Recensione
The Seven Deadly Sins
2.0/10
La recensione contiene spoiler.
The seven deadly sins è un agglomerato di tutti quelli che sono i soliti espedienti narrativi sgradevoli stereotipicamente tipici dei manga shonen di infima qualità, sensazione che viene man mano esacerbata nel corso della serie da una mediocrità crescente.
La storia si svolge in uno scenario fantasy caratterizzato molto sommariamente, magari nei primi volumi un po’ di superficialità era accettabile essendo la storia ancora agli inizi ma andando avanti non verrà mai sviscerato a pieno. L’ambientazione principale è il regno di Liones, dieci anni dopo che i seven deadly sins, un tempo il gruppo di cavalieri alle dirette dipendenze del re, diventassero criminali accusati di aver tentato di rovesciare il regno sovvertendo l’ordine costituito. Di loro vengono perse le traccie ma per la principessa Elizabeth sono l’unica speranza di fermare l’ordine dei cavalieri sacri che minacciano la pace. In viaggio alla loro ricerca, Elizabeth riesce ad incontrare Meliodas, proprio il capitano dei seven deadly sins, che gestisce una bizzarra osteria chiamata Boar Hat con il maiale parlante Hawk, una mascotte che risulta sin da subito davvero insopportabile.
I cavalieri sacri si presentano quindi come i cattivi della storia, sebbene all’inizio possano sembrare intriganti ben presto risulteranno privi di qualunque fascino e mordente. Sono dei malvagi usurpatori che presumibilmente hanno perso i tutti loro ideali dopo essere stati corrotti dai due capi dei cavalieri sacri, i quali hanno una caratterizzazione ai limiti del ridicolo e motivazioni dietro alle loro azioni dettate dal semplice “avevamo bisogno di un cattivone da sconfiggere perché fa cose cattivissime in quanto cattivo”: Hendrickson che vuole resuscitare il clan dei demoni motivato dalla voglia di fare la guerra santa perché cosi gli girava.
Ma tristemente non sono gli unici, l’autore lascia la caratterizzazione di molti personaggi al caso, infatti li fa muovere secondo le circostanze, a come serve sul momento, ossia passano repentinamente dalla parte del bene o del male motivati da un bislacco senso di giustizia - veramente cambiano idea anche nel giro di una pagina - o che tra coincidenze varie prendono decisioni incoerenti con le loro azioni precedenti.
A riprova di ciò sono i tentativi di foreshadowing spesso ridicoli e chiaramente risultato di retcon fatta male. A partire proprio dalle azioni estremamente confusionarie di Dreyfus e Hendrickson - inizialmente la loro motivazione di iniziare una Guerra Santa sembrava essere l’invidia nei confronti di Zaratras e la convinzione che l’ordine dei cavalieri sacri non avrebbe nessuna ragione di esistere in un’epoca senza guerre come previsto dalle visioni del Re - da che erano i cattivi poi nel corso del piano di resuscitare il clan dei demoni si scopre che sono buoni, il tutto impacciatamente giustificato dal fatto che in realtà Dreyfus è stato impossessato da Fraudrin, uno dei dieci comandamenti, e Hendrickson è stato manipolato da Fraudrin stesso per aprire il sigillo. Ma il potere di Dreyfus non era avere una volontà ferrea, quindi caratterizzato da una mente incrollabile? Dreyfus sembra non avere il controllo del proprio corpo in certi passi e sembra se’ stesso e sincero in altri, così come Hendrickson che ha un cambiamento troppo repentino. Il fatto che dietro le loro azioni ci fosse Fraudrin è stato presentato in maniera incomprensibile e in contraddizione con ciò che è stato mostrato in precedenza, risulta davvero una cosa campata in aria per farli tornare dalla parte dei buoni e introdurre quindi i veri cattivi potentissimi per allungare il brodo. Un Hendrickson mansueto e pentito che in seguito si aggiunge alla combriccola degli smidollati e comincia a lavorare nell’osteria poi è la ciliegina sulla torta. Per non parlare del folletto Helbram che torna in vita una marea di volte e che compare come spirito davanti a King per ricadere nuovamente in un ciclo infinito di sentimentalismi in cui King piagnucola perché non è riuscito a salvare il suo migliore amico ormai divenuto una specie di zombie - va bene che ci viene detto che il corpo dei folletti non si decompone - ma perché Elaine è vincolata nella città dei morti e Helbram no? A quanto pare Elaine stessa dice ad Helbram di rimanere al fianco di King ma non viene giustificato da nessuna parte il fatto che Helbram non possa andare nell’aldilà. Anche il modo in cui successivamente Melascula fa tornare sulla terra le anime con ancora dei rimpianti cozza con questa vicenda. Certe scelte danno proprio l’idea che l’autore fosse motivato solo dalla necessità di avere dei plot twist a tutti i costi e non avesse la più pallida idea di dove far andare a parare la storia, dimostrando solo una grande presunzione di poter essere capace di spalmare efficacemente la storia su ben 41 volumi o semplicemente sottostimando l’intelligenza dei propri lettori che dovrebbero farsi andare bene un numero imbarazzante di coincidenze e spiegazioni incoerenti.
