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8.0/10
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Da grande fan di Makoto Shinkai, non potevo esimermi dal recensire la sua ultima fatica, “Suzume”, film uscito nelle sale cinematografiche giapponesi nel 2022 e che, a maggior ragione dopo la visione, rimpiango di non aver visto al cinema, per un mio solito eccesso di pigrizia e negligenza.

Realizzato con gran parte dello stesso staff tecnico e artistico che aveva lavorato alle precedenti pellicole, “Your Name” e “Weathering with You” su tutte, il film è stato un enorme successo commerciale in patria e all'estero, in particolare in estremo Oriente, dove ha fatto registrare alcuni record ai botteghini di Cina e Corea del Sud. Inoltre, l’opera è stata tra le candidate per la vittoria del premio come miglior film d’animazione (2023) e dell’Orso d’oro (2024). Tutte informazioni che mi hanno lasciato considerevolmente stupito, perché, nonostante io ritenga Makoto Shinkai uno dei migliori registi nipponici in attività, credevo stupidamente che il precedente e tanto discusso “Your Name” avesse in qualche modo inficiato la sua carriera o la fama delle sue opere. Per fortuna, così non è stato.

Suzume è una studentessa diciassettenne che ha perso i genitori in tenera età e, da diversi anni, vive con la zia in un piccolo paesino del Kyūshū. Un giorno, incontra un giovane viaggiatore di nome Sōta, che le chiede indicazioni per raggiungere una vecchia stazione termale abbandonata e una misteriosa "porta". Affascinata dal giovane, decide di seguirlo e finisce inavvertitamente con l'aprire proprio la porta da lui menzionata, la cui apertura, però, secondo la leggenda, è causa di innumerevoli disastri. Successivamente, Suzume si ritrova a raccogliere una pietra che nelle sue mani si tramuta in un gattino che scappa via. Prima che accada l'irreparabile, lei e Sōta riescono a richiudere la porta scongiurando il peggio e Suzume apprende come Sōta sia in viaggio lungo tutto il Giappone proprio per chiudere questi portali e prevenire disastri naturali di portata nazionale. Tuttavia, proprio nel momento in cui Suzume e Sōta stanno facendo conoscenza, appare il gattino (Daijin), che tramuta Sōta in una sedia per bambini – con sole tre gambe – e poi fugge via. Inizia così l'inseguimento di Suzume e Sōta-sedia al gatto, in un viaggio che porterà i due lungo tutto il Giappone.

Conoscendo molto bene quel vecchio volpone di Shinkai, ero certo che uno dei fili conduttori della trama sarebbe stato l’amore tra i due protagonisti. Immaginatevi dunque lo sconcerto, mio e, credo, di tanti altri spettatori, quando Sōta si trasforma in una grottesca sedia per bambini a tre gambe. In quel preciso istante, ho pensato che il film non potesse funzionare, sotto diversi aspetti, ma alla fine mi sono dovuto ricredere. La storia d’amore tra Suzume e Sōta non è nulla di nuovo: lei si innamora a prima vista di lui, che conoscendola meglio finisce per innamorarsi a sua volta – scusate il tremendo spoiler –. Suzume si è chiaramente infatuata di un sedicente ragazzo dai capelli lunghi, eppure continua a stargli accanto, un po’ per obbligo un po’ per piacere, anche quando perde le sue fattezze umane, a riprova del fatto che la bellezza va cercata dentro le persone e mai fuori. Nonostante l’amore sia uno dei temi portanti del film di Shinkai, a cui il regista ha deciso, stranamente, di concedere un finale diverso da quelli canonici, non mi sento, però, di definire “Suzume” una storia romantica. Sostanzialmente, di romanticismo ce n’è veramente poco, almeno nei termini in cui lo intendo io, e questo, a mio modesto parere, non permette di vivere con pieno coinvolgimento la storia d’amore tra i due protagonisti. Sulla parte sentimentale, di fatto, prevale nettamente quella fantasy. In “Suzume”, così come in “Your Name”, Shinkai dà sfogo alla sua mente brillante e geniale, conferendo così alla pellicola un’impronta fantastica degna dei fratelli Duffer. Per quanto mi riguarda, il verme rosso è un chiaro riferimento a “Stranger Things” e, da amante della serie Netflix, l’ho apprezzato tantissimo.

Romanticismo e fantasy sono le due componenti fondamentali del viaggio d’avventura dei due protagonisti, ma che, a conti fatti, è soprattutto il viaggio di Suzume. Un viaggio alla scoperta di sé stessi, della propria identità, che implica un duro confronto con il passato, perché senza di esso non può esserci futuro. Un viaggio di formazione, durante il quale la cosa veramente importante è costruire nuovi legami e rafforzare i vecchi. Non nego, infatti, che le mie scene preferite siano quelle in cui Suzume conosce nuove persone, Chika e Rumi su tutte, che la aiutano e la sostengono pur conoscendola appena, a conferma del fatto che, come sosteneva Jonathan Swift, sono le persone a poter cambiare il mondo.

Questi elementi, abbelliti, come da consuetudine, dal lavoro magistrale tanto del comparto tecnico quanto del comparto musicale, contribuiscono a rendere “Suzume” una visione estremamente piacevole.