Recensione
"Evidentemente lei, dottore, non è mai stato una ragazzina di tredici anni."
(Jeffrey Eugenides, "Le vergini suicide")
"A Lollipop or a Bullet" non si limita a parlare di proiettili edulcorati: è esso stesso "Un qualcosa a base di zucchero che non riempie affatto lo stomaco", per dirla con le parole del fratello della giovanissima protagonista - che poi come definizione lascia alquanto a desiderare, giacché può voler dire tutto e niente, ma direi che non è il caso di andare a cercare il pelo nell'uovo. E sì che come titolo può vantare innumerevoli corde al suo arco, quali, ad esempio, un valido spunto iniziale, dei margini di manovra più che dignitosi e, ultimo ma non ultimo, un gradevolissimo comparto grafico. Per avere un'idea più precisa di cosa possa essere andato storto dovrei conoscere il racconto da cui è tratto, ma poiché così non è la mia opinione è che per troppa smania di arrivare dappertutto Kazuki Sakuraba, autrice di entrambi, non sia riuscita ad arrivare decentemente da nessuna parte, come del resto può capitare anche quando si hanno le migliori intenzioni di questo mondo.
Nagisa Yamada non vede l'ora di finire le scuole medie per potersi arruolare delle Forze di Difesa, in modo da non essere più di peso alla madre il cui magro stipendio costituisce l'unica entrata su cui la sua famiglia possa contare. Il padre pescatore, infatti, è morto dieci anni addietro nel corso di una tempesta, mentre il fratello Tomohiko è un hikikomori. Un giorno nella sua classe arriva Mozuku Umino, ricca ed eccentrica figlia di un cantante il cui brano più famoso, "Le ossa della sirena", è un intrigante mix d'amore, realismo magico e cannibalismo: la ragazza stessa, che non sembra darsi pensiero della sua scarsa propensione ai rapporti interpersonali, ama definirsi una donna-pesce a cui, come spiega ad un'incredula e infastidita Nagisa, è stato concesso di vivere da umana per un mese, al termine del quale un'altra tempesta si abbatterà sulla costa costringendola a fare definitivamente ritorno al mare. Se tuttavia per allora riuscisse a trovare un'amica il sortilegio che pende sulla sua testa come una spada di Damocle verrebbe annullato. All'inizio Nagisa non vuole saperne, ma col passare del tempo si ritroverà suo malgrado sempre più invischiata nella ragnatela di stucchevoli mezze verità ordite dall'altra, la cui vita, a dispetto delle apparenze, è tutt'altro che rose e fiori.
A un tema tutto sommato blando come quello della fatica di crescere ne vengono affiancati altri molto più spinosi come il complesso di Elettra, la violenza sui minori, la Sindrome di Stoccolma e, più in generale, il pressappochismo non sempre privo di malizia con cui certi adulti esercitano - o non esercitano - la propria autorità. L'approccio di "A Lollipop or a Bullet" agli stessi è senza dubbio originale, ma una volta dissipato l'alone di mistero che circonda Mozuku si rimane stupiti dalla superficialità con cui vengono trattati i suoi problemi, accatastati l'uno sull'altro come una pila di piatti sporchi al solo scopo di rendere il suo personaggio il più tragico possibile. Ebbene, Sakuraba sensei, lasci che le riveli un segreto: troppe disgrazie creano assuefazione, e l'assuefazione porta dritta dritta alla noia. Che dire poi della totale gratuità di certe scene? Davvero non era possibile veicolare in altro modo il messaggio ivi contenuto?
Ho avuto tredici anni anch'io, e al pari di Nagisa non posso dire che sia stata una passeggiata di salute. Proprio per questo, tuttavia, tendo a considerarla una narratrice onesta ma inaffidabile, caratteristica che, com'è ovvio, si ripercuote sulla resa psicologica sua e degli altri personaggi: non sono sicura che il suo quadro della situazione sia così accurato come sembra, poiché a mio avviso viene fatta maturare troppo e soprattutto troppo in fretta. A tale proposito considero emblematica l'ambiguità che caratterizza la sua opinione di Tomohiko, da lei ammirato per la sua decisione di non venire più contaminato dalle brutture del mondo e bollato, al tempo stesso, come un peso morto; se da una parte la sua giovane età giustifica una simile confusione, dall'altra la godibilità - e di conseguenza la valutazione - del manga può risultarne in qualche modo compromessa.
Semplicemente delizioso il tratto di Igura Sugimoto, la cui puntualità dà quasi l'impressione di essere connaturata sia per quanto riguarda i disegni che la concezione delle tavole. Molto belle anche le pagine a colori, di cui solitamente non sono una grande estimatrice, nella loro sobria luminosità.
Non è mia abitudine parlare dell'edizione e del prezzo di un manga, poiché ritengo un po' scorretto, se non addirittura inelegante, lasciare che queste specifiche che non hanno nulla a che vedere con il suo contenuto condizionino il lettore in un senso o in un altro. Questa volta, tuttavia, mi sento di fare uno strappo alla regola, soprattutto in merito al secondo, che ho trovato eccessivo per la timidezza e per l'approssimazione con cui l'enorme potenziale di questa storia è stato esplorato, per non parlare dell'inutile e francamente inguardabile colorazione blu e rosa conferita al bordo delle pagine, che come spesso accade con gli albi della Planet Manga perdono facilmente inchiostro. "A Lollipop or a Bullet" è certamente un manga che vale la pena di provare a leggere se si è alla ricerca di una storia drammatica con una marcia in più rispetto alle altre, ma a mio modo di vedere non vale i quindici euro che l'acquisto dei suoi due volumi richiede.
