Recensione
Peline Story
9.5/10
Recensione di Irene Tempesta
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Questo bellissimo anime prende il libro "In famiglia" di Hector Malot del 1893, che si concentrava sulla denuncia sociale del lavoro in generale e soprattutto minorile dell'epoca, e lo amplifica, rendendolo una storia più profonda ed emozionante, senza snaturare i temi del libro, conservandone l'essenza.
Il genere meisaku ormai lo adoro, e ogni nuovo anime di questo genere mi dà grandi emozioni.
Non si può dire che "Peline Story" sia una storia facile, e non lo consiglierei neanche a un pubblico di bambini, poiché, nonostante la protagonista abbia solo tredici anni, le sue esperienze, le scelte e anche la mentalità assomigliano a quella di una persona molto matura se non addirittura adulta in certi ambiti. Va precisato che alla fine dell'Ottocento tanti bambini cominciavano a lavorare dopo i tredici anni, per dare una mano in famiglia, gli adolescenti di oggi non potrebbero certo identificarsi.
Questo anime molto intenso per i primi ventitré episodi ha una trama ideata e sviluppata dal team giapponese, totalmente assente dal libro da cui è tratto, ed è focalizzata sul viaggio, la vita di due migranti madre e figlia che, grazie a un carretto, il loro fedele asino Palikare e il cane Barone, percorrono la Bosnia, poi la Grecia, dove il padre di Peline purtroppo viene a mancare, la Croazia e l'Italia, per raggiungere la Francia, la tanto agognata Maraucourt, patria del nonno di Peline.
Questa bambina è devota alla famiglia, giudiziosa, perbene, con una grande determinazione e spirito di sacrificio. Il loro viaggio, fermandosi spesso per lavorare dove capitava come fotografi ambulanti (le foto a fine Ottocento erano una rarità e ben pagate), sarà denso di incontri ed esperienze; il ritmo narrativo è lento, ma ogni cosa è ben dosata, al fine di immergerti in questo viaggio nei dettagli e capire come si poteva vivere all'epoca, con i giusti colpi di scena, senza cadere nel banale.
La seconda parte della trama mi ha devastato, da lì infatti parte il romanzo da cui è tratto, e le sorti della nostra piccola Peline cambieranno drasticamente.
Questa storia mostra una ragazzina che ha toccato il fondo, che ne ha passate davvero tantissime nonostante l'età, e nonostante tutto è riuscita a rialzarsi, a cercare di cavarsela con le sue sole forze, cercando di essere sempre ottimista: questo è il valore più bello di tutto l'anime secondo me.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Peline, ad un passo da Maraucourt, vedrà la malattia della madre degenerare, e per pagarle le cure dovrà vendere tutto: il carro, l'attrezzatura fotografica, l'adoratissimo e fedele Asino Palikare (mi è pianto il cuore quando l'hanno dovuto dare via, era una cara bestiola che non si lamentava mai, faticava tantissimo per il viaggio ed era sempre generoso), ma purtroppo le costose cure non riusciranno a salvare la madre, che perirà di lì a breve.
Da lì ho visto un'esistenza priva di ogni cosa: nessuna famiglia, nessuna casa, pochissimi spiccioli con cui comprare, solo un po' di pane del giorno prima e... solo le proprie gambe per raggiungere la vicina Maraucourt, dormendo sempre all'aperto, con la pioggia, con le intemperie, col caldo soffocante. Ragazzi, questa piccola Peline ha anche rischiato di morire di fame! È arrivata a un passo dalla morte.
Nel libro il cane Barone non esiste e, se devo essere sincera, io non l'ho trovata una presenza indispensabile, anzi, dall'anime si capiva che era obsoleto, e per me potevano non inserirlo nel contesto.
Una volta arrivata a Maraucourt, ci si aspetterebbe che Peline si presenti al nonno Vilfran Paindavoine, ricco proprietario di un enorme cotonificio che dà lavoro a tutta la città, e invece, temendo rifiuto e disprezzo (il nonno non ha mai accettato che il figlio francese sposasse una donna indiana, Peline infatti è bilingue ed è anglo-indiana), decide di lavorare come operaia in quell'azienda sotto falso nome, chiamandosi Aurèlie. Le condizioni in cui dormivano le operaie lasciavano a desiderare, dodici donne in una stanza in letti a castello, l'affitto costoso, così Peline decide di cavarsela da sola e andare ad abitare in un casone adibito alla caccia in autunno, in legno, vicino al laghetto del piccolo bosco di salici piangenti a pochi passi dal cotonificio.
