Recensione
Odd Taxi
8.5/10
Recensione di killer_bee
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Da una macchina produttiva che troppo di rado sforna prodotti realmente rilevanti, “Odd Taxi” giunge come una cannonata per ricordarci che, come un saggio Alfred Hitchcock diceva: “Un buon film è fatto di tre cose: la sceneggiatura, la sceneggiatura e la sceneggiatura”, e lo stesso si può dire di una buona serie. L’opera è una vera e propria dichiarazione d’amore alla logica, alla coerenza e all’intreccio narrativo: con la minuzia di un maniscalco, Konomoto (ideatore e sceneggiatore) compone ogni episodio mattoncino dopo mattoncino, costruendo le fondamenta di una trama inespugnabile, cristallina ma soprattutto pregna di sottotesti.
Proprio così, perché, nonostante il leitmotiv dell’opera noir sia il trepidante concatenarsi di eventi che perseguitano il nostro malcapitato protagonista dopo la sparizione di una liceale salita a bordo del suo taxi, c’è tanto di più. Non che l’accumularsi dei misteri e il destino del tassista non siano interessanti, tutto il contrario: si muore dalla voglia di scoprire cosa succederà di una volta in volta, anche grazie a momenti climatici magistrali che invitano a cliccare play sull’episodio successivo.
È che, una volta giunti alla fine, ci si accorge che il dito puntava alla Luna e noi guardavamo il dito. Non è un caso che il teatro della vicenda sia la scintillante Tokyo, grande vera protagonista dell’anime, e che un tassista ne sia il portavoce. Al pari forse dei bartender (non a caso citati nel corso della narrazione), i tassisti hanno il privilegio di affacciarsi e sbirciare nelle vite delle persone, di assaporare un assaggio dei loro sogni, ambizioni, paure, problemi e vicissitudini, anche se per poco. Nel nostro caso si tratta di una ventina di personaggi che hanno a che fare, indirettamente o direttamente, con il nostro e con il suo taxi. Tutti, oltre ad avere ruoli rilevanti ai fini della trama, sono caratterizzati in maniera sublime, dedicando loro coraggiosamente anche intere puntate che sembrano scostarsi dalla storia principale. Una mossa sconsiderata? Inizialmente forse, ma, man mano che l’opera prosegue, ci si accorge di come, più che il preciso incastro dei pezzi del puzzle, ognuno di loro rifletta con la propria storia una critica più o meno velata alla società moderna giapponese, nello specifico a quella Tokyo tanto luminosa quanto ricca di ombre, di zone grigie che lasciano intravedere un’ambiguità e un’incoerenza magnificamente giapponesi (il nostro stesso protagonista si ritroverà a chiedersi: “Ma è ancora Tokyo questa?!”).
Dal mercato delle idol, tanto attraente quanto controverso, alla yakuza, baluardo del “non funzionante” e che si nutre dei vuoti dello Stato, alla concorrenza spietata di chi prova a farsi strada nel mondo dello spettacolo, all’ossessione verso la fama da social network e alla sua estrema volatilità, alle insidie dei giochi play to win, anticamera della ludopatia, “Odd Taxi” ci mette di fronte ad archetipi di persone (a noi molto familiari) più che personaggi, che davanti alle insidie della vita globalizzata e iper-connessa reagiscono in modi completamente differenti: chi riesce a farsi un nome e chi no, chi inganna e chi viene ingannato, chi ce la fa davvero e chi si illude, chi vince qualcosa e chi perde tutto. Insomma, l’allegoria del forte che mangia il debole nella catena alimentare. Tutto questo è ancora più calzante, se pensiamo che i personaggi di “Odd Taxi” sono animali. Evoluti e in questo caso antropomorfi, certo, ma pur sempre animali, che istintivamente lottano per sopravvivere in un mondo che è molto più duro di quello che sembra. Oltre la coltre della metropoli ovattata, enfatizzata ancora di più da una direzione artistica morbida, caricaturale e colorata, si nasconde e contrasta (anche stilisticamente) un sottobosco di criminalità e passati complicati dalle tinte drammatiche e noir, dove la selezione naturale regna sovrana e chi non sbrana viene inevitabilmente sbranato.
