Recensione
17 anni
8.5/10
Molti vedono il Giappone come il paese del progresso, ma soprattutto un simbolo del rispetto e dell’onore.
Ciò che tengo a precisare è che il Giappone è composto da esseri umani, una specie animale capace di compiere atti di inaudita crudeltà, che purtroppo infesta tutto il mondo.
Quando c’è di mezzo il progresso economico, come avvenne negli anni 80 in cui è ambientata la vicenda, la gente sembra essere più fiduciosa verso il prossimo. Nessuno penserebbe mai che cose tanto terribili possano accadere, soprattutto in un paese così ligio al dovere e attaccato alle responsabilità. Ma l’indifferenza degli adulti e la crudeltà dei più giovani la faranno da padroni in questa storia, basata su fatti realmente accaduti. Una vicenda che sconvolse le persone e mi lasciò terrorizzata quando anni fa, per caso, ne lessi la notizia in rete.
Questa è una storia raccontata in quattro volumi, pubblicati dalla J-Pop in un cofanetto o a volumi unici, liberamente ispirata ai fatti di cronaca che approfondirò leggermente più avanti. Rigorosamente seinen, per adulti consapevoli che non andranno ad affrontare una lettura leggera.
17 anni, storia scritta da Seiji Fujii e disegni di Yoji Kamata, completata tra il 2004 e il 2005 in patria e uscita pochi mesi fa nel nostro paese.
Trama: Hiroki e Takashi, due ragazzi di 17 anni, vengono salvati da un pestaggio da un’altra banda di teppisti capitanata da Miyamoto, un ragazzo legato alla Yakuza, la criminalità organizzata Giapponese.
I due entrano a far parte del gruppo giusto perché così possono comportarsi da delinquenti con il pretesto di essere amici di uno della mafia e quindi intoccabili. Tutto sembra divertente e troppo bello per Hiroki, fino a quando Miyamoto non lo coinvolge in un rapimento in cui, per un caso fortuito, Takashi ne rimane fuori.
La banda sequestrano con l’inganno Sachiko, una ragazza della stessa età di Hiroki.
Qui inizierà la caduta libera verso l’orrore, in cui Hiroki si troverà coinvolto in qualcosa più grande di lui, in cui, il voler sopravvivere e il voler salvare la ragazza dalle terribili violenze di Miyamoto e del suo gruppo, faranno a lotta tra di loro in un personaggio pieno di sfaccettature che sfumano tra il pentimento, il terrore, la paura e la cattiveria. Quale sarà bestia diventerà Hiroki? Riuscirà a redimersi?
In tanto, in tutto questo orrore, Miki, la sorella gemella di Sachiko, si metterà subito alla sua ricerca, con forza ostinata per riportare la sorella a casa.
Il manga si presenta in un’edizione davvero ben fatta, con i primi due volumi dotati di pagine a colori.
I disegni sono semplici e puliti e danno molto spazio a sguardi ed espressioni facciali, con non molti dialoghi, approfondendo in questo modo i personaggi per via della narrazione visiva.
Scorre veloce e lo si può leggere tutto di un fiato, non scadendo mai nel troppo morboso nelle scene di violenza, ma mostrando quanto basta per lasciar capire le atrocità che la ragazza sta subendo. Le uniche vere scene di nudo non hanno nulla di erotico o perverso, ma anzi suscitano disgusto e dolore, sensazioni miste a miseria.
I protagonisti indiscussi sono Hiroki e Miki, due fari opposti che si contrastano.
Hiroki vorrebbe salvare la ragazza ma per salvarsi la vita fa scelte e pensieri discutibili, mettendo in pericolo anche la vita del suo amico pur di spartire la colpa con qualcuno.
Miki invece si mette in prima linea per cercare la sorella scomparsa, fin da subito. Lei è l’unica luce a brillare di speranza in questo intruglio misto di orrore; il lettore di lega a lei, con la speranza che le cose si risolvano per il meglio.
Miyamoto invece appare come il cattivo indiscusso, anche se i suoi seguaci e altri ragazzi non sono da meno, ma il male viene incarnato da lui e lo si capisce da ogni sui singola espressione, che fa accapponare la pelle.
Molti hanno definito questa versione della storia “per stomachi delicati”. Questo perché nella storia vera, la povera vittima Junko Furuta subì torture indicibili e peggiori di quanto viene mostrato nel manga, con oltre 40 giorni di prigionia.
La critica che infatti posso esporre all’opera è che avrebbe potuto osare un po’ di più, ma alla fin fine va bene anche così.
C’è che ci pensa che la lettura (così come anche i film) nascano solo per puro intrattenimento. Per me invece sono una fonte inestimabile di conoscenza e sensibilizzazione. Una storia, come quella di Junko, ha il diritto di essere raccontata, anche se “addolcita” in alcune sue parti.
Ciò che lascerà l’amaro in bocca, sia nella storia reale che in quella del manga, è che gli aguzzini non avranno mai ciò che meritano davvero, perché protetti dalla legge allora in vigore sui minori, quindi non perseguibili dalla legge.
In seguito a questa vicenda l’età limite venne abbassata.
Un’altra cosa che mi preme sottolineare è la potenza narrativa di questo manga che per me si racchiude soprattutto in alcune scene e sguardi, momenti che mi hanno quasi portato alla commozione, per quanto fossero potenti.
Inoltre è importante concludere dicendo quanto qui gli adulti appaiano in secondo piano e limitati da regole, inibizione, paura e desiderio di voler mettere tutto a tacere.
I giovani saranno quasi del tutto lasciati soli, in una società dove l’apparenza conta di più dei fatti.