La cosa che mi rimarrà sempre impressa è la scena dove le si rompe una scarpa lavorando, ma il salario che prende come operaia addetta ai carrelli non le permette di comprarsi scarpe nuove; così le rattoppa alla buona e va a lavorare con la scarpa rattoppata per qualche giorno! Nel mentre, se ne costruisce un paio da sola, con materiali semplici, ago, filo e un nastro azzurro, creando delle graziosissime scarpe da ballerina in fibra con le canne intrecciate che trova vicino alla vegetazione; le scelte di questa coraggiosissima bambina mi hanno lasciato basita più volte.
La sua esperienza mi ha mostrato cosa possa significare non avere nulla di nulla al mondo, se non la propria vita, la propria volontà, determinazione e ottimismo; gli amici di Maraucourt Rosalie e l'ingegnere Fabry daranno sollievo alla solitudine di Peline, ammirandola per la sua creatività, nonché umiltà, generosità, gentilezza e dignità... e fortunatamente questa è una storia a lieto fine.
Fine parte contenente spoiler
Vengono trattati tanti temi interessanti: l'emigrazione e le emozioni di quel viaggio belle e brutte, l'intenso amore tra madre e figlia, le difficoltà legate a un viaggio internazionale, l'amore per i propri animali considerati di famiglia, il toccare il fondo e non avere nulla e sapersi rialzare, la disperazione, la fame, la perdita, la xenofobia, le condizioni di lavoro precarie, il cercare di dare una vita dignitosa agli operai, il riuscire a sopravvivere con le proprie forze senza denaro e senza nulla, il valore dell'ottimismo, lo sfruttamento del lavoro minorile, le trame alle spalle per ottenere il posto da titolare, la dignità nonostante la miseria, l'umiltà, l'amicizia sincera, l'aiutarsi l'un con l'altro, la solidarietà, il perdono...
L'anime è datato 1978 e la grafica è figlia di quel tempo, certamente imparagonabile agli standard odierni, tuttavia a me non è dispiaciuta, perché è testimonianza di come si facevano gli anime a quei tempi, e comunque è un prodotto molto curato, con un'ottima sceneggiatura.
Consiglio questo intenso anime a chi ama le storie ambientate nell'Ottocento e che mostrano uno spaccato di vita drammatico, sincero, profondo, con protagonisti interessati e accattivanti.
Il genere meisaku ormai lo adoro, e ogni nuovo anime di questo genere mi dà grandi emozioni.
Non si può dire che "Peline Story" sia una storia facile, e non lo consiglierei neanche a un pubblico di bambini, poiché, nonostante la protagonista abbia solo tredici anni, le sue esperienze, le scelte e anche la mentalità assomigliano a quella di una persona molto matura se non addirittura adulta in certi ambiti. Va precisato che alla fine dell'Ottocento tanti bambini cominciavano a lavorare dopo i tredici anni, per dare una mano in famiglia, gli adolescenti di oggi non potrebbero certo identificarsi.
Questo anime molto intenso per i primi ventitré episodi ha una trama ideata e sviluppata dal team giapponese, totalmente assente dal libro da cui è tratto, ed è focalizzata sul viaggio, la vita di due migranti madre e figlia che, grazie a un carretto, il loro fedele asino Palikare e il cane Barone, percorrono la Bosnia, poi la Grecia, dove il padre di Peline purtroppo viene a mancare, la Croazia e l'Italia, per raggiungere la Francia, la tanto agognata Maraucourt, patria del nonno di Peline.
Questa bambina è devota alla famiglia, giudiziosa, perbene, con una grande determinazione e spirito di sacrificio. Il loro viaggio, fermandosi spesso per lavorare dove capitava come fotografi ambulanti (le foto a fine Ottocento erano una rarità e ben pagate), sarà denso di incontri ed esperienze; il ritmo narrativo è lento, ma ogni cosa è ben dosata, al fine di immergerti in questo viaggio nei dettagli e capire come si poteva vivere all'epoca, con i giusti colpi di scena, senza cadere nel banale.
La seconda parte della trama mi ha devastato, da lì infatti parte il romanzo da cui è tratto, e le sorti della nostra piccola Peline cambieranno drasticamente.
