dio e Jotaro non pesi eccessivamente. Tra l'altro nel mezzo c'è anche un po' di character development, quantunque fisiologicamente in dosi minori rispetto ai due prequel, e anzi alcuni personaggi, come ad esempio Polnareff, rendono quasi meglio in questo formato piuttosto che su carta. E lo dice una a cui il francesino non è che abbia mai sfagiolato un granché.
More
Fermo restando che a livello di vibrazioni "Battle Tendency" rimane per me insuperabile (bella forza, c'è Joseph che è uno spettacolo dal primo all'ultimo pannello/frame... ), la "biodiversità" di "Stardust Crusaders", unita a questa sua atmosfera sempre molto bighellona e marantica, offre una varietà davvero incredibile di situazioni ancora più strampalate - pardon, bizzarre - rispetto a quelle a cui credevamo di esserci abituati. Per un fan della saga poterle gustare in movimento, a colori e col giusto sottofondo musicale - fenomenali a quest'ultimo proposito gli episodi 21 e 22 - è quanto di più gratificante possa esistere.
Per concludere
Chi legge "Jojo" sa che ogni serie è diversa dall'altra e che pertanto i vari raffronti, per quanto inevitabili, lasciano sempre un po' il tempo che trovano. "Stardust Crusaders" solitamente piace molto perché è la prima ad introdurre gli Stand e perché Jotaro è, per così dire, un eroe già pronto all'uso: è fortissimo, ha aplomb, sa sempre cosa fare, non si perde in smancerie col nemico... per contro, però, risulta piuttosto statico se paragonato ai suoi predecessori, cosa che i fan dell'introspezione - tipo io - potrebbero far fatica a mandar giù. Ebbene, prendetene atto: "Stardust Crusaders" è una serie blockbuster, e se sarete abbastanza onesti con voi stessi da accettarla così come vi viene presentata non vi deluderà. Non è un crimine avere contenuti limitati. Non è un crimine indulgere in un po' di trash. E d'altra parte se non siete disposti a mettervi in discussione assieme a(i) Jojo forse questa saga non fa per voi... ma nemmeno questo è un crimine.
[*] Attenzione, possibili spoiler relativi alla saga nel suo insieme Ebbene sì, questa donna ha meno combattività di un orangutan, un bebè, un cane e un uccello - questi ultimi due però li vedremo in azione a partire dal prossimo inverno -, e questo limitandoci soltanto all'arco in questione, perché altrimenti la lista comprenderebbe anche due ratti, una bambina invisibile, un gatto morto, una colonia di plancton, degli alberi, una tartaruga... e dire che è figlia di Joseph e nipote di Lisa Lisa, mica cotiche. Fine spoiler
Bigger
Tutte e tre le prime serie di "Jojo" hanno in comune il viaggio, con la differenza che mentre "Phantom Blood" e "Battle Tendency" avevano più un carattere formativo in "Stardust Crusaders" il focus si sposta dal Joestar di turno al racconto vero e proprio. Nella fattispecie per Jotaro Kujo, nipote di Joseph, la chiamata all'avventura scaturisce dall'esigenza di salvare la madre Holly dalla venefica influenza del redivivo Dio Brando sui discendenti di Jonathan, del cui corpo è riuscito a impossessarsi: un Grand Theft Me, per così dire, che ha determinato il risveglio quasi simultaneo in tutti i Joestar ancora in vita di uno Stand, ovvero un qualche tipo di abilità fuori del comune commisurata all'energia vitale del suo portatore. Jotaro è il possessore di Star Platinum, dotato di grande forza, velocità e precisione; Joseph di Hermit Purple, che gli consente di evocare l'immagine di obiettivi remoti e che pertanto può essere considerato la naturale evoluzione delle sue dilettantesche capacità divinatorie; quanto a Holly, qualunque sia il potere del suo è evidente che non è in grado di controllarlo, circostanza che rende necessario uccidere Dio (del cui Stand nessuno sa nulla) prima che il suo stesso spirito uccida lei [*]. Ma Dio è ben nascosto in Egitto, a diecimila e rotti chilometri di distanza dal Giappone, e come se non bastasse ha disseminato i suoi sgherri lungo tutta la via per impedire allo showdown di avere luogo - e c'è da scommettersi che questi ultimi faranno di tutto per aggiudicarsi la sua eterna riconoscenza. Se a ciò aggiungiamo che a ogni Stand corrisponde un arcano maggiore dei tarocchi (ventuno o ventidue in tutto a seconda delle varie scuole di pensiero) e che finiti questi ne subentreranno altri ispirati alle divinità egizie è facile comprendere perché si sia deciso di ricavare due serie soltanto da quest'arco.
