Recensione
Hunter x Hunter (2011)
3.0/10
"Hunter x Hunter" è un'opera che non ha bisogno di presentazioni, partorita come manga nel 1998 dall'abile e sagace Yoshihiro Togashi e già trasposta in un eccellente anime nel 1999, purtroppo rimasto incompiuto a causa della lentezza con cui l'autore originale ha fatto uscire i capitoli, bloccati in numerose pause.
Anziché riprendere la storia da dove si era interrotta dopo così tanti anni (un decennio), si è deciso (giustamente) di far ripartire il brand da capo, in modo da dare anche la possibilità a nuovi fan di affezionarsi, creando un prodotto omogeneo.
Lo Staff è Madhouse, il regista è Hiroshi Koujina, attivo principalmente come supervisore delle animazioni in numerose serie (quella che spicca di più è "City Hunter").
Sicuramente il problema principale di questo prodotto è proprio la regia, che ha il merito di fare anche scelte molto audaci soprattutto sul piano grafico, ma che non regge lontanamente il paragone né con il manga originale né con l'ottima serie diretta da Kazuhiro Furuhashi.
Sul piano grafico si è mantenuto uno stile molto peculiare e caratteristico, immediatamente riconoscibile, fatto di figure slanciate e squadrate, maggiormente in linea con il tratto del manga originale, in cui sentimenti, emozioni e pathos vengono di volta in volta accentuati manipolando l'enfasi della linea, talvolta rimanendo attinenti alle tavole originali di Togashi (a differenza dell'!nime del 1999 che "normalizzava" tutto rendendolo, se volete, un po' più impersonale). La color palette è quantomai bizzarra, anch'essa sicuramente molto peculiarizzata, con un tono generale sempre virante verso il blu, l'azzurro, il violetto (colori freddi) e ponendo un alto contrasto tra colori comprimari decisamente pungenti e aggressivi, con saturazione della gamma sgargiantissima, netta e drastica. Non per tutti i gusti, questo poco ma sicuro, spesso e volentieri il grado di "aggressività" dei contrasti è talmente forte da risultare fastidioso, ma non si può negare che accentui il carattere bizzarro e leggermente kitsch di "Hunter x Hunter".
In particolar modo se si è abituati alla color palette del vecchio anime, qui si rimarrà un po' spiazzati (molte delle capigliature, anche le più normali, cambiano, diventando verde acido o rosa fluo o giallo canarino); la scelta dei colori dei personaggi non è quasi mai generica o realistica.
Graficamente è realizzato benissimo, ma non credete a chi vi dice che le animazioni del 1999 erano peggiori, non sanno quel che dicono e si lasciano annebbiare il giudizio da due fattori: 1- l'anime del 1999 era altalenante, c'erano animazioni realizzate da dio a fianco di robaccia al risparmio; c'erano episodi ottimi e altri mediocri. 2 - l'anime del 1999 era vecchio, semplice, non aveva tutto ciò che il post-effetto digitale può fare per rinvigorire l'immagine o aggiungere dinamicità al pc, mancava praticamente del tutto di effetti speciali.
Ma i picchi nell'abilità e nell'esperienza con cui erano realizzate molte delle animazioni tradizionali del 1999 non sono sfiorate nemmeno per sbaglio in quest'anime, che dal canto suo si mantiene però più equilibrato, omogeneo, senza ricadute e con un'intelligente gestione dei post-effetti (p.s. decisamente invasivi) come motion blur, messe a fuoco, ombre dinamiche, vibrati, gradienti, fumi ed esplosioni, effetti particellari ecc. risultando avere un impatto visivo più "spettacolare".
E in effetti "spettacolare" è la parola chiave di quest'anime, ragione che mi porta a dire che il regista non abbia capito un cavolo.
Questa versione di "Hunter x Hunter" è altisonante. Piena, roboante, pretenziosa.
Non metto in dubbio che (specialmente nella saga delle Formichimere) anche il manga acquisti una sorta di grandiosità che era completamente assente agli inizi, ma quest'anime la incanala fin da subito e la pompa a mille. Risultato: una pretestuosa e smargiassa spacconata ultra-enfatica. Quella che piace tanto ai ragazzini dalla facile presa.