Altro esempio è Gilthunder, inizialmente spietato al punto da prosciugare la sorgente di Vanya e spazzare via l’intero villaggio, che fa del male a dei civili come se niente fosse, che appena nel sesto capitolo ferisce gravemente Meliodas, e invece nel capitolo 79 viene fuori che era controllato da una maledizione non specificata e che in realtà non ferirebbe mai il suo eroe, non era mai stato dalla parte dei cavalieri sacri e si pente di tutto quello che ha fatto, ha “combattuto sul serio” solo perché rischierebbe la vita per la donna che ama - cioè la principessa Margaret, la sorella di Elizabeth. Ebbene si, nel manga viene tutto trainato dall’ammmore.
In principio non ci sarebbe nulla di male nel dare più spazio alle questioni sentimentali ma in questo manga vengono incredibilmente abusate per far andare avanti la trama e per motivare qualsiasi cosa, è un continuo di azioni e reazioni dei personaggi fondate esclusivamente su emozioni e sentimenti. In certi casi riesce, come per Ban ed Elaine: la loro vicenda è toccante al punto giusto e si collega efficacemente con il peccato stesso di Ban, ma per altri personaggi la componente amorosa è forzata e a tratti anche noiosa. Pensiamo a King e Diane - per non parlare di Escanor e Merlin - l’autore usa nuovamente l’espediente narrativo della fanciulla in pericolo per mostrare un adirato King che va in suo soccorso, sullo sfondo del flashback di un passato strappalacrime. Il problema è che la fanciulla in pericolo in questione è una gigantessa di 915 cm che negli scontri precedenti non aveva avuto alcun problema, anzi era stata presentata incredibilmente forte ed in grado di badare a se stessa. Purtroppo incongruenze come questa con la gerarchia di forza sono una costante in the seven deadly sins, a partire dal power system stesso abbastanza ambiguo con le solite uscite del tipo “non stavo facendo veramente sul serio” e altre robe per far spiccare Meliodas sopra tutti gli altri. Si passa da power up vari in mezzo a personaggi feriti mortalmente prima e che inspiegabilmente stanno benissimo poco dopo, personaggi che per essere riciclati tornano in vita, poteri assegnati a casaccio nel maldestro tentativo di dare agli scontri più pathos (dato che se nulla ha più senso è facile rendere impossibile sapere chi vincerà, spoiler: in comunque casi Meliodas), fino alla trovata ridicola del maiale con il ciondolo magico che vede il grado combattivo della gente a mo’ di scouter di Dragon Ball. Man mano che spuntano questi cattivoni sempre più cattivi in questo genere di manga dovrebbe destarsi nel lettore qualche sorta di speranza che i propri beniamini abbiano la meglio, ma i moventi illogici che li pervadono un po’ tutti fa perdere l’interesse nel vederli trionfare.
Punto dolente sono proprio Meliodas ed Elizabeth, i protagonisti più sgradevoli di qualunque shonenata abbia mai letto. Ho trovato impossibile empatizzare con loro, Nakaba Suzuki nei confronti di Meliodas fa dei favoritismi mai visti prima nei confronti del protagonista di un manga shonen, è inevitabile supporre che sia banalmente un suo patetico self-insert. Sin dall’inizio Meliodas risulta detestabile: non ha carisma, ha sempre la stessa espressione indecifrabile in faccia, è immediatamente fortissimo, non ha nessun percorso di crescita e il suo unico quirk é essere un pervertito. Probabilmente gli viene conferito l’aspetto di un bambino per rendere meno inquietanti o addirittura innocenti le continue palpate ad Elizabeth, che ricordiamo avere 16 anni.
