Recensione
Valutare freddamente quello che è o considerare anche quello che sarebbe potuto essere?
È il dilemma che ci pone davanti questa serie.
Si tratta infatti di una serie veramente particolare che nelle prime puntate è travolgente, direi quasi geniale, con uno stile grafico originalissimo e sperimentale (merito del visionario regista Anno, autore di un capolavoro epocale come “Neon Genesis Evangelion”, tanto per dirne uno), che alterna animazioni a primi piani, tavole fisse, foto reali, oggetti, quasi un montaggio analogico. Inoltre, ha una verve umoristica notevole, mi ha davvero divertito moltissimo, ma sa essere anche profondo e delicato nei momenti più intimi e introspettivi. Alcuni drammi, paure, dubbi, ombre adolescenziali sono trattati in modo così diretto e naturale, da risultare molto più credibili di tante altre opere più ortodosse, serie e apparentemente realistiche.
La trama è veloce, nelle fasi iniziali va dritta al sodo, senza tanti dilungamenti inutili, e alterna diversi registri nel corso della stessa puntata, dal comico-demenziale al romantico, arrivando anche a fare sarcasmo sulla società iper-competitiva giapponese.
Interessante poi il fatto che il titolo sia appositamente ambiguo, in quanto inizialmente i “lui e lei” del titolo tendiamo a pensare siano i due protagonisti (Arima e Yukino), mentre non è esattamente così: il cartone animato è infatti più corale di quello che si possa pensare, ci sono tante puntate incentrate su personaggi secondari e i loro piccoli-grandi problemi personali o relazionali, storie tutte a mio avviso sviluppate molto bene, con un preciso perché, non mi hanno mai dato la sensazione di filler. Insomma, è una serie sulle relazioni tra vari “lui” e varie “lei”, che si intersecano a vicenda.
Ma allora, qual è il problema? È che, superata una prima fase, cominciamo ad assistere a un decadimento delle animazioni che solo parzialmente può essere giustificato da una scelta stilistica: ci sono episodi in cui praticamente ci sono solo fermi immagine o tavole con disegni giusto abbozzati e manco colorati. Inoltre, la cosa più fastidiosa sono i continui riepiloghi: non solo ci sono intere puntate (più di una) dedicate al riepilogo della storia fino a quel punto (cosa che, ok, era un po’ una moda anni ’90), ma da una certa fase in avanti praticamente in ogni episodio dobbiamo sorbirci i primi due/tre/cinque minuti dedicati all’ennesimo riepilogo della storia fino a quel punto, una cosa ossessiva, snervante e insopportabile. A volte cercano di farlo in modo originale, fantasioso, ma alla fine sempre quello è: ripetere di nuovo le stesse cose riepilogate già mille volte e che ormai conosciamo quasi a memoria. Poi, quando parte la storia, ha sempre i suoi momenti, e li ho trovati interessanti, ma il dato di fatto è che alla fine della serie si arriva a fatica, quasi tentati dal drop.
Tuttavia, non riesco a fargliene una colpa, perché è assolutamente evidente che tutto questo non fosse voluto. Lo avevo capito benissimo già mentre la guardavo che questa serie doveva avere avuto grossi problemi di produzione e che i continui riepiloghi, ricicli di animazioni, inquadrature fisse e via dicendo erano un modo per cercare di sbarcare il lunario, portare faticosamente avanti la storia con i pochi mezzi che erano rimasti. Mi sono poi documentato e ho avuto conferma: in pratica, hanno avuto seri problemi di budget, e inoltre il regista Anno ha avuto forti contrasti con l’autrice del manga, che non era contenta della trasposizione, per cui ha lasciato la regia dopo l’episodio 18 (e infatti si nota molto la differenza). Chi rimase portò avanti il lavoro per come poteva, per poi interromperlo del tutto all’episodio 26.
Come prodotto è quindi incompleto, da un certo punto in poi chiaramente raffazzonato, e non ha un finale. Capisco che per i neofiti sembri un po’ assurda come cosa, in quanto oggi una serie la fanno appositamente a stagioni di dodici/tredici episodi ciascuna, la si prepara in anticipo in modo da dare comunque un senso compiuto all’arco narrativo, e se (e solo se) il riscontro c’è stato e ci sono soldi per farne una nuova, si crea una nuova stagione da dodici. Pertanto, difficilmente ci troviamo davanti a opere lasciate palesemente a metà come questa. Ma una volta non era così, si cominciavano le serie e si navigava a vista, e a volte capitava che qualcosa andasse storto.
Pertanto, nel mio giudizio preferisco soffermarmi sui pregi e vi dico che questo anime è veramente interessante, l’ho apprezzato davvero tanto, penso sia originalissimo e fuori dagli schemi, una di quelle incoscienti scommesse sperimentali che oggi non si ha più il coraggio di fare, indirizzati come siamo verso format consolidati di sicuro ritorno economico.
Chissà cosa sarebbe stato se non avessero avuto i problemi che hanno affrontato... fosse stato portato a compimento, sarebbe venuta fuori una fantastica roba fuori di testa come quelle che adoro io e che probabilmente avrebbe messo quasi tutti d’accordo.
