Recensione
Kodomo no Omocha, o Kodocha, com'è solita chiamare l'opera la mangaka Miho Obana, sua autrice, è la serie da cui è stata tratta la serie animata nota in Italia con il nome di Rossana.
Come spesso succede, però, le differenze tra la serie animata e i manga sono molti, ma in questo caso, quasi si potrebbe parlare di due opere completamente differenti.
I personaggi sono gli stessi, sebbene i nomi nell'anime siano stati cambiati radicalmente per renderli più vicini alla cultura occidentale. La protagonista dell'opera è Sana (che sarebbe Rossana), una giovane bambina di 12 anni famosa per la sua inguaribile allegria e per la sua promettente carriera da attrice.
Proprio come nell'anime, Sana è sempre sorridente e affronta tutto con il buonumore, quasi non si preoccupasse di nulla, ma avanzando nella storia si scoprirà che, dietro quel sorriso, sono nascoste molte cose.
Altro personaggio principale è Akito Hayama (l'Erik della serie animata), un ragazzo suo compagno di classe che, almeno all'apparenza, è l'opposto della piccola e allegra Sana. Akito, infatti, è un ragazzo tetro, chiuso, l'ispiratore di un gruppetto di bulli che ha instaurato nella classe di Sana un regime dittatoriale sul quale nemmeno la timida e inesperta maestra riesce a contrastare.
Proprio in questa situazione prende il via la storia, con Sana che decide di ribellarsi a tutto ciò, scontrandosi direttamente con Akito.
Partendo da questa semplice vicenda, la storia seguirà l'evoluzione di questi due personaggi, sempre più legati l'uno all'altro dal classico rapporto di amore-odio tipico di queste storie, affiancandosi a numerosi personaggi di vario spessore e caratterizzazione, ma senza mai scostarsi di molto dal nocciolo dell'opera.
Sì, perché, essenzialmente, l'opera tratta del difficile rapporto tra i due bambini, entrambi segnati da profonde difficoltà e problemi spesso troppo grandi per loro, ma che consentiranno loro di dimostrare la loro maturità spesso più sviluppata di quella degli adulti, spesso dipinti nell'opera come i veri bambini superficiali e incapaci.
Il tono dell'opera è sempre ilare e giocoso, condito da molti siparietti comici e interventi dell'autrice al limite del non-sense, ma dietro quest'apparente gioiosità e leggerezza, si nascondono risvolti cupi e tenebrosi, argomenti delicati e momenti di profonda sofferenza.
Proprio questa simbiosi tra allegria e tristezza, spensieratezza e maturità, rende da un lato l'opera unica nel suo genere, in grado di affrontare temi tutt'altro che semplici e leggeri con un tono canzonatorio, ma senza mai prenderle alla leggera.
D'altro canto, però, questo rende il tutto anche di difficile interpretazione, obbligando il lettore a impegnarsi a fondo nella lettura, per non finire sopraffatto dai tanti, forse troppi intermezzi comici della vicenda.
Tuttavia, sebbene questo grosso limite, l'opera riesce a dipingere con successo il modo di vedere la realtà dei bambini, le loro certezze che tutto quanto ruoti solo attorno a loro, il loro modo di ingigantire i problemi più semplici e di sminuire le vere difficoltà, il loro non prendersi mai troppo sul serio.
Solo negli ultimi volumi dell'opera, poco dopo la metà, si registra un marcato cambio di stile. La serietà comincia a prendere sempre più spazio tra le pagine, limitando i siparietti a quella che deve essere la loro funzione di semplici momenti di stacco, segnando una profonda maturazione anche dell'autrice stessa, che mostra finalmente tutte le sue capacità finora solo accennate, sebbene la storia non si stacchi molto dai soliti canoni del genere.
In sostanza, l'opera è meritevole di essere letta, soprattutto da un pubblico maturo, in grado di cogliere quelle sfumature nascoste nella trama, un pubblico che sappia chiudere un occhio sugli eccessi dell'autrice e su dei disegni non proprio impeccabili, tipici anch'essi del genere. Se affrontato con questo spirito, l'opera si rivelerà ben più di quella storia frivola che viene trasmessa dalla serie animata, mostrando qualche volta anche qualche piccolo spunto di riflessione.