E qui parlo del Giappone, ma il discorso può benissimo estendersi al resto del mondo.
Ciò che tengo a precisare è che il Giappone è composto da esseri umani, una specie animale capace di compiere atti di inaudita crudeltà, che purtroppo infesta tutto il mondo.
Quando c’è di mezzo il progresso economico, come avvenne negli anni 80 in cui è ambientata la vicenda, la gente sembra essere più fiduciosa verso il prossimo. Nessuno penserebbe mai che cose tanto terribili possano accadere, soprattutto in un paese così ligio al dovere e attaccato alle responsabilità. Ma l’indifferenza degli adulti e la crudeltà dei più giovani la faranno da padroni in questa storia, basata su fatti realmente accaduti. Una vicenda che sconvolse le persone e mi lasciò terrorizzata quando anni fa, per caso, ne lessi la notizia in rete.
Questa è una storia raccontata in quattro volumi, pubblicati dalla J-Pop in un cofanetto o a volumi unici, liberamente ispirata ai fatti di cronaca che approfondirò leggermente più avanti. Rigorosamente seinen, per adulti consapevoli che non andranno ad affrontare una lettura leggera.
17 anni, storia scritta da Seiji Fujii e disegni di Yoji Kamata, completata tra il 2004 e il 2005 in patria e uscita pochi mesi fa nel nostro paese.
Trama: Hiroki e Takashi, due ragazzi di 17 anni, vengono salvati da un pestaggio da un’altra banda di teppisti capitanata da Miyamoto, un ragazzo legato alla Yakuza, la criminalità organizzata Giapponese.
I due entrano a far parte del gruppo giusto perché così possono comportarsi da delinquenti con il pretesto di essere amici di uno della mafia e quindi intoccabili. Tutto sembra divertente e troppo bello per Hiroki, fino a quando Miyamoto non lo coinvolge in un rapimento in cui, per un caso fortuito, Takashi ne rimane fuori.
La banda sequestrano con l’inganno Sachiko, una ragazza della stessa età di Hiroki.
Qui inizierà la caduta libera verso l’orrore, in cui Hiroki si troverà coinvolto in qualcosa più grande di lui, in cui, il voler sopravvivere e il voler salvare la ragazza dalle terribili violenze di Miyamoto e del suo gruppo, faranno a lotta tra di loro in un personaggio pieno di sfaccettature che sfumano tra il pentimento, il terrore, la paura e la cattiveria. Quale sarà bestia diventerà Hiroki? Riuscirà a redimersi?
In tanto, in tutto questo orrore, Miki, la sorella gemella di Sachiko, si metterà subito alla sua ricerca, con forza ostinata per riportare la sorella a casa.
Il manga si presenta in un’edizione davvero ben fatta, con i primi due volumi dotati di pagine a colori.
I disegni sono semplici e puliti e danno molto spazio a sguardi ed espressioni facciali, con non molti dialoghi, approfondendo in questo modo i personaggi per via della narrazione visiva.
Scorre veloce e lo si può leggere tutto di un fiato, non scadendo mai nel troppo morboso nelle scene di violenza, ma mostrando quanto basta per lasciar capire le atrocità che la ragazza sta subendo. Le uniche vere scene di nudo non hanno nulla di erotico o perverso, ma anzi suscitano disgusto e dolore, sensazioni miste a miseria.
I protagonisti indiscussi sono Hiroki e Miki, due fari opposti che si contrastano.
Hiroki vorrebbe salvare la ragazza ma per salvarsi la vita fa scelte e pensieri discutibili, mettendo in pericolo anche la vita del suo amico pur di spartire la colpa con qualcuno.
Miki invece si mette in prima linea per cercare la sorella scomparsa, fin da subito. Lei è l’unica luce a brillare di speranza in questo intruglio misto di orrore; il lettore di lega a lei, con la speranza che le cose si risolvano per il meglio.
Miyamoto invece appare come il cattivo indiscusso, anche se i suoi seguaci e altri ragazzi non sono da meno, ma il male viene incarnato da lui e lo si capisce da ogni sui singola espressione, che fa accapponare la pelle.
Molti hanno definito questa versione della storia “per stomachi delicati”. Questo perché nella storia vera, la povera vittima Junko Furuta subì torture indicibili e peggiori di quanto viene mostrato nel manga, con oltre 40 giorni di prigionia.
La critica che infatti posso esporre all’opera è che avrebbe potuto osare un po’ di più, ma alla fin fine va bene anche così.
C’è che ci pensa che la lettura (così come anche i film) nascano solo per puro intrattenimento. Per me invece sono una fonte inestimabile di conoscenza e sensibilizzazione. Una storia, come quella di Junko, ha il diritto di essere raccontata, anche se “addolcita” in alcune sue parti.
Ciò che lascerà l’amaro in bocca, sia nella storia reale che in quella del manga, è che gli aguzzini non avranno mai ciò che meritano davvero, perché protetti dalla legge allora in vigore sui minori, quindi non perseguibili dalla legge.
In seguito a questa vicenda l’età limite venne abbassata.
Un’altra cosa che mi preme sottolineare è la potenza narrativa di questo manga che per me si racchiude soprattutto in alcune scene e sguardi, momenti che mi hanno quasi portato alla commozione, per quanto fossero potenti.
Inoltre è importante concludere dicendo quanto qui gli adulti appaiano in secondo piano e limitati da regole, inibizione, paura e desiderio di voler mettere tutto a tacere.
I giovani saranno quasi del tutto lasciati soli, in una società dove l’apparenza conta di più dei fatti.
E qui parlo del Giappone, ma il discorso può benissimo estendersi al resto del mondo.