Recensione
Glasslip
4.0/10
Dove è finito il tempo delle mele? Il tempo dei primi batticuori, dei primi baci, della spensieratezza di vivere una età piena di sorprese e aspettative?
Glasslip poteva tranquillamente ambire a tutto questo, anzi, il trailer aveva fatto presagire uno sviluppo interessante della storia, soprattutto per quanto riguarda le tematiche adolescenziali, ed invece, dopo due episodi, ci si ritrova a guardare un agglomerato privo di senso, condito da teorie fantascientifiche e una costruzione narrativa basata sul nulla cosmico, segno evidente che dopo il grande Karekano non ci sono stati più anime scolastici in grado di affrontare seriamente un periodo essenziale della propria crescita, meraviglioso, ma allo stesso tempo delicato.
In questo anime si va avanti a suon di teorie psichiche, governate dalla confusione assoluta di una sceneggiatura prodotta da una cena indigesta, con la tenue speranza di emulare i deliri onirici di Salvador Dalì per ricavarne un inaspettato successo. Il problema è che Dalì era Dalì. Questo assomiglia, senza il minimo dubbio, al festival delle assurdità.
I cinque personaggi (sinceramente ben assortiti) sentono ad un certo punto, che i loro legami instaurati nell'infanzia devono salire di livello e aprirsi a nuove prospettive. Direzione assolutamente sensata, che poteva veramente creare la differenza e proporre una trama interessante. Al contrario, ci si focalizza sui modi strampalati di Kakeru, il nuovo arrivato, e la sua relazione con la protagonista Touko, incentrata su enigmi e quesiti mai del tutto risolti in tredici episodi.
Solo questo aspetto vi provocherà un leggero nervosismo, anche perché le risposte quando arrivano non sfiorano nessuna logica, come del resto altre situazioni, tipo l'improvvisa apparizione (solo per movimentare il lento e pesante, pesante, ripeto pesante, svolgersi della vicenda) della sorellina di Touko, ignorata persino dai tombini, che ad un certo punto, verso la fine, decide con addosso solo un costume da bagno, di rincorrere in bici Yukinari per urlare la sua fighezza.
Alè!
Comunque, giusto per continuare a farci del male, l'altra pecca riguarda il sonoro, focalizzato solo su uno dei Notturni di Chopin, fantastico, ma ripetuto sino all'esasperazione. Se io fossi Chopin chiederei un risarcimento per danni morali, anche se sono morto da più di duecento anni.
L'unica nota positiva è la citazione di un quadro di Escher "Cielo ed acqua" presente in quella specie di faro. Invece, l'arte del vetro ha, purtroppo, il triste compito di incrementare le allucinanti visioni. E meno male che Edith Piaf scrisse la "Vie en Rose" perché sosteneva che quando siamo innamorati vediamo la vita in rosa. Non parlava sicuramente del ciondolo rosa di Glasslip.
Glasslip poteva tranquillamente ambire a tutto questo, anzi, il trailer aveva fatto presagire uno sviluppo interessante della storia, soprattutto per quanto riguarda le tematiche adolescenziali, ed invece, dopo due episodi, ci si ritrova a guardare un agglomerato privo di senso, condito da teorie fantascientifiche e una costruzione narrativa basata sul nulla cosmico, segno evidente che dopo il grande Karekano non ci sono stati più anime scolastici in grado di affrontare seriamente un periodo essenziale della propria crescita, meraviglioso, ma allo stesso tempo delicato.
In questo anime si va avanti a suon di teorie psichiche, governate dalla confusione assoluta di una sceneggiatura prodotta da una cena indigesta, con la tenue speranza di emulare i deliri onirici di Salvador Dalì per ricavarne un inaspettato successo. Il problema è che Dalì era Dalì. Questo assomiglia, senza il minimo dubbio, al festival delle assurdità.
I cinque personaggi (sinceramente ben assortiti) sentono ad un certo punto, che i loro legami instaurati nell'infanzia devono salire di livello e aprirsi a nuove prospettive. Direzione assolutamente sensata, che poteva veramente creare la differenza e proporre una trama interessante. Al contrario, ci si focalizza sui modi strampalati di Kakeru, il nuovo arrivato, e la sua relazione con la protagonista Touko, incentrata su enigmi e quesiti mai del tutto risolti in tredici episodi.
Solo questo aspetto vi provocherà un leggero nervosismo, anche perché le risposte quando arrivano non sfiorano nessuna logica, come del resto altre situazioni, tipo l'improvvisa apparizione (solo per movimentare il lento e pesante, pesante, ripeto pesante, svolgersi della vicenda) della sorellina di Touko, ignorata persino dai tombini, che ad un certo punto, verso la fine, decide con addosso solo un costume da bagno, di rincorrere in bici Yukinari per urlare la sua fighezza.
Alè!
Comunque, giusto per continuare a farci del male, l'altra pecca riguarda il sonoro, focalizzato solo su uno dei Notturni di Chopin, fantastico, ma ripetuto sino all'esasperazione. Se io fossi Chopin chiederei un risarcimento per danni morali, anche se sono morto da più di duecento anni.
L'unica nota positiva è la citazione di un quadro di Escher "Cielo ed acqua" presente in quella specie di faro. Invece, l'arte del vetro ha, purtroppo, il triste compito di incrementare le allucinanti visioni. E meno male che Edith Piaf scrisse la "Vie en Rose" perché sosteneva che quando siamo innamorati vediamo la vita in rosa. Non parlava sicuramente del ciondolo rosa di Glasslip.