Sebbene un po’ di fanservice possa anche essere sopportabile nel contesto di qualche gag comica, le scenette in cui Meliodas si avvinghia ad Elizabeth e si comporta da maniaco diventano fastidiose e ripetitive in fretta. L’autore per rendere la cosa meno ambigua fa anche innamorare sin da subito Elizabeth del suo molestatore, che a sua volta tiene a lei per una fortuita somiglianza con la sua ex ragazza (deceduta in circostanze lacrimose ovviamente), con vari rossori imbarazzati fa presentire qualche sorta di consenso e fa rimanere la ragazza immobile e muta mentre subisce qualsiasi cosa senza reagire. Come non notare poi il disturbante “non toccare la mia donna” pronunciato da Meliodas con in braccio una Elizabeth neonata quando Zaratras inspiegabilmente torna in vita e viaggia nel tempo con la ragazza, commossa da tale esternazione di “amore”. Subito dopo la morte di Liz quindi Meliodas vede in Elizabeth ancora in fasce il suo ripiego: l’angosciante conclusione cui si potrebbe giungere è che Meliodas fa una specie di child grooming di sta poveretta, nell’attesa di palpeggiarla tutto il tempo una volta cresciuta perché è la reincarnazione di Liz. Ma come si fa ad arrivare a parare ad una situazione così inquietante?
Elizabeth è veramente insipida, sta sempre a piagnucolare, agisce per essere la waifu perfetta e nel tentativo goffo di sopperire alla sua inutilità le viene fornito all’improvviso un potere sopito curativo incredibile, tra l’altro come ennesimo deus ex machina (di cui è pieno fino alla nausea questo manga) per concludere lo scontro con Hendrickson-demone. Ovviamente è ingenua, pensa sempre solo agli altri e mai a se stessa, è audace tra un panty shot e l’altro ma allo stesso tempo modesta, pudica e genuina e mamma mia che noia, un personaggio estremamente svilente il cui ruolo è commensurabile a quello di un soprammobile o per essere più schietti a un giocattolo sessuale in abiti succinti che urla “nobile Meliodas” a ripetizione.
Per non parlare degli altri personaggi femminili, come detto prima se già i personaggi principali lasciano a desiderare figuriamoci i secondari, sia maschili che femminili, ma in particolare qualsiasi tentativo di approfondire la psicologia delle ragazze risulta ridicolo: Diane che non si sa perché è innamorata del capitano, il motivo alquanto imbarazzante dovrebbe essere che è stato il primo che l’ha definita “fanciulla indifesa” (ma dove?), vorrebbe coronare il sogno della sua vita di starci insieme, desidera essere piccola e carina per compiacerlo ma poi dal nulla questi sentimenti svaniscono perché in realtà stava proiettando i ricordi di King su Meliodas e per necessità di trama il suo nuovo interesse amoroso diventa lui, Vivian che spunta fuori nello scontro con Hendrickson motivata solo dall’amore non corrisposto per Gilthunder e poi sparisce, Liz che senza nessuna caratterizzazione schiatta solo ai fini del power up successivo di Meliodas, Jericho che vuole dimostrare al fratello di essere forte e per perseguire questo obbiettivo beve il sangue del demone rosso, dopodiché ha diverse uscite campate in aria sul cosa significhi sentirsi donna e quando viene salvata da Ban, che inizialmente l’aveva anche umiliata, si innamora di lui e vuole seguirlo solo per farsi continuamente denudare, boh. Insomma, nessuna ragazza in sto manga pare avere una volontà propria, tutte agiscono solo in funzione di un uomo e soprattutto sono tutte sempre mezze nude. Guila pare essere l’unico personaggio femminile non eccessivamente sessualizzato e l’ho trovata gradevole, ha un desiderio di rivalsa motivato dalla necessità di proteggere suo fratello piccolo e il parallelismo con il padre e il suo successivo cambiamento in positivo sono credibili, ma anche lei purtroppo si perde in seguito nella storia, tra scenette mezze yuri con Veronica - che era anche stata uccisa da Guila stessa ma non si sa come é resuscitata e ha perdonato la sua assassina perché giustamente il suddetto omicidio è stato solo un piccolo e triviale errore del passato - senza contare che viene sfruttata per dare spunti sull’approfondimento di Gowther quando quest’ultimo le fa il lavaggio del cervello.
