Recensione
Erased
9.5/10
“Il futuro è sempre un foglio bianco. E solo la nostra volontà può imprimerci le nostre impronte”.
La ricordo molto bene la delusione che provai quando, arrivato al volume quattro di “Erased”, manga scritto e disegnato da Kei Sanbe, constatai definitivamente di non poter proseguire, per mancanza nella mia personale libreria dei volumi successivi. All’epoca, faccio riferimento alla metà del 2022, uno degli argomenti che più premeva molti appassionati di manga era proprio la ristampa di “Erased”, i cui volumi erano sempre più difficili da reperire nelle fumetterie, soprattutto quelli dal cinque al nove. E, quasi come per magia, al tempo, delle voci circa una ristampa del manga cominciarono effettivamente a circolare, riempiendomi di una gioia che ben presto si sarebbe tramutata in disillusione, perché ancora oggi la Star Comics non si è degnata di ripubblicare questa piccola perla del fumetto giapponese. Dunque, quando capii che l’attesa sarebbe stata inutile, cominciai a cercare su Vinted i volumi usati di “Erased” e li trovai anche, peccato che tutti gli utenti lo vendessero soltanto in blocco e, per giunta, a prezzi esorbitanti, da rapina senza pistola. Non volendomi piegare io alla volontà di questi “strozzini”, mi sono dovuto arrendere al mio triste destino e aspettare pazientemente per due anni, fino a quando non sono riuscito a reperire il capolavoro del sensei Kei Sanbe, che ho (ri)letto dal volume uno al numero nove tutto d’un fiato, come immaginavo sarebbe stato. Perché se già l’anime mi aveva stupito, ero certo che il manga avrebbe fatto anche di meglio.
Satoru Fujinuma è un ventinovenne mangaka fallito, che tira avanti lavorando come fattorino per una pizzeria. La vita non è stata molto benevola nei suoi confronti, eppure, anche a lui, come a tutti noi, è stato dato un talento che lo rende, in qualche modo, speciale. Il suo è quello di poter tornare, senza volerlo, indietro nel tempo fino ad un massimo di cinque minuti e rivivere sempre la stessa scena fino a quando non scopre l’anomalia che lo costringe in questo loop infinito. Satoru ha ribattezzato questi eventi con il nome di revival e, grazie a questo suo “superpotere”, è riuscito a salvare numerose vite umane. Tuttavia, proprio dopo uno dei suoi revival, il nostro protagonista si ritrova al centro di un delitto che non ha commesso, quello della madre, uccisa da un brutale assassino che ha incastrato l’inconsapevole Satoru. A questo punto, scoprire l’identità dell’omicida e fuggire dalla polizia diventano le sue due priorità, fino a quando un nuovo revival non lo riporta indietro nel tempo di diciotto anni, quando frequentava ancora le elementari e un pedofilo serial killer, che di lì a poco si sarebbe macchiato di tre gravi delitti, imperversava in una tranquilla cittadina dell’Hokkaido. L’intuizione è immediata: tra l’omicidio della madre e i tre rapimenti in Hokkaido deve esserci un collegamento. Che siano tutti opera del medesimo serial killer? Se sì, come scoprire la sua identità? Magari, evitare che i delitti si compiano, potrebbe essere un buon punto di partenza. Tutto questo, però, richiederà un grande impegno e una volontà di ferro da parte di Satoru.
Quando scrissi la recensione dell’anime di “Erased”, affermai che i temi più importanti erano tre: la denuncia nei confronti di quei genitori che commettono violenza domestica nei confronti dei figli, la solitudine e tutte le sue implicazioni e, infine, l’amicizia. Leggendo il manga, non posso che essere d’accordo con il me del passato, a cui mi sento di fare un appunto: l’opera originale di Kei Sanbe è ancora più profonda e variegata di come l’anime non riesca a trasmettere. Per intenderci, la storia che nel manga viene narrata nell’arco di otto volumi – il nono è formato da capitoli extra –, nell’anime si dipana nel corso di dodici miseri episodi. È intuitivo, quindi, che nel manga la narrazione sia ben più dilatata rispetto all’anime, il che comporta un enorme pregio: la possibilità di trattare certi temi con maggior cura e attenzione, perché le storie belle necessitano di tempo per essere raccontate. Non soltanto questo, però, perché io stesso, sfogliando le pagine del manga, mi sono reso conto di come l’opera di Kei Sanbe tratti anche altri temi, oltre a quelli già citati, di cui ho abbondantemente parlato nella recensione dell’anime.
