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3.0/10
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Attenzione, possibili spoiler

Sul fronte sentimentale le donne, già di per sé aduse a vivere una vita a compartimenti stagni, si dividono essenzialmente in due macrocategorie: da una parte le Madri, dall'altra le Amanti. Un'intersezione tra i due insiemi è possibile, naturalmente, ma difficile da ottenere in natura giacché la tendenza a far prevalere una delle due, anche soltanto a livello inconscio, è molto forte. Di certo non funziona come in "La mia Maetel - Me-teru no Kimochi", in cui in nome del fanservice, nel quale Hiroya Oku ama indulgere, è la trama a decidere per la deuteragonista, con buona pace di uno scavo introspettivo degno di questo nome. Avremo tuttavia modo di vedere che se Sparta piange Atene non ride, circostanza che rende questo manga di una pochezza a dir poco scandalosa.

Da quindici anni Shintaro Koizumi si rifiuta di uscire dalla sua stanza, con somma preoccupazione di suo padre Yasujiro che non sa più cosa inventarsi per convincerlo a prendere finalmente in mano le redini di una vita che, giorno dopo giorno, sfugge vieppiù al suo controllo. Ne consegue che a trent'anni egli sia ancora ben lontano dall'acquisire la maturità che in circostanze normali dovrebbe essergli propria già da molto tempo, come dimostrano i puerili ricatti a cui sottopone il genitore che, per ragioni non meglio specificate, ritiene responsabile della morte della madre, evento alle origini del suo profondo disagio mentale. Al colmo della disperazione Yasujiro, che pure potrebbe buttarlo fuori di casa in qualsiasi momento in quanto non più legalmente a suo carico, accetta di stringere un bizzarro e decisamente poco ortodosso patto con lui: se riuscirà a trovarsi una nuova compagna l'altro accetterà di abbandonare il suo eremo improvvisato. Ciò che Shintaro non sa, tuttavia, è che da un anno il padre si vede con una sua collega di lavoro, tale Haruka Yoshinaga, più giovane di lui di svariati anni. Preso in contropiede e segretamente invidioso di lui, in procinto di sposarsi con la giovane, il ragazzo si rifiuta però di onorare la sua parte dell'accordo, sostenendo che ci sia qualcosa sotto.
La felicità degli sposi novelli dura soltanto cinque giorni, dopodiché Yasujiro, malato da tempo, muore. Pur non avendo alcun obbligo verso il figliastro Haruka decide comunque di rimanere in casa Koizumi per occuparsene, vincendo pian piano ogni sua reticenza fino ad instaurare con lui un rapporto molto speciale.

L'argomento è complesso e certamente non alla portata di tutti gli autori, ma non è questo il punto: da parte di Oku sembra infatti mancare la voglia di andare oltre gli stereotipi che una figura potenzialmente intrigante e divisiva come Shintaro richiama alla mente, dimodoché il suo personaggio, oltre che piatto, risulta incomprensibile al lettore che, impossibilitato ad empatizzare con lui, si ritrova a provare nei suoi confronti una viscerale e quasi fiera avversione. Può il dolore per la perdita di una persona cara essere sufficiente a causare in un ragazzo tutt'altro che problematico o impopolare qual'era Shintaro prima della morte della madre una regressione psicologica tale da sfociare in quindici anni di recriminazioni a vuoto e di cattiverie gratuite ai danni di un uomo fino a prova contraria senza colpe? E nel caso che Yasujiro ne abbia, perché non ne veniamo messi a conoscenza? Come se ciò non bastasse se da una parte è comprensibile, quantunque sconfortante, che le priorità di Shintaro siano state falsate dalla sua autoindotta inettitudine sociale, rendendolo di fatto più simile a un animale che a un essere umano, dall'altra il modo in cui esse prendono il sopravvento su tutto il resto nel tentativo di regalare al pubblico un po' di romanticismo scadente con contorno di poppe porta a un'inopportuna e altresì pericolosa banalizzazione di una piaga sociale, quella degli hikikomori, che di certo non ha bisogno di essere fatta oggetto di ulteriore disinformazione o di essere tirata in ballo più o meno a sproposito come in tempi recenti è successo, ad esempio, alla psicosi-maniaco depressiva e alla Sindrome di Asperger (per quanto riguarda quest'ultima: sì, cari bronies, sto guardando proprio voi).
Anche Haruka sarebbe un personaggio promettente, se solo il suo unico scopo non fosse quello di a regalare a Shintaro un interesse sentimentale che più tirato per i capelli di così non si può. Il motivo per cui si mette con Yasujiro, del resto, è altrettanto nebuloso, invero più per come viene trattato che per la sua effettiva validità. Stiamo parlando di una ragazza di ventitré anni - che incidentalmente è anche l'età di chi scrive - alle prese non solo con la vedovanza, ma anche e soprattutto con una persona dal disperato bisogno di un adeguato supporto psicologico. E invece no, qui basta giocare ai fidanzati con il "povero piccolo" - ovviamente bruciando tutte le tappe - affinché il suddetto diventi finalmente la personcina assennata che in tutti questi anni né il padre né i vari terapeuti a cui questi si è affidato sono riusciti a far emergere. E il lutto per la madre? E la critica alla società, a cui il ragazzo ha la faccia tosta di sentirsi superiore pur rifuggendo il confronto con essa? Bella morale davvero, non c'è che dire, anche se è con la storia della scommessa che si raschia davvero il fondo del barile.
Va da sé che con un comparto psicologico così poco accurato la credibilità dell'impianto narrativo, peraltro poverissimo, è nulla, ragion per cui ho ritenuto che non valesse la pena dedicargli una sezione a sé stante come invece sono solita fare. C'è un solo motivo per cui la lettura integrale de "La mia Maetel" richiede tre quarti d'ora a tirare: a livello contenutistico non c'è assolutamente nulla su cui soffermarsi, nulla che faccia riflettere o che causi il benché minimo guizzo di partecipazione da parte di chi legge. Tante sarebbero le domande a cui rispondere, ma a quanto pare la voglia di Oku di mettercisi di buzzo buono è inversamente proporzionale al numero delle stesse.

Se invece per contenuti si intendono le grazie di Haruka, beh, il discorso cambia: il suo viso d'angelo, i suoi lunghi capelli fluenti e soprattutto i suoi novantotto centimetri di circonferenza seno nulla hanno a che vedere con l'archetipo della matrigna brutta sia fuori che dentro tanto caro a certe opere di finzione. La cosa è senza dubbio molto conveniente per Shintaro, ma è di Oku che stiamo parlando, dopotutto, inoltre a fronte di un intreccio e di una psicologia così scadenti direi che il cosiddetto "author appeal" è l'ultimo dei problemi. Personalmente come tratto non mi dispiace, anche se nel caso specifico, in assenza di alieni e di splatter, l'ho trovato ridicolmente pulito per risultare davvero incisivo. Inutile dire che la regia delle tavole, generalmente dignitosa, si fa ispirata soltanto quando c'è da mettere in mostra gli "argomenti" di Haruka, come brillantemente dimostrato nella prima parte del terzo volume.

In conclusione: non leggetelo. Il fatto che non porta via né troppo tempo né spazio non significa che non possiate fare un uso più proficuo di entrambi, per non parlare dei quasi venti euro che vi verrebbe a costare.