Questa storia mostra una ragazzina che ha toccato il fondo, che ne ha passate davvero tantissime nonostante l'età, e nonostante tutto è riuscita a rialzarsi, a cercare di cavarsela con le sue sole forze, cercando di essere sempre ottimista: questo è il valore più bello di tutto l'anime secondo me.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Peline, ad un passo da Maraucourt, vedrà la malattia della madre degenerare, e per pagarle le cure dovrà vendere tutto: il carro, l'attrezzatura fotografica, l'adoratissimo e fedele Asino Palikare (mi è pianto il cuore quando l'hanno dovuto dare via, era una cara bestiola che non si lamentava mai, faticava tantissimo per il viaggio ed era sempre generoso), ma purtroppo le costose cure non riusciranno a salvare la madre, che perirà di lì a breve.
Da lì ho visto un'esistenza priva di ogni cosa: nessuna famiglia, nessuna casa, pochissimi spiccioli con cui comprare, solo un po' di pane del giorno prima e... solo le proprie gambe per raggiungere la vicina Maraucourt, dormendo sempre all'aperto, con la pioggia, con le intemperie, col caldo soffocante. Ragazzi, questa piccola Peline ha anche rischiato di morire di fame! È arrivata a un passo dalla morte.
Nel libro il cane Barone non esiste e, se devo essere sincera, io non l'ho trovata una presenza indispensabile, anzi, dall'anime si capiva che era obsoleto, e per me potevano non inserirlo nel contesto.
Una volta arrivata a Maraucourt, ci si aspetterebbe che Peline si presenti al nonno Vilfran Paindavoine, ricco proprietario di un enorme cotonificio che dà lavoro a tutta la città, e invece, temendo rifiuto e disprezzo (il nonno non ha mai accettato che il figlio francese sposasse una donna indiana, Peline infatti è bilingue ed è anglo-indiana), decide di lavorare come operaia in quell'azienda sotto falso nome, chiamandosi Aurèlie. Le condizioni in cui dormivano le operaie lasciavano a desiderare, dodici donne in una stanza in letti a castello, l'affitto costoso, così Peline decide di cavarsela da sola e andare ad abitare in un casone adibito alla caccia in autunno, in legno, vicino al laghetto del piccolo bosco di salici piangenti a pochi passi dal cotonificio.
La cosa che mi rimarrà sempre impressa è la scena dove le si rompe una scarpa lavorando, ma il salario che prende come operaia addetta ai carrelli non le permette di comprarsi scarpe nuove; così le rattoppa alla buona e va a lavorare con la scarpa rattoppata per qualche giorno! Nel mentre, se ne costruisce un paio da sola, con materiali semplici, ago, filo e un nastro azzurro, creando delle graziosissime scarpe da ballerina in fibra con le canne intrecciate che trova vicino alla vegetazione; le scelte di questa coraggiosissima bambina mi hanno lasciato basita più volte.
La sua esperienza mi ha mostrato cosa possa significare non avere nulla di nulla al mondo, se non la propria vita, la propria volontà, determinazione e ottimismo; gli amici di Maraucourt Rosalie e l'ingegnere Fabry daranno sollievo alla solitudine di Peline, ammirandola per la sua creatività, nonché umiltà, generosità, gentilezza e dignità... e fortunatamente questa è una storia a lieto fine.
Fine parte contenente spoiler
Vengono trattati tanti temi interessanti: l'emigrazione e le emozioni di quel viaggio belle e brutte, l'intenso amore tra madre e figlia, le difficoltà legate a un viaggio internazionale, l'amore per i propri animali considerati di famiglia, il toccare il fondo e non avere nulla e sapersi rialzare, la disperazione, la fame, la perdita, la xenofobia, le condizioni di lavoro precarie, il cercare di dare una vita dignitosa agli operai, il riuscire a sopravvivere con le proprie forze senza denaro e senza nulla, il valore dell'ottimismo, lo sfruttamento del lavoro minorile, le trame alle spalle per ottenere il posto da titolare, la dignità nonostante la miseria, l'umiltà, l'amicizia sincera, l'aiutarsi l'un con l'altro, la solidarietà, il perdono...
L'anime è datato 1978 e la grafica è figlia di quel tempo, certamente imparagonabile agli standard odierni, tuttavia a me non è dispiaciuta, perché è testimonianza di come si facevano gli anime a quei tempi, e comunque è un prodotto molto curato, con un'ottima sceneggiatura.
Consiglio questo intenso anime a chi ama le storie ambientate nell'Ottocento e che mostrano uno spaccato di vita drammatico, sincero, profondo, con protagonisti interessati e accattivanti.