Innanzitutto, credo che “Erased” sia una delle opere che meglio mostri la forza e l’inesauribilità dell’amore materno, e, quando scrivo queste parole, i miei pensieri corrono ovviamente alla madre di Satoru, Sachiko Fujinuma. Come raccontato in uno dei capitoli extra del volume finale, Sachiko ha divorziato dal marito di sua spontanea volontà, “costringendo” il figlio a vivere e crescere senza un padre. Questo ha avuto delle ripercussioni sul piccolo Satoru, che agli inizi ci viene mostrato come un bambino introverso e asociale, estremamente impacciato nei rapporti con i ragazzi della sua età. Consapevole di aver preso una decisione drastica, Sachiko si è fatta carico, senza remora alcuna, del peso di dover crescere completamente da sola il suo pargolo, a cui ha donato amore incondizionato ogni giorno della sua vita, quell’amore che può provare soltanto una madre nei confronti del proprio figlio. Ovviamente, nel rapporto tra i due non mancano delle frizioni. Spesso Satoru mette il broncio alla madre per futili motivi e, soprattutto, non riesce a sopportare la sua incredibile perspicacia da "strega". Insomma, quello tra Sachiko e Satoru è il più classico dei rapporti tra madre e figlio, eppure, il manga ti insegna che non è sempre così, perché ci sono genitori che non riescono a provare amore neanche verso il sangue del proprio sangue. Kei Sanbe invita il lettore a riflettere sul fatto che avere una madre amorevole come Sachiko non è per nulla scontato, così come la vita di tutti i giorni fatta di litigi estemporanei e sguardi d’intesa, perché i nostri genitori non sono eterni e non lo siamo neanche noi. D’altronde, è la stessa Sachiko a dirlo: “La quotidianità è un tesoro inestimabile”.
Ancor più di questo, “Erased” è un’opera che invita il lettore a riflettere sull’importanza delle nostre azioni che, senza rendercene conto, possono avere delle ripercussioni enormi su chi ci sta intorno, anche quelle che ci appaiono più banali. Riprendendo la citazione iniziale, il futuro è un foglio bianco che aspetta soltanto il nero dell’inchiostro, le impronte lasciate dalle opere che compiamo di giorno in giorno. Ogni azione che intraprendiamo ci apre ad una nuova possibilità, lasciandone indietro delle altre. È come procedere su di una strada che a ogni passo ha uscite in numerose direzioni, senza sapere quale sia quella giusta e quella sbagliata. Per capirlo, non resta che procedere, andare avanti, facendo sempre attenzione a ciò che accade intorno a noi e a riflettere prima di agire. Come dicevo nella vecchia recensione, non servono i superpoteri per essere un eroe, basta soltanto compiere le azioni giuste quando ci viene richiesto o quando necessario. Se vediamo una bambina emarginata, ciò che è giusto è andarle vicino e parlarle, nel tentativo di salvarla dalla propria solitudine. Se sappiamo di atti di violenza domestica, ciò che è giusto fare è avvisare gli organi competenti. Se vediamo qualcuno in difficoltà, ciò che è giusto è imparare a non voltare lo sguardo per egoismo o semplice omertà, ma agire e farlo nel modo più corretto possibile. Così si possono salvare delle vite umane e non con i poteri dei supereroi che abbiamo tanto imparato ad ammirare in televisione. Per queste ragioni, Satoru è un eroe a tutti gli effetti, seppur sprovvisto di mantello e costume.
Al cospetto di una storia di questo calibro, in grado di coinvolgere e catturare pienamente il lettore, che finirà ben presto col ritrovarsi in balia del pathos, sfigurano i buoni, ma non eccezionali, disegni di Kei Sanbe, a cui va certamente riconosciuta la peculiarità del suo tratto, unico e inconfondibile. Al mangaka non viene chiesto di disegnare combattimenti spettacolari, bensì paesaggi innevati e momenti di vita quotidiana, compito a cui assurge con infinita dedizione.
D’altronde, io sono convinto di una cosa: più delle tavole, sono le parole a restare impresse nei fortunati lettori di “Erased”.
La ricordo molto bene la delusione che provai quando, arrivato al volume quattro di “Erased”, manga scritto e disegnato da Kei Sanbe, constatai definitivamente di non poter proseguire, per mancanza nella mia personale libreria dei volumi successivi. All’epoca, faccio riferimento alla metà del 2022, uno degli argomenti che più premeva molti appassionati di manga era proprio la ristampa di “Erased”, i cui volumi erano sempre più difficili da reperire nelle fumetterie, soprattutto quelli dal cinque al nove. E, quasi come per magia, al tempo, delle voci circa una ristampa del manga cominciarono effettivamente a circolare, riempiendomi di una gioia che ben presto si sarebbe tramutata in disillusione, perché ancora oggi la Star Comics non si è degnata di ripubblicare questa piccola perla del fumetto giapponese. Dunque, quando capii che l’attesa sarebbe stata inutile, cominciai a cercare su Vinted i volumi usati di “Erased” e li trovai anche, peccato che tutti gli utenti lo vendessero soltanto in blocco e, per giunta, a prezzi esorbitanti, da rapina senza pistola. Non volendomi piegare io alla volontà di questi “strozzini”, mi sono dovuto arrendere al mio triste destino e aspettare pazientemente per due anni, fino a quando non sono riuscito a reperire il capolavoro del sensei Kei Sanbe, che ho (ri)letto dal volume uno al numero nove tutto d’un fiato, come immaginavo sarebbe stato. Perché se già l’anime mi aveva stupito, ero certo che il manga avrebbe fatto anche di meglio.