Parlando proprio di Gowther, si tratta del trito e ritrito concetto dell’androide desideroso di provare sentimenti umani riproposto come la bambola che mossa da un dolore artificiosamente inconsolabile vuole avere un cuore, inoltre ad aggiungersi alla lista lunghissima di plot twist incongruenti fa anche parte dei 10 comandamenti di cui Meliodas era il capo. Per approfondire il suo personaggio - sgradevole sin da subito tra l’altro - l’autore crea nuove sottotrame inutili, rovinando anche il personaggio di Diane che per l’ennesima volta perde la memoria e da quel momento in poi diventa sempre più inutile e subordinata a King che la deve salvare, tanto potenziale sprecato in lei. Si può dire che dei fantomatici 7 peccati capitali Ban sia l’unico con una caratterizzazione decente, insieme al potere interessante di Escanor mal sfruttato.
Il voto potrebbe essere anche 1 ma i disegni salvano l’intera serie, tralasciando pose e proporzioni dei personaggi a volte un po’ strane, le tavole sono piene di dettagli e gli sfondi hanno prospettive ben fatte: primi piani di castelli medievali e paesaggi suggestivi, villaggi che si ergono su cime maestose, dalle pesanti armature dei cavalieri fino alla dinamicità nelle scene di combattimento. Insomma, i disegni sono forse l’unico pregio di questo manga.
Qualche personaggio riuscito con cui si riesce un minimo ad empatizzare, rari momenti divertenti e pochi scontri ben riusciti in un mare di mediocrità: the seven deadly sins si può dire che “arriva tardi”, portando stilemi tipici di opere precedenti ormai già superati (è praticamente Dragon Ball nel medioevo), fanservice esasperante, sentimentalismi vari ai limiti del trash, relazioni amorose inquietanti frutto delle innumerevoli perversioni e fetish dell’autore e facendo un minestrone di elementi fantasy senza nulla di innovativo. Uno dei pochi manga che dopo la lettura non mi ha lasciato assolutamente niente, se non un senso di fastidio e soprattutto rimorso di aver buttato il mio tempo e i miei soldi, motivo per cui ho dovuto sfogarmi scrivendo questa recensione lunghissima per i malcapitati che avranno voglia di leggersela tutta.
The seven deadly sins è un agglomerato di tutti quelli che sono i soliti espedienti narrativi sgradevoli stereotipicamente tipici dei manga shonen di infima qualità, sensazione che viene man mano esacerbata nel corso della serie da una mediocrità crescente.
La storia si svolge in uno scenario fantasy caratterizzato molto sommariamente, magari nei primi volumi un po’ di superficialità era accettabile essendo la storia ancora agli inizi ma andando avanti non verrà mai sviscerato a pieno. L’ambientazione principale è il regno di Liones, dieci anni dopo che i seven deadly sins, un tempo il gruppo di cavalieri alle dirette dipendenze del re, diventassero criminali accusati di aver tentato di rovesciare il regno sovvertendo l’ordine costituito. Di loro vengono perse le traccie ma per la principessa Elizabeth sono l’unica speranza di fermare l’ordine dei cavalieri sacri che minacciano la pace. In viaggio alla loro ricerca, Elizabeth riesce ad incontrare Meliodas, proprio il capitano dei seven deadly sins, che gestisce una bizzarra osteria chiamata Boar Hat con il maiale parlante Hawk, una mascotte che risulta sin da subito davvero insopportabile.
I cavalieri sacri si presentano quindi come i cattivi della storia, sebbene all’inizio possano sembrare intriganti ben presto risulteranno privi di qualunque fascino e mordente. Sono dei malvagi usurpatori che presumibilmente hanno perso i tutti loro ideali dopo essere stati corrotti dai due capi dei cavalieri sacri, i quali hanno una caratterizzazione ai limiti del ridicolo e motivazioni dietro alle loro azioni dettate dal semplice “avevamo bisogno di un cattivone da sconfiggere perché fa cose cattivissime in quanto cattivo”: Hendrickson che vuole resuscitare il clan dei demoni motivato dalla voglia di fare la guerra santa perché cosi gli girava.
Ma tristemente non sono gli unici, l’autore lascia la caratterizzazione di molti personaggi al caso, infatti li fa muovere secondo le circostanze, a come serve sul momento, ossia passano repentinamente dalla parte del bene o del male motivati da un bislacco senso di giustizia - veramente cambiano idea anche nel giro di una pagina - o che tra coincidenze varie prendono decisioni incoerenti con le loro azioni precedenti.
