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“Zelda II: The Adventure of Link” è probabilmente il capitolo più controverso della saga di “The Legend of Zelda”. Uscito nel lontano 1987 su NES, all’epoca venne celebrato sia dalla critica che dal pubblico e fu un importante successo commerciale. Oggi però il giudizio degli appassionati sembra molto più eterogeneo. Da una parte viene ancora considerato come una delle pietre miliari della sua epoca e non è difficile trovarlo all’interno delle classifiche sui 20/30 giochi migliori per NES. Al tempo stesso, viene quasi sempre considerato come uno dei giochi più deboli della saga, ricoprendo spesso le ultime posizioni delle classifiche di coloro che cercano di ordinare i capitoli del franchise dai migliori ai peggiori. A cosa è dovuto questo squilibrio? Possibile che “Zelda II” sia un titolo buono per la sua epoca, ma invecchiato troppo male? Oppure, un gioco dignitoso se preso di per sé, ma pessimo se confrontato con gli altri capitoli della serie? Rispondere a questi quesiti non è facile, perché indipendentemente dalla prospettiva che si voglia assumere per giudicare questo sequel, il gioco mostra del potenziale su più fronti, non convincendo però mai fino in fondo su nulla. Io personalmente l’ho valutato contestualizzandolo al suo periodo ed evitando di fare paragoni improponibili con altri capitoli della saga, visto che comunque all’uscita di questo gioco vi era un solo predecessore.

Partiamo da un punto: personalmente non adoro il primissimo Zelda del 1986. L’ho giocato, finito e apprezzato, ma lo reputo un titolo invecchiato piuttosto male, basato unicamente su segreti incomprensibili e privo di quell’immediatezza che invece hanno mantenuto altri giochi dell’epoca. Dico questo solo per specificare che proprio grazie al fatto di non avere una stima smisurata del primo capitolo mi approcciai a “Zelda II: The Adventure of Link” senza pregiudizi né aspettative particolari. Sapevo che il gioco sarebbe stato molto diverso e che questo stravolgimento non è mai stato apprezzato da molti giocatori. Si tratta probabilmente di un giudizio nato a posteriori per via del fatto che i giochi successivi del brand hanno ripreso maggiormente la formula del primo capitolo piuttosto che di questo secondo. Ma a me sinceramente incuriosiva l’idea di giocare a uno Zelda con scorrimento orizzontale, più action e più platform. E la cosa, infatti, non mi è dispiaciuta. Il pregio più grande per me di “Zelda II” consiste proprio nella sua formula. Abbiamo un action a scorrimento in stile “Castlevania” (serie che adoro), con elementi RPG stile Dragon Quest (altra serie che apprezzo) e infine un po’ di “Super Mario” a condire il tutto. Il risultato aveva molto potenziale e in discreta parte funziona a dovere, ma devo ammettere che questo connubio di generi funziona meglio su alcuni aspetti piuttosto che su altri. Gli elementi da gioco di ruolo sono forse l’aspetto più convincente, per quanto essenziale. Accumulare esperienza e aumentare la vitalità, la magia e l’attacco è un obiettivo costante e soddisfacente. Il gameplay è complessivamente buono, ma la spada di Link ha un raggio d’azione decisamente troppo corto (non a caso in Castlevania i protagonisti usano una frusta, arma ideale per giustificare un raggio d’attacco maggiore). I controlli sono in linea con l’epoca, oggi possono risultare un po’ scomodi, ma sono comunque migliori rispetto a quelli di tanti altri giochi del periodo.

A questo punto viene da chiedersi: possibile che questo “Zelda II” sia tanto bistrattato unicamente per il fatto di essere diverso dal predecessore e dai capitoli successivi? Può essere che questo sia effettivamente il motivo per cui viene così tanto denigrato dagli appassionati, ma credo che il gioco soffra di un problema tutto suo che in parte compromette l’intera esperienza di gioco: “Zelda II: The Adventure of Link” è frustrante. Solo chi l’ha giocato fino alla fine potrà capire a cosa mi riferisco, ma vi assicuro che la difficoltà di questo gioco è stata bilanciata malissimo. Ora, molti giochi di quell’epoca ai nostri occhi contemporanei possono apparire come punitivi e massacranti, ma alcuni di essi erano difficili con criterio e in modo più o meno corretto. “Zelda II” invece è un titolo che gioca sporco. Ogni zona, ogni dungeon è costruito per mettere alle spalle i giocatori in modo talmente artificioso da risultare quasi ridicolo. Il gioco ti lancia addosso un numero di nemici talmente assurdo che mantenere la calma in alcuni momenti sarà impossibile anche per i giocatori più pazienti. Il problema nella difficoltà di questo capitolo è che diventa sempre più infame, in particolare il percorso per arrivare al castello finale è un vero e proprio girone infernale. Ci sono giochi molto difficili, ma sommariamente corretti (come il primo capitolo) che quando giungi al termine dopo tanta fatica ti senti pervaso da un potente senso di soddisfazione che ti fa capire che alla fine tutto l’impegno è stato ripagato. Finire esperienze frustranti come “Zelda II” invece mi lascia con forti perplessità e mi fanno chiedere se ne sia valsa davvero la pena. È una di quelle esperienze che ti fanno fortemente desistere dall’idea di avviare una seconda run.

È un vero peccato che la difficoltà di questo gioco sia così tremendamente fuori controllo, perché è praticamente l’unico aspetto che a mio avviso non funziona. Per il resto abbiamo una buona grafica, delle ottime musiche, una mappa abbastanza riuscita e tante idee interessanti che danno vita a un gioco notevole sulla carta per i suoi tempi, ma che fallisce nel creare una sfida equilibrata e onesta. Personalmente lo reputo un buon gioco, ma che soffre di una programmazione approssimativa. Tanto per cominciare, se Link avesse avuto una spada più lunga avrebbe potuto colpire i nemici in modo più naturale, quando in realtà ci vuole una precisione decisamente esagerata. Per non parlare del numero esageratissimo di nemici e del danno spropositato che fanno quando ti colpiscono. Bastava essere più accorti sotto questi aspetti per realizzare un’esperienza più godibile, e specifico che ci sono molte altre scorrettezze di vario tipo a cui il gioco ti mette costantemente di fronte. Inutile dire che per tutti gli amanti della saga o dell’epoca NES si tratta di una tappa obbligatoria, me personalmente, qualora dopo poche ore non dovesse piacere, mi sento di dare un consiglio spassionato: non proseguite, il gioco dà il meglio di sé nelle parti iniziali, quando la difficoltà è tutto sommato gestibile. Andare avanti nell’idea che l’esperienza possa risultare più abbordabile nelle fasi finali, magari grazie a qualche magia o al miglioramento delle statistiche, è un modo per auto-ingannarsi. Sentitevi liberi di recuperare “Zelda II”, ma non fatevi troppe aspettative e sappiate dove fermarvi nel caso l’esperienza diventi troppo frustrante.