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Nei giorni che accompagnano l’uscita nelle sale cinematografiche italiane de “Il ragazzo e l’airone”, mi è sembrato doveroso chiudere il mio personale conto in sospeso con Miyazaki, prendendo visione dell’ultimo lungometraggio che mi mancava della sua collezione e che, scherzo del destino, è anche il primo a cui egli lavorò da regista, “Lupin III - Il castello di Cagliostro”.

Era il 1979 e, dopo aver diretto quindici episodi de “Le avventure di Lupin III” e aver lavorato a “Conan, il ragazzo del futuro”, Miyazaki ottenne il benestare per dirigere il secondo lungometraggio dedicato ad Arsenio Lupin III, il mitico ladro ideato dalla geniale mente di Money Punch. Miyazaki ci impiegò soltanto otto mesi, lavorando in compagnia degli immancabili Ōtsuka e Takahata, per dare alla luce quello che ancora oggi è considerato uno dei più bei film del franchise.

Nel 1968, dopo esser fuggito a bordo della sua Fiat 500 F assieme a Jigen, il ladro di fama internazionale Arsenio Lupin s'accorge che il denaro appena rubato dal caveau del Casinò di Monte Carlo appartiene al "denaro del Capro", una valuta falsa di eccellente qualità, che sta mettendo in crisi l’economia mondiale. Egli decide quindi di andare alla fonte, giungendo nel piccolo e poco densamente abitato Arciducato di Cagliostro. Poco dopo il loro arrivo, i due si imbattono in una giovane ragazza inseguita da una banda di malintenzionati e decidono di salvarla. Lupin e la ragazza cadono in un dirupo e il ladro sviene, mentre la giovane scappa, lasciando al ladro un anello con un sigillo. Lupin riconosce nella ragazza Clarisse, la dolce e bellissima duchessa di Cagliostro, tornata dopo dieci anni in convento per diventare controvoglia la sposa del malvagio Conte di Cagliostro, suo lontano parente e reggente del Paese dalla morte dei suoi genitori. Lupin ha un debito di riconoscenza nei confronti della giovane ragazza, per questo motivo farà di tutto per provare a salvarla. Ma dove c'è lui, c'è sempre l'ispettore Zenigata e, dove ci sono soldi, c'è sempre l'ombra di Fujiko. Inoltre, questa volta, l'Interpol e una banda di ninja dalle unghie a sciabola si sono dati appuntamento per fermarlo. Ce la farà?

Il personaggio e la storia di Lupin obbligano Miyazaki a lavorare ad un film leggermente atipico, per quelli che saranno i suoi standard successivi. L’azione e l’avventura, accompagnate da una buona dose di comicità, la fanno da padrona. Miyazaki lascia da parte la sua vena poetica, per consegnare ai posteri un lungometraggio fatto di inseguimenti rocamboleschi, situazioni surreali e continui rovesciamenti di fronte, che ricordano perlopiù il precedente “Conan, il ragazzo del futuro”. Elementi che soltanto in minima parte troveranno spazio nei suoi lavori successivi, di maggior impatto emotivo e decisamente più poetici. “Lupin III - Il castello di Cagliostro” è un film dalle poche pretese, che vuole intrattenere e divertire, riuscendoci in maniera grandiosa. Per tutta la pellicola, si procede a ritmo spedito, veloce e cadenzato. Si passa rapidamente dalla bagarre con gli inseguitori di Clarissa all’inseguimento con l’ispettore Zenigata, arrivando alla fuga in autogiro con l’ausilio della bella Fujiko. Il tutto inquadrato nella cornice del segreto legato al tesoro dei Cagliostro. Ecco, in questo si riconosce il vero Miyazaki, che protrae il mistero per tutta la storia e decide di rivelarlo soltanto alla fine, quando il male è stato sconfitto e, ovviamente, Lupin ha avuto la meglio, sfuggendo ancora una volta dalle grinfie del povero ispettor Zenigata.

Se è vero che almeno altri cinque anni sarebbero passati dalla produzione del film che ha segnato la nascita del Miyazaki formato Studio Ghibli, “Nausicaä della Valle del Vento”, alcuni dei tratti distintivi di tutta la produzione successiva sono già presenti in questa pellicola. Innanzitutto, la sconfinata passione del regista giapponese per il Bel Paese. Come sarebbe stato anche per uno dei suoi film più celebri, “Porco Rosso”, Miyazaki ambienta il secondo lungometraggio dedicato a Lupin in una nazione immaginaria ispirata a una località italiana realmente esistente, il piccolo comune di San Leo, situato su uno sperone di roccia della Valmarecchia, in Emilia-Romagna. Come in un ritratto realista, l’Arciducato di Cagliostro è circondato da paesaggi naturali di un colore verde accesso e un azzurro brillante, che sanciscono il trionfo della natura e delle sue bellezze. La cura nei disegni e, più di ogni altra cosa, la regia sublime trasmettono una familiarità confortante e una magia che, ad oggi, onestamente, ho ritrovato soltanto nei film di Miyazaki. A ciò, si aggiunge l’usuale e cospicua presenza di personaggi femminili che, se questo non fosse stato un film apertamente dedicato a Lupin, avrebbero potuto tranquillamente dominare la scena. Clarisse, nella fattispecie, emana quell’aura di mistero e quell’ingenuità che l’avrebbero resa una protagonista perfetta, al pari della dolce Kiki nell’omonimo film.

Concludo con la più classica delle menzioni d’onore, a un reparto musicale eccelso e che potrebbe reggersi in piedi grazie alla sola opening, “Fire Treasure”, interpretata da Bobby & You & The Explosion Band. Tutto questo per dirvi che, sì, dovete assolutamente guardarvi “Lupin III - Il castello di Cagliostro”.