Recensione
Penguin Highway
8.5/10
Recensione di killer_bee
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In un mercato dominato da giganti, Studio Colorido non solo non si fa pestare i piedi da nessuno, ma dimostra di aver premuto l'acceleratore fino in fondo per raggiungere, in solo sette anni, i livelli di colossi come Ghibli e Madhouse. Tra un ampio ventaglio di colori saturi, brillanti, vivi, e una tecnica di animazione avanzatissima per uno studio così giovane, "Penguin Highway" è a mio parere un campanello d'allarme di uno studio da tenere d'occhio e che in futuro potrebbe rivelare sorprese. Hiroyasu Ishida dimostra di aver assimilato pienamente la sapienza dei grandi maestri dell'animazione giapponese e di averla fatta sua, confezionando un prodotto fortemente moderno che tuttavia non dimentica la minuziosità di Miyazaki e l'emozione di Shinkai.
"Penguin Highway" è un film avvincente, giovane, un bacio alla razionalità scientifica e un tributo all'amore che non conosce età né appartenenza. È un film che unisce delicatamente l'acutezza e il bisogno di crescere di un bambino quasi adolescente, Aoyama, con la dolcezza e la malinconia di una giovane donna che in qualche modo non trova il suo ruolo nel Mondo, tanto da non avere nemmeno un nome all'interno della storia - la conosciamo unicamente come "sorellona" - e da chiedere ad Aoyama di "risolvere il suo caso" su più livelli di significato. In mezzo a tutto ciò trova uno spazio sublime la componente soprannaturale che tipicamente caratterizza le opere di finzione giapponesi e che potrebbe ricordare a tratti i capolavori di Murakami e Banana Yoshimoto. E in effetti è proprio dall'omonimo romanzo di Tomihiko Morimi che il film è ispirato.
Particolarmente indagati, inoltre, sono i temi della crescita e dell'innamoramento, veicolati attraverso gli sguardi di personaggi con personalità profondamente diverse: quello di Aoyama, bambino sensibilmente maturo e razionale per la sua età che si affaccia per la prima volta all'amore e si interroga sull'effetto che gli fanno un paio di tette - nel senso più ingenuo del termine - e quello di Suzuki e Hamamoto, che per la prima volta sperimentano la gelosia e il senso di colpa.
Tra vicende avventurose, comiche e a tratti dense di suspense, le due ore di film non si sentono nemmeno, lasciando allo spettatore moltissimi spunti su cui riflettere, oltre che un ricordo piacevolmente nostalgico dal gusto tutto giapponese. Tutto ciò crea un contrasto apprezzabile con la moodboard visiva del film, fatta di atmosfere vivaci e sempre allegre, di cieli blu e bizzarre creature, di appunti ordinati e, soprattutto, di genuina dolcezza. Insomma, si tratta di un'opera che trasporta con sé una brezza nuova e fresca nel mondo dell'animazione del Sol Levante, pur tuttavia adattando con metodo il passato alla modernità piuttosto che stravolgere tutto. Una scelta che personalmente condivido appieno e, se questo è solo l'inizio, l'eccellenza per Ishida e per Studio Colorido non tarderà ad arrivare.
"Penguin Highway" è un film avvincente, giovane, un bacio alla razionalità scientifica e un tributo all'amore che non conosce età né appartenenza. È un film che unisce delicatamente l'acutezza e il bisogno di crescere di un bambino quasi adolescente, Aoyama, con la dolcezza e la malinconia di una giovane donna che in qualche modo non trova il suo ruolo nel Mondo, tanto da non avere nemmeno un nome all'interno della storia - la conosciamo unicamente come "sorellona" - e da chiedere ad Aoyama di "risolvere il suo caso" su più livelli di significato. In mezzo a tutto ciò trova uno spazio sublime la componente soprannaturale che tipicamente caratterizza le opere di finzione giapponesi e che potrebbe ricordare a tratti i capolavori di Murakami e Banana Yoshimoto. E in effetti è proprio dall'omonimo romanzo di Tomihiko Morimi che il film è ispirato.
Particolarmente indagati, inoltre, sono i temi della crescita e dell'innamoramento, veicolati attraverso gli sguardi di personaggi con personalità profondamente diverse: quello di Aoyama, bambino sensibilmente maturo e razionale per la sua età che si affaccia per la prima volta all'amore e si interroga sull'effetto che gli fanno un paio di tette - nel senso più ingenuo del termine - e quello di Suzuki e Hamamoto, che per la prima volta sperimentano la gelosia e il senso di colpa.
Tra vicende avventurose, comiche e a tratti dense di suspense, le due ore di film non si sentono nemmeno, lasciando allo spettatore moltissimi spunti su cui riflettere, oltre che un ricordo piacevolmente nostalgico dal gusto tutto giapponese. Tutto ciò crea un contrasto apprezzabile con la moodboard visiva del film, fatta di atmosfere vivaci e sempre allegre, di cieli blu e bizzarre creature, di appunti ordinati e, soprattutto, di genuina dolcezza. Insomma, si tratta di un'opera che trasporta con sé una brezza nuova e fresca nel mondo dell'animazione del Sol Levante, pur tuttavia adattando con metodo il passato alla modernità piuttosto che stravolgere tutto. Una scelta che personalmente condivido appieno e, se questo è solo l'inizio, l'eccellenza per Ishida e per Studio Colorido non tarderà ad arrivare.