Better
Dal punto di vista della narrazione non tanto, perché abbonda di ass pull (non avete bisogno che ve lo traduca, vero?) come al solito, ma gli Stand sono un win a prescindere: al contrario di quanto accade con le Onde Concentriche, che richiedono da parte di chi le esegue uno sforzo più fisico che spirituale, qui non importa quanto sei muscoloso, ma quanto conosci te stesso. (Per non saper né leggere né scrivere, comunque, sia Jotaro che i suoi compagni, compreso il sessantanovenne Joseph, possono apparire agli occhi del fruitore di anime contemporanei ridicolmente ben equipaggiati.) Diventa inoltre fondamentale essere il più duttili possibile dal momento che l'avversario, se non è un idiota - succede anche questo -, farà di tutto per spingerti al limite, e non certo per il gusto di combattere onorevolmente. (Nessuno fa il lavoro sporco per Dio Brando gratis et amore dei, per ricorrere a un non proprio brillante gioco di parole, perché egli stesso disprezza, o forse teme, la gratuità, così come non esistono veri sottoposti ma soltanto pedine più o meno tenute in considerazione.) Se la moralità di "Phantom Blood" e "Battle Tendency", dove praticamente chiunque vive - e muore - secondo un codice ben preciso, vi ha un po' nauseati, troverete senz'altro rigenerante la bassezza dei nemici di Jotaro e la sua crew: avidi, gretti, sociopatici, fanatici, individualisti, codardi, vanesi. Macchiette, certo, ma sarebbe assurdo pretendere di più data la loro obsolescenza programmata.
Dal punto di vista del comparto tecnico, infine, qualche passo avanti rispetto alla serie precedente l'abbiamo fatto: meno CGI alla carlona, meno "QUALITY" - altrimenti conosciuto come "derp" -, meno cali inspiegabili. Effetti visivi, sonoro e doppiaggio rimangono invece ottimi. Bella anche l'opening dal lieve sentore di shōnen d'annata e geniale l'idea di utilizzare "Walk like an Egyptian" della Bangles come ending. (Hail 2 U, David. E adesso per favore non calare la barra a gennaio.) La fedeltà al manga c'è, ma manca, fortunatamente, dell'imbarazzante pedissequità che in determinati frangenti aveva un po' funestato la serie precedente.
Faster
Paradossalmente sì, o meglio: l'avvicendarsi più o meno episodico dei vari nemici conferisce alla storia un passo bello elastico ma non esageratamente lungo, dimodoché l'attesa dello scontro finale tra Dio e Jotaro non pesi eccessivamente. Tra l'altro nel mezzo c'è anche un po' di character development, quantunque fisiologicamente in dosi minori rispetto ai due prequel, e anzi alcuni personaggi, come ad esempio Polnareff, rendono quasi meglio in questo formato piuttosto che su carta. E lo dice una a cui il francesino non è che abbia mai sfagiolato un granché.
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Fermo restando che a livello di vibrazioni "Battle Tendency" rimane per me insuperabile (bella forza, c'è Joseph che è uno spettacolo dal primo all'ultimo pannello/frame... ), la "biodiversità" di "Stardust Crusaders", unita a questa sua atmosfera sempre molto bighellona e marantica, offre una varietà davvero incredibile di situazioni ancora più strampalate - pardon, bizzarre - rispetto a quelle a cui credevamo di esserci abituati. Per un fan della saga poterle gustare in movimento, a colori e col giusto sottofondo musicale - fenomenali a quest'ultimo proposito gli episodi 21 e 22 - è quanto di più gratificante possa esistere.
Per concludere
Chi legge "Jojo" sa che ogni serie è diversa dall'altra e che pertanto i vari raffronti, per quanto inevitabili, lasciano sempre un po' il tempo che trovano. "Stardust Crusaders" solitamente piace molto perché è la prima ad introdurre gli Stand e perché Jotaro è, per così dire, un eroe già pronto all'uso: è fortissimo, ha aplomb, sa sempre cosa fare, non si perde in smancerie col nemico... per contro, però, risulta piuttosto statico se paragonato ai suoi predecessori, cosa che i fan dell'introspezione - tipo io - potrebbero far fatica a mandar giù. Ebbene, prendetene atto: "Stardust Crusaders" è una serie blockbuster, e se sarete abbastanza onesti con voi stessi da accettarla così come vi viene presentata non vi deluderà. Non è un crimine avere contenuti limitati. Non è un crimine indulgere in un po' di trash. E d'altra parte se non siete disposti a mettervi in discussione assieme a(i) Jojo forse questa saga non fa per voi... ma nemmeno questo è un crimine.
[*] Attenzione, possibili spoiler relativi alla saga nel suo insieme Ebbene sì, questa donna ha meno combattività di un orangutan, un bebè, un cane e un uccello - questi ultimi due però li vedremo in azione a partire dal prossimo inverno -, e questo limitandoci soltanto all'arco in questione, perché altrimenti la lista comprenderebbe anche due ratti, una bambina invisibile, un gatto morto, una colonia di plancton, degli alberi, una tartaruga... e dire che è figlia di Joseph e nipote di Lisa Lisa, mica cotiche. Fine spoiler