Ancora una volta, sembrano essere l’onestà e l’amore a venirci in aiuto, perché chi mette un freno alla lotta per la sopravvivenza è colui che vivrà davvero e in modo genuino. Chi farà del bene riceverà inevitabilmente del bene in cambio. Così come la legge del contrappasso colpirà chi se lo merita. Se questo, secondo gli autori, sarà sufficiente per salvarsi definitivamente, scopritelo voi stessi! Buona visione.
Proprio così, perché, nonostante il leitmotiv dell’opera noir sia il trepidante concatenarsi di eventi che perseguitano il nostro malcapitato protagonista dopo la sparizione di una liceale salita a bordo del suo taxi, c’è tanto di più. Non che l’accumularsi dei misteri e il destino del tassista non siano interessanti, tutto il contrario: si muore dalla voglia di scoprire cosa succederà di una volta in volta, anche grazie a momenti climatici magistrali che invitano a cliccare play sull’episodio successivo.
È che, una volta giunti alla fine, ci si accorge che il dito puntava alla Luna e noi guardavamo il dito. Non è un caso che il teatro della vicenda sia la scintillante Tokyo, grande vera protagonista dell’anime, e che un tassista ne sia il portavoce. Al pari forse dei bartender (non a caso citati nel corso della narrazione), i tassisti hanno il privilegio di affacciarsi e sbirciare nelle vite delle persone, di assaporare un assaggio dei loro sogni, ambizioni, paure, problemi e vicissitudini, anche se per poco. Nel nostro caso si tratta di una ventina di personaggi che hanno a che fare, indirettamente o direttamente, con il nostro e con il suo taxi. Tutti, oltre ad avere ruoli rilevanti ai fini della trama, sono caratterizzati in maniera sublime, dedicando loro coraggiosamente anche intere puntate che sembrano scostarsi dalla storia principale. Una mossa sconsiderata? Inizialmente forse, ma, man mano che l’opera prosegue, ci si accorge di come, più che il preciso incastro dei pezzi del puzzle, ognuno di loro rifletta con la propria storia una critica più o meno velata alla società moderna giapponese, nello specifico a quella Tokyo tanto luminosa quanto ricca di ombre, di zone grigie che lasciano intravedere un’ambiguità e un’incoerenza magnificamente giapponesi (il nostro stesso protagonista si ritroverà a chiedersi: “Ma è ancora Tokyo questa?!”).
Dal mercato delle idol, tanto attraente quanto controverso, alla yakuza, baluardo del “non funzionante” e che si nutre dei vuoti dello Stato, alla concorrenza spietata di chi prova a farsi strada nel mondo dello spettacolo, all’ossessione verso la fama da social network e alla sua estrema volatilità, alle insidie dei giochi play to win, anticamera della ludopatia, “Odd Taxi” ci mette di fronte ad archetipi di persone (a noi molto familiari) più che personaggi, che davanti alle insidie della vita globalizzata e iper-connessa reagiscono in modi completamente differenti: chi riesce a farsi un nome e chi no, chi inganna e chi viene ingannato, chi ce la fa davvero e chi si illude, chi vince qualcosa e chi perde tutto. Insomma, l’allegoria del forte che mangia il debole nella catena alimentare. Tutto questo è ancora più calzante, se pensiamo che i personaggi di “Odd Taxi” sono animali. Evoluti e in questo caso antropomorfi, certo, ma pur sempre animali, che istintivamente lottano per sopravvivere in un mondo che è molto più duro di quello che sembra. Oltre la coltre della metropoli ovattata, enfatizzata ancora di più da una direzione artistica morbida, caricaturale e colorata, si nasconde e contrasta (anche stilisticamente) un sottobosco di criminalità e passati complicati dalle tinte drammatiche e noir, dove la selezione naturale regna sovrana e chi non sbrana viene inevitabilmente sbranato.
Ancora una volta, sembrano essere l’onestà e l’amore a venirci in aiuto, perché chi mette un freno alla lotta per la sopravvivenza è colui che vivrà davvero e in modo genuino. Chi farà del bene riceverà inevitabilmente del bene in cambio. Così come la legge del contrappasso colpirà chi se lo merita. Se questo, secondo gli autori, sarà sufficiente per salvarsi definitivamente, scopritelo voi stessi! Buona visione.