A riprova di ciò sono i tentativi di foreshadowing spesso ridicoli e chiaramente risultato di retcon fatta male. A partire proprio dalle azioni estremamente confusionarie di Dreyfus e Hendrickson - inizialmente la loro motivazione di iniziare una Guerra Santa sembrava essere l’invidia nei confronti di Zaratras e la convinzione che l’ordine dei cavalieri sacri non avrebbe nessuna ragione di esistere in un’epoca senza guerre come previsto dalle visioni del Re - da che erano i cattivi poi nel corso del piano di resuscitare il clan dei demoni si scopre che sono buoni, il tutto impacciatamente giustificato dal fatto che in realtà Dreyfus è stato impossessato da Fraudrin, uno dei dieci comandamenti, e Hendrickson è stato manipolato da Fraudrin stesso per aprire il sigillo. Ma il potere di Dreyfus non era avere una volontà ferrea, quindi caratterizzato da una mente incrollabile? Dreyfus sembra non avere il controllo del proprio corpo in certi passi e sembra se’ stesso e sincero in altri, così come Hendrickson che ha un cambiamento troppo repentino. Il fatto che dietro le loro azioni ci fosse Fraudrin è stato presentato in maniera incomprensibile e in contraddizione con ciò che è stato mostrato in precedenza, risulta davvero una cosa campata in aria per farli tornare dalla parte dei buoni e introdurre quindi i veri cattivi potentissimi per allungare il brodo. Un Hendrickson mansueto e pentito che in seguito si aggiunge alla combriccola degli smidollati e comincia a lavorare nell’osteria poi è la ciliegina sulla torta. Per non parlare del folletto Helbram che torna in vita una marea di volte e che compare come spirito davanti a King per ricadere nuovamente in un ciclo infinito di sentimentalismi in cui King piagnucola perché non è riuscito a salvare il suo migliore amico ormai divenuto una specie di zombie - va bene che ci viene detto che il corpo dei folletti non si decompone - ma perché Elaine è vincolata nella città dei morti e Helbram no? A quanto pare Elaine stessa dice ad Helbram di rimanere al fianco di King ma non viene giustificato da nessuna parte il fatto che Helbram non possa andare nell’aldilà. Anche il modo in cui successivamente Melascula fa tornare sulla terra le anime con ancora dei rimpianti cozza con questa vicenda. Certe scelte danno proprio l’idea che l’autore fosse motivato solo dalla necessità di avere dei plot twist a tutti i costi e non avesse la più pallida idea di dove far andare a parare la storia, dimostrando solo una grande presunzione di poter essere capace di spalmare efficacemente la storia su ben 41 volumi o semplicemente sottostimando l’intelligenza dei propri lettori che dovrebbero farsi andare bene un numero imbarazzante di coincidenze e spiegazioni incoerenti.
Altro esempio è Gilthunder, inizialmente spietato al punto da prosciugare la sorgente di Vanya e spazzare via l’intero villaggio, che fa del male a dei civili come se niente fosse, che appena nel sesto capitolo ferisce gravemente Meliodas, e invece nel capitolo 79 viene fuori che era controllato da una maledizione non specificata e che in realtà non ferirebbe mai il suo eroe, non era mai stato dalla parte dei cavalieri sacri e si pente di tutto quello che ha fatto, ha “combattuto sul serio” solo perché rischierebbe la vita per la donna che ama - cioè la principessa Margaret, la sorella di Elizabeth. Ebbene si, nel manga viene tutto trainato dall’ammmore.
