Recensione
Jeeg Robot d'Acciaio
6.0/10
In meno di un ora ho letto questi due volumetti e devo dire che le mie aspettative erano alte nonostante sapessi due cose: una che questo manga è considerato un’opera minore di Nagai, due che è senza finale.
Prima considerazione: anche se un’opera minore Nagai l’ha comunque progettata per aver successo e gli ha dedicato tempo perché utile al lancio della serie tv del 1975 che in Italia è diventata negli anni ‘80 popolare quanto la serie tv di Goldrake.
Seconda considerazione: a differenza del manga di Devilman Nagai non ha mai lavorato con ardore ai suoi manga robotici. Salvo recuperarli in seguito (vedi le varie vite di Mazinger) o lasciarli nelle mani di qualcuno che ci tiene come Ken Ishikawa e i suoi Getter.
Per quanto riguarda la mancanza di finale… beh ho amato un mucchio di manga di cui non conosco la fine in quanto o sono in corso, o hanno un finale eccessivamente aperto oppure sono interrotti.
Passiamo ora al manga: sono in tutto dieci episodi in cui troviamo spunti interessanti in quasi tutti, delusi però dalla velocità in cui si arriva a fine episodio. Nessuno scontro epico, nessun personaggio che giganteggia per personalità. Hiroshi accetta il suo essere cyborg senza problemi a differenza dell’anime, vive infatti una vita normalissima.
I cattivi invece inventano piani che mostrano quanto siano spietati ma compare Hiroshi che in qualunque situazione si trasforma in Jeeg (di cui è la testa), combatte e vince.
Il mistero della campana non esiste nella versione manga e sul finale del secondo volume fa la sua comparsa l’imperatore Ryoma che arriva dallo spazio ma che un tempo (prima dell’Impero Yamatai) governava la Terra e ora – a distanza di millenni – ne sente la mancanza.
I disegni sono buoni per un opera di 50 anni fa ma troviamo anche all’epoca cose migliori.
Pur trattandosi di uno shonen credo si potesse calcare la mano un po’ di più in fondo Violence Jack è uscito due anni prima di questo manga e credo che la fantasia di Nagai potesse creare qualcosa di simile ma in cui lottavano i robot.
Voto: sei.
Prima considerazione: anche se un’opera minore Nagai l’ha comunque progettata per aver successo e gli ha dedicato tempo perché utile al lancio della serie tv del 1975 che in Italia è diventata negli anni ‘80 popolare quanto la serie tv di Goldrake.
Seconda considerazione: a differenza del manga di Devilman Nagai non ha mai lavorato con ardore ai suoi manga robotici. Salvo recuperarli in seguito (vedi le varie vite di Mazinger) o lasciarli nelle mani di qualcuno che ci tiene come Ken Ishikawa e i suoi Getter.
Per quanto riguarda la mancanza di finale… beh ho amato un mucchio di manga di cui non conosco la fine in quanto o sono in corso, o hanno un finale eccessivamente aperto oppure sono interrotti.
Passiamo ora al manga: sono in tutto dieci episodi in cui troviamo spunti interessanti in quasi tutti, delusi però dalla velocità in cui si arriva a fine episodio. Nessuno scontro epico, nessun personaggio che giganteggia per personalità. Hiroshi accetta il suo essere cyborg senza problemi a differenza dell’anime, vive infatti una vita normalissima.
I cattivi invece inventano piani che mostrano quanto siano spietati ma compare Hiroshi che in qualunque situazione si trasforma in Jeeg (di cui è la testa), combatte e vince.
Il mistero della campana non esiste nella versione manga e sul finale del secondo volume fa la sua comparsa l’imperatore Ryoma che arriva dallo spazio ma che un tempo (prima dell’Impero Yamatai) governava la Terra e ora – a distanza di millenni – ne sente la mancanza.
I disegni sono buoni per un opera di 50 anni fa ma troviamo anche all’epoca cose migliori.
Pur trattandosi di uno shonen credo si potesse calcare la mano un po’ di più in fondo Violence Jack è uscito due anni prima di questo manga e credo che la fantasia di Nagai potesse creare qualcosa di simile ma in cui lottavano i robot.
Voto: sei.