È tutto reso in modo "importante", laddove Togashi "butta via" tutta la sua carne al fuoco, usando come personalissimo stratagemma stilistico proprio la leggerezza e la nonchalance degli eventi e dei suoi personaggi.
Il ritmo questo regista non sa nemmeno cosa sia: se nella prima parte (già esistente nell'anime del 1999) ha voluto andare veloce proprio per evitare (giustamente) una cosa già elaborata e approfondita in passato, persino nell'accelerazione è riuscito a essere inutilmente lento dove non ce n'era alcun bisogno: gli è stato sufficiente seguire il ritmo del manga (che già in soli 100 capitoli fa quello che nell'anime era fatto in 62 puntate) e trascinare fino allo sfinimento tutte le sequenze in cui voleva conferire un pathos. Azioni che possono avvenire in cinque secondi stiracchiate su due o tre minuti di sequenze fossilizzate ed echeggianti, fatte di fermi immagine, pensieri fuori-campo aggiunti, e temi della colonna sonora intenti a raggiungere il climax di una pièce d'orchestra degna della più epica composizione di Carl Orff dedito in un'autoesaltazione delle proprie doti in un'improbabile ensemble con Richard Wagner. Insostenibile. La colonna sonora, fatta di pezzi orchestrati (il compositore è quello di "Death Note" e lo stile è quello; è anche presente il Requiem di Mozart) avrebbe anche dei validi pezzi presi a sé stanti, ma sono la cosa più fuori-tema che si possa concepire, assordanti e insistenti riempiono TUTTI i vuoti del cartone in un continum esasperato senza interruzioni, appesantendolo e contribuendolo a rendere altisonante in un modo che va oltre ogni immaginazione possibile, come se non fosse già eccessivo.
Koujina ha anche scelto di mantenere il narratore del manga, che didascalizza e narra ciò che avviene contribuendo ancora di più a rendere il tutto (inopportunatamente) epico. "Il Signore degli Anelli" non è nulla in confronto.
Molti altri aspetti funzionano, ma veramente, non esagero nel dire che questa dilatazione del ritmo e quest'enfasi inutile ovunque lo rendano a tutti gli effetti inguardabile, distruggendo completamente la validità del prodotto.
Dimenticatelo, non guardatelo: leggete il manga, oppure guardate l'ottima vecchia serie del 1999 (esclusi gli oav di Greed Island). Non abbassatevi a questa tamarrata.
Anziché riprendere la storia da dove si era interrotta dopo così tanti anni (un decennio), si è deciso (giustamente) di far ripartire il brand da capo, in modo da dare anche la possibilità a nuovi fan di affezionarsi, creando un prodotto omogeneo.
Lo Staff è Madhouse, il regista è Hiroshi Koujina, attivo principalmente come supervisore delle animazioni in numerose serie (quella che spicca di più è "City Hunter").
Sicuramente il problema principale di questo prodotto è proprio la regia, che ha il merito di fare anche scelte molto audaci soprattutto sul piano grafico, ma che non regge lontanamente il paragone né con il manga originale né con l'ottima serie diretta da Kazuhiro Furuhashi.
Sul piano grafico si è mantenuto uno stile molto peculiare e caratteristico, immediatamente riconoscibile, fatto di figure slanciate e squadrate, maggiormente in linea con il tratto del manga originale, in cui sentimenti, emozioni e pathos vengono di volta in volta accentuati manipolando l'enfasi della linea, talvolta rimanendo attinenti alle tavole originali di Togashi (a differenza dell'!nime del 1999 che "normalizzava" tutto rendendolo, se volete, un po' più impersonale). La color palette è quantomai bizzarra, anch'essa sicuramente molto peculiarizzata, con un tono generale sempre virante verso il blu, l'azzurro, il violetto (colori freddi) e ponendo un alto contrasto tra colori comprimari decisamente pungenti e aggressivi, con saturazione della gamma sgargiantissima, netta e drastica. Non per tutti i gusti, questo poco ma sicuro, spesso e volentieri il grado di "aggressività" dei contrasti è talmente forte da risultare fastidioso, ma non si può negare che accentui il carattere bizzarro e leggermente kitsch di "Hunter x Hunter".
In particolar modo se si è abituati alla color palette del vecchio anime, qui si rimarrà un po' spiazzati (molte delle capigliature, anche le più normali, cambiano, diventando verde acido o rosa fluo o giallo canarino); la scelta dei colori dei personaggi non è quasi mai generica o realistica.