Peccato.
È il dilemma che ci pone davanti questa serie.
Si tratta infatti di una serie veramente particolare che nelle prime puntate è travolgente, direi quasi geniale, con uno stile grafico originalissimo e sperimentale (merito del visionario regista Anno, autore di un capolavoro epocale come “Neon Genesis Evangelion”, tanto per dirne uno), che alterna animazioni a primi piani, tavole fisse, foto reali, oggetti, quasi un montaggio analogico. Inoltre, ha una verve umoristica notevole, mi ha davvero divertito moltissimo, ma sa essere anche profondo e delicato nei momenti più intimi e introspettivi. Alcuni drammi, paure, dubbi, ombre adolescenziali sono trattati in modo così diretto e naturale, da risultare molto più credibili di tante altre opere più ortodosse, serie e apparentemente realistiche.
La trama è veloce, nelle fasi iniziali va dritta al sodo, senza tanti dilungamenti inutili, e alterna diversi registri nel corso della stessa puntata, dal comico-demenziale al romantico, arrivando anche a fare sarcasmo sulla società iper-competitiva giapponese.
Interessante poi il fatto che il titolo sia appositamente ambiguo, in quanto inizialmente i “lui e lei” del titolo tendiamo a pensare siano i due protagonisti (Arima e Yukino), mentre non è esattamente così: il cartone animato è infatti più corale di quello che si possa pensare, ci sono tante puntate incentrate su personaggi secondari e i loro piccoli-grandi problemi personali o relazionali, storie tutte a mio avviso sviluppate molto bene, con un preciso perché, non mi hanno mai dato la sensazione di filler. Insomma, è una serie sulle relazioni tra vari “lui” e varie “lei”, che si intersecano a vicenda.
Ma allora, qual è il problema? È che, superata una prima fase, cominciamo ad assistere a un decadimento delle animazioni che solo parzialmente può essere giustificato da una scelta stilistica: ci sono episodi in cui praticamente ci sono solo fermi immagine o tavole con disegni giusto abbozzati e manco colorati. Inoltre, la cosa più fastidiosa sono i continui riepiloghi: non solo ci sono intere puntate (più di una) dedicate al riepilogo della storia fino a quel punto (cosa che, ok, era un po’ una moda anni ’90), ma da una certa fase in avanti praticamente in ogni episodio dobbiamo sorbirci i primi due/tre/cinque minuti dedicati all’ennesimo riepilogo della storia fino a quel punto, una cosa ossessiva, snervante e insopportabile. A volte cercano di farlo in modo originale, fantasioso, ma alla fine sempre quello è: ripetere di nuovo le stesse cose riepilogate già mille volte e che ormai conosciamo quasi a memoria. Poi, quando parte la storia, ha sempre i suoi momenti, e li ho trovati interessanti, ma il dato di fatto è che alla fine della serie si arriva a fatica, quasi tentati dal drop.
Tuttavia, non riesco a fargliene una colpa, perché è assolutamente evidente che tutto questo non fosse voluto. Lo avevo capito benissimo già mentre la guardavo che questa serie doveva avere avuto grossi problemi di produzione e che i continui riepiloghi, ricicli di animazioni, inquadrature fisse e via dicendo erano un modo per cercare di sbarcare il lunario, portare faticosamente avanti la storia con i pochi mezzi che erano rimasti. Mi sono poi documentato e ho avuto conferma: in pratica, hanno avuto seri problemi di budget, e inoltre il regista Anno ha avuto forti contrasti con l’autrice del manga, che non era contenta della trasposizione, per cui ha lasciato la regia dopo l’episodio 18 (e infatti si nota molto la differenza). Chi rimase portò avanti il lavoro per come poteva, per poi interromperlo del tutto all’episodio 26.
Come prodotto è quindi incompleto, da un certo punto in poi chiaramente raffazzonato, e non ha un finale. Capisco che per i neofiti sembri un po’ assurda come cosa, in quanto oggi una serie la fanno appositamente a stagioni di dodici/tredici episodi ciascuna, la si prepara in anticipo in modo da dare comunque un senso compiuto all’arco narrativo, e se (e solo se) il riscontro c’è stato e ci sono soldi per farne una nuova, si crea una nuova stagione da dodici. Pertanto, difficilmente ci troviamo davanti a opere lasciate palesemente a metà come questa. Ma una volta non era così, si cominciavano le serie e si navigava a vista, e a volte capitava che qualcosa andasse storto.
Pertanto, nel mio giudizio preferisco soffermarmi sui pregi e vi dico che questo anime è veramente interessante, l’ho apprezzato davvero tanto, penso sia originalissimo e fuori dagli schemi, una di quelle incoscienti scommesse sperimentali che oggi non si ha più il coraggio di fare, indirizzati come siamo verso format consolidati di sicuro ritorno economico.
Chissà cosa sarebbe stato se non avessero avuto i problemi che hanno affrontato... fosse stato portato a compimento, sarebbe venuta fuori una fantastica roba fuori di testa come quelle che adoro io e che probabilmente avrebbe messo quasi tutti d’accordo.
Peccato.