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5.0/10
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Una di quelle raccolte a metà fra il "Meh" e il "Che, c'ho scritto Jo Condor sulla fronte?". Del resto non ci vuole un genio per capire che un racconto psicologico che non si dia la pena di creare - e mantenere - la giusta atmosfera è come una crema al maraschino fatta col Mandarinetto Isolabella: un qualquadra che non cosa. O no? E allora perché dei cinque ivi contenuti ce ne sarà forse uno che non lasci sul palato un retrogusto di autogol? Mancanza di idee? Editing castrante? Un po' di incertezza in merito a come collegare fra loro le cinque W? Un brutto caso di Sindrome del Non Finito à la Michelangelo? Una sopravvalutazione delle proprie capacità e/o quelle del lettore di venire incontro all'autore? Se anche ci venisse data una risposta, probabilmente giungerebbe quando siamo fuori casa, per dirla con le parole di Dumas figlio. Evitiamo pertanto di farci altro male e atteniamoci ai fatti, anzi, al fatto, vale a dire che per come si presenta "Fetish" è così scarso da non riuscire neppure a lasciare un segno del suo passaggio nelle mutande del mondo (questo invece è "Rat-man").

1) "OUR VAST LONELINESS"
La storia, e di riflesso il volume, si apre con una perla da fare invidia a Favio Bolo (no, non Fabio, che gli sta come Tigro sta a Shere Khan): "Da un bel po' sono incline a perdere le cose. Sono sempre le cose più importanti che perdo, [ed] è sempre dopo averle perdute che mi rendo conto di quanto significhino per me". Una bella seccatura che col passare del tempo procura allo sbadatello in questione, un ragazzo all'ultimo anno delle superiori, sempre più problemi con gli altri, per non parlare di come, immancabilmente, gli oggetti smarriti ricompaiano in circostanze a dir poco bizzarre. La chiave del mistero pare essere una ragazza che sostiene di essersi conservata illibata per lui pur non avendolo mai visto prima... o forse sì?

L'idea di fondo non è malvagia, ma lo svolgimento denota una frettolosità che di certo non depone a favore del protagonista, che parte ameba per poi evolversi non si sia bene come o perché in un detestabile solipsista senza attributi. Per questa nullità una ragazza ha rinunciato alla propria gioventù nella speranza, un giorno, di potergli donare quanto di più prezioso avesse da offrirgli in quanto donna: perché? Cos'ha visto in lui che non ha ravvisato in nessun altro? Ma soprattutto, perché l'autrice non lo fa vedere anche a noi? Per me, comunque, è la cipolla.

2) "LOVE LETTER"
Una ragazza riacquista la vista grazie a un doppio trapianto di cornea, ma ben presto la visione di se stessa ancora malata inizia a tormentarla ovunque vada. Il suo amichetto suggerisce che il donatore, di cui ovviamente non si conosce l'identità, possa essere stato innamorato di lei a un punto tale da trascendere anche la sua stessa morte.

Il racconto parte bene per poi prendere una piega decisamente criptica, per non dire confusionaria, per non dire pasticciata al massimo. Non vengono avviate indagini di sorta per comprovare o smentire la tesi proposta né vi sono indizi attraverso cui il lettore possa risalire per contro proprio al donatore; quanto alla scena finale, si capisce soltanto che chiunque fosse - ammesso che sia mai esistito - doveva avere una ben strana concezione dell'amore.

3) "ALL OF SULLY/LILY"
Un elusivo scienziato ridicolmente bishōnen si trastulla con una giovane di cui asserisce di essere il padre... e niente, la trama è tutta qui. L'assenza di un qualsivoglia background, in particolare sulle competenze di lui, non consente di tracciare un confine netto tra fantasia e realtà, tra incesto e schiavitù, tra lucidità e follia, rendendo il racconto simile a un hentai malamente mascherato da horror.

4) "AIRPORT"
Un tassista si ritrova a servire due volte la stessa cliente, una donna incinta e presumibilmente molto vicina al termine, nel corso di un'unica giornata. Soltanto una coincidenza? Forse. Il problema, però, è che quando la rivede per la terza volta il suo ventre è piatto e teso come mai potrebbe esserlo quello di una donna che abbia appena partorito. Cos'è successo nel breve lasso di tempo che ha trascorso all'interno dell'aeroporto dove lui l'ha lasciata? È mai esistito il bambino che portava in grembo? E se sì, che fine ha fatto?

Potrebbe essere un capolavoro della suspense come un'emerita trollata. Difficile dirlo dal momento che nelle quindici pagine scarse di cui consta non succede assolutamente nulla.

5) "FETISH"
Che siamo consapevoli o meno, molto spesso le nostre scelte in ambito sentimentale sono condizionate da parametri ben precisi. La protagonista di questa storia, di gran lunga la più riuscita della raccolta, è reduce da un brutto incidente, e sospetta che il ragazzo che le fa il filo sia più attratto dalle sue bende che da quel che si cela al di sotto.

Perché dico che questo è il racconto più riuscito? Perché il finale, pur rimanendo sul vago, mette il lettore di fronte a due uniche, precise alternative, peraltro parimenti valide. Se solo lo scavo introspettivo, una volta tanto non uccel di bosco, fosse stato un pelino più audace sarebbe stato un gioiellino.

Insomma, una Caporetto della spannung, talvolta non pervenuta, talvolta appena appena in grado di accarezzarti la faccia come un debole refolo in un torrido pomeriggio d'estate. Il tratto pulito e aggraziato della Fujiwara, la cui disposizione delle tavole denota sia buon gusto che buon senso, non è però sufficiente a distogliere l'attenzione dalle lacune della stessa come narratrice; tra l'altro quanto a varietà fisiognomica dei personaggi il piatto piange, e parecchio, al punto che si direbbero tutti imparentati fra loro.

Piatto, deludente, senza carattere. Un volume unico che fa pensare alla pasta scotta.