Recensione
Il bambino di Dio
8.0/10
Il bambino di Dio, scritto e disegnato dal duo Satoshi e Chiaki Nishioka, narra lo scorrere della vita di uno psicopatico e della sua logica corrotta che lo porta a diventare un serial killer. La narrazione nel complesso è coerente e lineare; nella prima metà il susseguirsi dei fatti mette in risalto le riflessioni fatte dal protagonista, mentre nella seconda metà, il racconto tende ad avere un ritmo più frettoloso, ma che rimane comunque valido. Il tratto del disegno in quest'opera è davvero particolare. È infatti sufficiente vedere la copertina per rendersi conto di come le linee sottili enfatizzino uno stile pittoresco, disordinato e irregolare, con bianchi e neri perfettamente bilanciati. La tecnica di disegno però trova la sua massima espressione nell'ambientazione che la storia offre, un racconto che non nasconde le citazioni bibliche, ma che anzi, le utilizza per mostrare l'evoluzione psicologica del protagonista, in perfetto contrasto con la descrizione tipica di un serial killer. La storia ha inizio con il protagonista che narra la sua stessa nascita. Nascita traumatica, avvenuta, non nel tepore del grembo materno, bensì nello stomaco. Il bambino, ben prima d'esser nato, si trova in una situazione di inquietudine, può morire da un momento all'altro e, una volta nato dalle feci, inizia la sua vendetta verso un mondo che già lo ripudia. La caratteristica che rende particolare questo manga è la logica che il protagonista utilizza nelle sue riflessioni e nella sua crescita che, seppur corrotta, mostra schematicità e ordine. Cinico, indifferente, freddo e vendicativo: sono queste le peculiarità del protagonista. Anche se nella sua infanzia assiste a episodi che segnerebbero chiunque, è la sua totale assenza di emozioni che lo porta a sviluppare la sua psiche contorta. Nonostante la crudezza delle azioni e dei disegni, l'elemento più inquietante all'interno di quest'opera è la noncuranza della comunità. Il manga mette in risalto quanto sia incoerente, da parte delle persone, dimenticare ogni omicidio o non far caso alle vittime scomparse. Ed è proprio grazie a questa falla nel sistema che il protagonista compie le sue disgrazie. Chi penserebbe mai che sia un bambino ad uccidere i propri compagni di classe? Chi farebbe mai caso alle morti di persone totalmente abbandonate dalla comunità? Quando i soli omicidi però non sono più sufficienti, il protagonista crea una setta con lo scopo di impartire il suo ideale e il suo credo. In modo meticoloso riesce quindi ad alzare l'asticella, evolversi, sopprimendo la sensazione di noia che lo attanaglia. Tuttavia, è quando la sua meticolosità viene meno, che la vita gli va contro. Proprio quando l'essere vendicativo, senza emozioni, inizia a mostrare un briciolo di umanità, tutto gli crolla addosso. Ma non sarà sufficiente: la vendetta, non può essere fermata.