Graficamente è realizzato benissimo, ma non credete a chi vi dice che le animazioni del 1999 erano peggiori, non sanno quel che dicono e si lasciano annebbiare il giudizio da due fattori: 1- l'anime del 1999 era altalenante, c'erano animazioni realizzate da dio a fianco di robaccia al risparmio; c'erano episodi ottimi e altri mediocri. 2 - l'anime del 1999 era vecchio, semplice, non aveva tutto ciò che il post-effetto digitale può fare per rinvigorire l'immagine o aggiungere dinamicità al pc, mancava praticamente del tutto di effetti speciali.
Ma i picchi nell'abilità e nell'esperienza con cui erano realizzate molte delle animazioni tradizionali del 1999 non sono sfiorate nemmeno per sbaglio in quest'anime, che dal canto suo si mantiene però più equilibrato, omogeneo, senza ricadute e con un'intelligente gestione dei post-effetti (p.s. decisamente invasivi) come motion blur, messe a fuoco, ombre dinamiche, vibrati, gradienti, fumi ed esplosioni, effetti particellari ecc. risultando avere un impatto visivo più "spettacolare".
E in effetti "spettacolare" è la parola chiave di quest'anime, ragione che mi porta a dire che il regista non abbia capito un cavolo.
Questa versione di "Hunter x Hunter" è altisonante. Piena, roboante, pretenziosa.
Non metto in dubbio che (specialmente nella saga delle Formichimere) anche il manga acquisti una sorta di grandiosità che era completamente assente agli inizi, ma quest'anime la incanala fin da subito e la pompa a mille. Risultato: una pretestuosa e smargiassa spacconata ultra-enfatica. Quella che piace tanto ai ragazzini dalla facile presa.
È tutto reso in modo "importante", laddove Togashi "butta via" tutta la sua carne al fuoco, usando come personalissimo stratagemma stilistico proprio la leggerezza e la nonchalance degli eventi e dei suoi personaggi.
Il ritmo questo regista non sa nemmeno cosa sia: se nella prima parte (già esistente nell'anime del 1999) ha voluto andare veloce proprio per evitare (giustamente) una cosa già elaborata e approfondita in passato, persino nell'accelerazione è riuscito a essere inutilmente lento dove non ce n'era alcun bisogno: gli è stato sufficiente seguire il ritmo del manga (che già in soli 100 capitoli fa quello che nell'anime era fatto in 62 puntate) e trascinare fino allo sfinimento tutte le sequenze in cui voleva conferire un pathos. Azioni che possono avvenire in cinque secondi stiracchiate su due o tre minuti di sequenze fossilizzate ed echeggianti, fatte di fermi immagine, pensieri fuori-campo aggiunti, e temi della colonna sonora intenti a raggiungere il climax di una pièce d'orchestra degna della più epica composizione di Carl Orff dedito in un'autoesaltazione delle proprie doti in un'improbabile ensemble con Richard Wagner. Insostenibile. La colonna sonora, fatta di pezzi orchestrati (il compositore è quello di "Death Note" e lo stile è quello; è anche presente il Requiem di Mozart) avrebbe anche dei validi pezzi presi a sé stanti, ma sono la cosa più fuori-tema che si possa concepire, assordanti e insistenti riempiono TUTTI i vuoti del cartone in un continum esasperato senza interruzioni, appesantendolo e contribuendolo a rendere altisonante in un modo che va oltre ogni immaginazione possibile, come se non fosse già eccessivo.
Koujina ha anche scelto di mantenere il narratore del manga, che didascalizza e narra ciò che avviene contribuendo ancora di più a rendere il tutto (inopportunatamente) epico. "Il Signore degli Anelli" non è nulla in confronto.
Molti altri aspetti funzionano, ma veramente, non esagero nel dire che questa dilatazione del ritmo e quest'enfasi inutile ovunque lo rendano a tutti gli effetti inguardabile, distruggendo completamente la validità del prodotto.
Dimenticatelo, non guardatelo: leggete il manga, oppure guardate l'ottima vecchia serie del 1999 (esclusi gli oav di Greed Island). Non abbassatevi a questa tamarrata.