(Jeffrey Eugenides, "Le vergini suicide")
"A Lollipop or a Bullet" non si limita a parlare di proiettili edulcorati: è esso stesso "Un qualcosa a base di zucchero che non riempie affatto lo stomaco", per dirla con le parole del fratello della giovanissima protagonista - che poi come definizione lascia alquanto a desiderare, giacché può voler dire tutto e niente, ma direi che non è il caso di andare a cercare il pelo nell'uovo. E sì che come titolo può vantare innumerevoli corde al suo arco, quali, ad esempio, un valido spunto iniziale, dei margini di manovra più che dignitosi e, ultimo ma non ultimo, un gradevolissimo comparto grafico. Per avere un'idea più precisa di cosa possa essere andato storto dovrei conoscere il racconto da cui è tratto, ma poiché così non è la mia opinione è che per troppa smania di arrivare dappertutto Kazuki Sakuraba, autrice di entrambi, non sia riuscita ad arrivare decentemente da nessuna parte, come del resto può capitare anche quando si hanno le migliori intenzioni di questo mondo.
Nagisa Yamada non vede l'ora di finire le scuole medie per potersi arruolare delle Forze di Difesa, in modo da non essere più di peso alla madre il cui magro stipendio costituisce l'unica entrata su cui la sua famiglia possa contare. Il padre pescatore, infatti, è morto dieci anni addietro nel corso di una tempesta, mentre il fratello Tomohiko è un hikikomori. Un giorno nella sua classe arriva Mozuku Umino, ricca ed eccentrica figlia di un cantante il cui brano più famoso, "Le ossa della sirena", è un intrigante mix d'amore, realismo magico e cannibalismo: la ragazza stessa, che non sembra darsi pensiero della sua scarsa propensione ai rapporti interpersonali, ama definirsi una donna-pesce a cui, come spiega ad un'incredula e infastidita Nagisa, è stato concesso di vivere da umana per un mese, al termine del quale un'altra tempesta si abbatterà sulla costa costringendola a fare definitivamente ritorno al mare. Se tuttavia per allora riuscisse a trovare un'amica il sortilegio che pende sulla sua testa come una spada di Damocle verrebbe annullato. All'inizio Nagisa non vuole saperne, ma col passare del tempo si ritroverà suo malgrado sempre più invischiata nella ragnatela di stucchevoli mezze verità ordite dall'altra, la cui vita, a dispetto delle apparenze, è tutt'altro che rose e fiori.
A un tema tutto sommato blando come quello della fatica di crescere ne vengono affiancati altri molto più spinosi come il complesso di Elettra, la violenza sui minori, la Sindrome di Stoccolma e, più in generale, il pressappochismo non sempre privo di malizia con cui certi adulti esercitano - o non esercitano - la propria autorità. L'approccio di "A Lollipop or a Bullet" agli stessi è senza dubbio originale, ma una volta dissipato l'alone di mistero che circonda Mozuku si rimane stupiti dalla superficialità con cui vengono trattati i suoi problemi, accatastati l'uno sull'altro come una pila di piatti sporchi al solo scopo di rendere il suo personaggio il più tragico possibile. Ebbene, Sakuraba sensei, lasci che le riveli un segreto: troppe disgrazie creano assuefazione, e l'assuefazione porta dritta dritta alla noia. Che dire poi della totale gratuità di certe scene? Davvero non era possibile veicolare in altro modo il messaggio ivi contenuto?
Ho avuto tredici anni anch'io, e al pari di Nagisa non posso dire che sia stata una passeggiata di salute. Proprio per questo, tuttavia, tendo a considerarla una narratrice onesta ma inaffidabile, caratteristica che, com'è ovvio, si ripercuote sulla resa psicologica sua e degli altri personaggi: non sono sicura che il suo quadro della situazione sia così accurato come sembra, poiché a mio avviso viene fatta maturare troppo e soprattutto troppo in fretta. A tale proposito considero emblematica l'ambiguità che caratterizza la sua opinione di Tomohiko, da lei ammirato per la sua decisione di non venire più contaminato dalle brutture del mondo e bollato, al tempo stesso, come un peso morto; se da una parte la sua giovane età giustifica una simile confusione, dall'altra la godibilità - e di conseguenza la valutazione - del manga può risultarne in qualche modo compromessa.
Semplicemente delizioso il tratto di Igura Sugimoto, la cui puntualità dà quasi l'impressione di essere connaturata sia per quanto riguarda i disegni che la concezione delle tavole. Molto belle anche le pagine a colori, di cui solitamente non sono una grande estimatrice, nella loro sobria luminosità.
Non è mia abitudine parlare dell'edizione e del prezzo di un manga, poiché ritengo un po' scorretto, se non addirittura inelegante, lasciare che queste specifiche che non hanno nulla a che vedere con il suo contenuto condizionino il lettore in un senso o in un altro. Questa volta, tuttavia, mi sento di fare uno strappo alla regola, soprattutto in merito al secondo, che ho trovato eccessivo per la timidezza e per l'approssimazione con cui l'enorme potenziale di questa storia è stato esplorato, per non parlare dell'inutile e francamente inguardabile colorazione blu e rosa conferita al bordo delle pagine, che come spesso accade con gli albi della Planet Manga perdono facilmente inchiostro. "A Lollipop or a Bullet" è certamente un manga che vale la pena di provare a leggere se si è alla ricerca di una storia drammatica con una marcia in più rispetto alle altre, ma a mio modo di vedere non vale i quindici euro che l'acquisto dei suoi due volumi richiede.