In principio non ci sarebbe nulla di male nel dare più spazio alle questioni sentimentali ma in questo manga vengono incredibilmente abusate per far andare avanti la trama e per motivare qualsiasi cosa, è un continuo di azioni e reazioni dei personaggi fondate esclusivamente su emozioni e sentimenti. In certi casi riesce, come per Ban ed Elaine: la loro vicenda è toccante al punto giusto e si collega efficacemente con il peccato stesso di Ban, ma per altri personaggi la componente amorosa è forzata e a tratti anche noiosa. Pensiamo a King e Diane - per non parlare di Escanor e Merlin - l’autore usa nuovamente l’espediente narrativo della fanciulla in pericolo per mostrare un adirato King che va in suo soccorso, sullo sfondo del flashback di un passato strappalacrime. Il problema è che la fanciulla in pericolo in questione è una gigantessa di 915 cm che negli scontri precedenti non aveva avuto alcun problema, anzi era stata presentata incredibilmente forte ed in grado di badare a se stessa. Purtroppo incongruenze come questa con la gerarchia di forza sono una costante in the seven deadly sins, a partire dal power system stesso abbastanza ambiguo con le solite uscite del tipo “non stavo facendo veramente sul serio” e altre robe per far spiccare Meliodas sopra tutti gli altri. Si passa da power up vari in mezzo a personaggi feriti mortalmente prima e che inspiegabilmente stanno benissimo poco dopo, personaggi che per essere riciclati tornano in vita, poteri assegnati a casaccio nel maldestro tentativo di dare agli scontri più pathos (dato che se nulla ha più senso è facile rendere impossibile sapere chi vincerà, spoiler: in comunque casi Meliodas), fino alla trovata ridicola del maiale con il ciondolo magico che vede il grado combattivo della gente a mo’ di scouter di Dragon Ball. Man mano che spuntano questi cattivoni sempre più cattivi in questo genere di manga dovrebbe destarsi nel lettore qualche sorta di speranza che i propri beniamini abbiano la meglio, ma i moventi illogici che li pervadono un po’ tutti fa perdere l’interesse nel vederli trionfare.
Punto dolente sono proprio Meliodas ed Elizabeth, i protagonisti più sgradevoli di qualunque shonenata abbia mai letto. Ho trovato impossibile empatizzare con loro, Nakaba Suzuki nei confronti di Meliodas fa dei favoritismi mai visti prima nei confronti del protagonista di un manga shonen, è inevitabile supporre che sia banalmente un suo patetico self-insert. Sin dall’inizio Meliodas risulta detestabile: non ha carisma, ha sempre la stessa espressione indecifrabile in faccia, è immediatamente fortissimo, non ha nessun percorso di crescita e il suo unico quirk é essere un pervertito. Probabilmente gli viene conferito l’aspetto di un bambino per rendere meno inquietanti o addirittura innocenti le continue palpate ad Elizabeth, che ricordiamo avere 16 anni.
Sebbene un po’ di fanservice possa anche essere sopportabile nel contesto di qualche gag comica, le scenette in cui Meliodas si avvinghia ad Elizabeth e si comporta da maniaco diventano fastidiose e ripetitive in fretta. L’autore per rendere la cosa meno ambigua fa anche innamorare sin da subito Elizabeth del suo molestatore, che a sua volta tiene a lei per una fortuita somiglianza con la sua ex ragazza (deceduta in circostanze lacrimose ovviamente), con vari rossori imbarazzati fa presentire qualche sorta di consenso e fa rimanere la ragazza immobile e muta mentre subisce qualsiasi cosa senza reagire. Come non notare poi il disturbante “non toccare la mia donna” pronunciato da Meliodas con in braccio una Elizabeth neonata quando Zaratras inspiegabilmente torna in vita e viaggia nel tempo con la ragazza, commossa da tale esternazione di “amore”. Subito dopo la morte di Liz quindi Meliodas vede in Elizabeth ancora in fasce il suo ripiego: l’angosciante conclusione cui si potrebbe giungere è che Meliodas fa una specie di child grooming di sta poveretta, nell’attesa di palpeggiarla tutto il tempo una volta cresciuta perché è la reincarnazione di Liz. Ma come si fa ad arrivare a parare ad una situazione così inquietante?
Elizabeth è veramente insipida, sta sempre a piagnucolare, agisce per essere la waifu perfetta e nel tentativo goffo di sopperire alla sua inutilità le viene fornito all’improvviso un potere sopito curativo incredibile, tra l’altro come ennesimo deus ex machina (di cui è pieno fino alla nausea questo manga) per concludere lo scontro con Hendrickson-demone. Ovviamente è ingenua, pensa sempre solo agli altri e mai a se stessa, è audace tra un panty shot e l’altro ma allo stesso tempo modesta, pudica e genuina e mamma mia che noia, un personaggio estremamente svilente il cui ruolo è commensurabile a quello di un soprammobile o per essere più schietti a un giocattolo sessuale in abiti succinti che urla “nobile Meliodas” a ripetizione.