Come spesso succede, però, le differenze tra la serie animata e i manga sono molti, ma in questo caso, quasi si potrebbe parlare di due opere completamente differenti.
I personaggi sono gli stessi, sebbene i nomi nell'anime siano stati cambiati radicalmente per renderli più vicini alla cultura occidentale. La protagonista dell'opera è Sana (che sarebbe Rossana), una giovane bambina di 12 anni famosa per la sua inguaribile allegria e per la sua promettente carriera da attrice.
Proprio come nell'anime, Sana è sempre sorridente e affronta tutto con il buonumore, quasi non si preoccupasse di nulla, ma avanzando nella storia si scoprirà che, dietro quel sorriso, sono nascoste molte cose.
Altro personaggio principale è Akito Hayama (l'Erik della serie animata), un ragazzo suo compagno di classe che, almeno all'apparenza, è l'opposto della piccola e allegra Sana. Akito, infatti, è un ragazzo tetro, chiuso, l'ispiratore di un gruppetto di bulli che ha instaurato nella classe di Sana un regime dittatoriale sul quale nemmeno la timida e inesperta maestra riesce a contrastare.
Proprio in questa situazione prende il via la storia, con Sana che decide di ribellarsi a tutto ciò, scontrandosi direttamente con Akito.
Partendo da questa semplice vicenda, la storia seguirà l'evoluzione di questi due personaggi, sempre più legati l'uno all'altro dal classico rapporto di amore-odio tipico di queste storie, affiancandosi a numerosi personaggi di vario spessore e caratterizzazione, ma senza mai scostarsi di molto dal nocciolo dell'opera.
Sì, perché, essenzialmente, l'opera tratta del difficile rapporto tra i due bambini, entrambi segnati da profonde difficoltà e problemi spesso troppo grandi per loro, ma che consentiranno loro di dimostrare la loro maturità spesso più sviluppata di quella degli adulti, spesso dipinti nell'opera come i veri bambini superficiali e incapaci.
Il tono dell'opera è sempre ilare e giocoso, condito da molti siparietti comici e interventi dell'autrice al limite del non-sense, ma dietro quest'apparente gioiosità e leggerezza, si nascondono risvolti cupi e tenebrosi, argomenti delicati e momenti di profonda sofferenza.
Proprio questa simbiosi tra allegria e tristezza, spensieratezza e maturità, rende da un lato l'opera unica nel suo genere, in grado di affrontare temi tutt'altro che semplici e leggeri con un tono canzonatorio, ma senza mai prenderle alla leggera.
D'altro canto, però, questo rende il tutto anche di difficile interpretazione, obbligando il lettore a impegnarsi a fondo nella lettura, per non finire sopraffatto dai tanti, forse troppi intermezzi comici della vicenda.
Tuttavia, sebbene questo grosso limite, l'opera riesce a dipingere con successo il modo di vedere la realtà dei bambini, le loro certezze che tutto quanto ruoti solo attorno a loro, il loro modo di ingigantire i problemi più semplici e di sminuire le vere difficoltà, il loro non prendersi mai troppo sul serio.
Solo negli ultimi volumi dell'opera, poco dopo la metà, si registra un marcato cambio di stile. La serietà comincia a prendere sempre più spazio tra le pagine, limitando i siparietti a quella che deve essere la loro funzione di semplici momenti di stacco, segnando una profonda maturazione anche dell'autrice stessa, che mostra finalmente tutte le sue capacità finora solo accennate, sebbene la storia non si stacchi molto dai soliti canoni del genere.
In sostanza, l'opera è meritevole di essere letta, soprattutto da un pubblico maturo, in grado di cogliere quelle sfumature nascoste nella trama, un pubblico che sappia chiudere un occhio sugli eccessi dell'autrice e su dei disegni non proprio impeccabili, tipici anch'essi del genere. Se affrontato con questo spirito, l'opera si rivelerà ben più di quella storia frivola che viene trasmessa dalla serie animata, mostrando qualche volta anche qualche piccolo spunto di riflessione.