Per non parlare degli altri personaggi femminili, come detto prima se già i personaggi principali lasciano a desiderare figuriamoci i secondari, sia maschili che femminili, ma in particolare qualsiasi tentativo di approfondire la psicologia delle ragazze risulta ridicolo: Diane che non si sa perché è innamorata del capitano, il motivo alquanto imbarazzante dovrebbe essere che è stato il primo che l’ha definita “fanciulla indifesa” (ma dove?), vorrebbe coronare il sogno della sua vita di starci insieme, desidera essere piccola e carina per compiacerlo ma poi dal nulla questi sentimenti svaniscono perché in realtà stava proiettando i ricordi di King su Meliodas e per necessità di trama il suo nuovo interesse amoroso diventa lui, Vivian che spunta fuori nello scontro con Hendrickson motivata solo dall’amore non corrisposto per Gilthunder e poi sparisce, Liz che senza nessuna caratterizzazione schiatta solo ai fini del power up successivo di Meliodas, Jericho che vuole dimostrare al fratello di essere forte e per perseguire questo obbiettivo beve il sangue del demone rosso, dopodiché ha diverse uscite campate in aria sul cosa significhi sentirsi donna e quando viene salvata da Ban, che inizialmente l’aveva anche umiliata, si innamora di lui e vuole seguirlo solo per farsi continuamente denudare, boh. Insomma, nessuna ragazza in sto manga pare avere una volontà propria, tutte agiscono solo in funzione di un uomo e soprattutto sono tutte sempre mezze nude. Guila pare essere l’unico personaggio femminile non eccessivamente sessualizzato e l’ho trovata gradevole, ha un desiderio di rivalsa motivato dalla necessità di proteggere suo fratello piccolo e il parallelismo con il padre e il suo successivo cambiamento in positivo sono credibili, ma anche lei purtroppo si perde in seguito nella storia, tra scenette mezze yuri con Veronica - che era anche stata uccisa da Guila stessa ma non si sa come é resuscitata e ha perdonato la sua assassina perché giustamente il suddetto omicidio è stato solo un piccolo e triviale errore del passato - senza contare che viene sfruttata per dare spunti sull’approfondimento di Gowther quando quest’ultimo le fa il lavaggio del cervello.
Parlando proprio di Gowther, si tratta del trito e ritrito concetto dell’androide desideroso di provare sentimenti umani riproposto come la bambola che mossa da un dolore artificiosamente inconsolabile vuole avere un cuore, inoltre ad aggiungersi alla lista lunghissima di plot twist incongruenti fa anche parte dei 10 comandamenti di cui Meliodas era il capo. Per approfondire il suo personaggio - sgradevole sin da subito tra l’altro - l’autore crea nuove sottotrame inutili, rovinando anche il personaggio di Diane che per l’ennesima volta perde la memoria e da quel momento in poi diventa sempre più inutile e subordinata a King che la deve salvare, tanto potenziale sprecato in lei. Si può dire che dei fantomatici 7 peccati capitali Ban sia l’unico con una caratterizzazione decente, insieme al potere interessante di Escanor mal sfruttato.
Il voto potrebbe essere anche 1 ma i disegni salvano l’intera serie, tralasciando pose e proporzioni dei personaggi a volte un po’ strane, le tavole sono piene di dettagli e gli sfondi hanno prospettive ben fatte: primi piani di castelli medievali e paesaggi suggestivi, villaggi che si ergono su cime maestose, dalle pesanti armature dei cavalieri fino alla dinamicità nelle scene di combattimento. Insomma, i disegni sono forse l’unico pregio di questo manga.
Qualche personaggio riuscito con cui si riesce un minimo ad empatizzare, rari momenti divertenti e pochi scontri ben riusciti in un mare di mediocrità: the seven deadly sins si può dire che “arriva tardi”, portando stilemi tipici di opere precedenti ormai già superati (è praticamente Dragon Ball nel medioevo), fanservice esasperante, sentimentalismi vari ai limiti del trash, relazioni amorose inquietanti frutto delle innumerevoli perversioni e fetish dell’autore e facendo un minestrone di elementi fantasy senza nulla di innovativo. Uno dei pochi manga che dopo la lettura non mi ha lasciato assolutamente niente, se non un senso di fastidio e soprattutto rimorso di aver buttato il mio tempo e i miei soldi, motivo per cui ho dovuto sfogarmi scrivendo questa recensione lunghissima per i malcapitati che avranno voglia di leggersela tutta.