Satoru Fujinuma è un ventinovenne mangaka fallito, che tira avanti lavorando come fattorino per una pizzeria. La vita non è stata molto benevola nei suoi confronti, eppure, anche a lui, come a tutti noi, è stato dato un talento che lo rende, in qualche modo, speciale. Il suo è quello di poter tornare, senza volerlo, indietro nel tempo fino ad un massimo di cinque minuti e rivivere sempre la stessa scena fino a quando non scopre l’anomalia che lo costringe in questo loop infinito. Satoru ha ribattezzato questi eventi con il nome di revival e, grazie a questo suo “superpotere”, è riuscito a salvare numerose vite umane. Tuttavia, proprio dopo uno dei suoi revival, il nostro protagonista si ritrova al centro di un delitto che non ha commesso, quello della madre, uccisa da un brutale assassino che ha incastrato l’inconsapevole Satoru. A questo punto, scoprire l’identità dell’omicida e fuggire dalla polizia diventano le sue due priorità, fino a quando un nuovo revival non lo riporta indietro nel tempo di diciotto anni, quando frequentava ancora le elementari e un pedofilo serial killer, che di lì a poco si sarebbe macchiato di tre gravi delitti, imperversava in una tranquilla cittadina dell’Hokkaido. L’intuizione è immediata: tra l’omicidio della madre e i tre rapimenti in Hokkaido deve esserci un collegamento. Che siano tutti opera del medesimo serial killer? Se sì, come scoprire la sua identità? Magari, evitare che i delitti si compiano, potrebbe essere un buon punto di partenza. Tutto questo, però, richiederà un grande impegno e una volontà di ferro da parte di Satoru.
Quando scrissi la recensione dell’anime di “Erased”, affermai che i temi più importanti erano tre: la denuncia nei confronti di quei genitori che commettono violenza domestica nei confronti dei figli, la solitudine e tutte le sue implicazioni e, infine, l’amicizia. Leggendo il manga, non posso che essere d’accordo con il me del passato, a cui mi sento di fare un appunto: l’opera originale di Kei Sanbe è ancora più profonda e variegata di come l’anime non riesca a trasmettere. Per intenderci, la storia che nel manga viene narrata nell’arco di otto volumi – il nono è formato da capitoli extra –, nell’anime si dipana nel corso di dodici miseri episodi. È intuitivo, quindi, che nel manga la narrazione sia ben più dilatata rispetto all’anime, il che comporta un enorme pregio: la possibilità di trattare certi temi con maggior cura e attenzione, perché le storie belle necessitano di tempo per essere raccontate. Non soltanto questo, però, perché io stesso, sfogliando le pagine del manga, mi sono reso conto di come l’opera di Kei Sanbe tratti anche altri temi, oltre a quelli già citati, di cui ho abbondantemente parlato nella recensione dell’anime.
Innanzitutto, credo che “Erased” sia una delle opere che meglio mostri la forza e l’inesauribilità dell’amore materno, e, quando scrivo queste parole, i miei pensieri corrono ovviamente alla madre di Satoru, Sachiko Fujinuma. Come raccontato in uno dei capitoli extra del volume finale, Sachiko ha divorziato dal marito di sua spontanea volontà, “costringendo” il figlio a vivere e crescere senza un padre. Questo ha avuto delle ripercussioni sul piccolo Satoru, che agli inizi ci viene mostrato come un bambino introverso e asociale, estremamente impacciato nei rapporti con i ragazzi della sua età. Consapevole di aver preso una decisione drastica, Sachiko si è fatta carico, senza remora alcuna, del peso di dover crescere completamente da sola il suo pargolo, a cui ha donato amore incondizionato ogni giorno della sua vita, quell’amore che può provare soltanto una madre nei confronti del proprio figlio. Ovviamente, nel rapporto tra i due non mancano delle frizioni. Spesso Satoru mette il broncio alla madre per futili motivi e, soprattutto, non riesce a sopportare la sua incredibile perspicacia da "strega". Insomma, quello tra Sachiko e Satoru è il più classico dei rapporti tra madre e figlio, eppure, il manga ti insegna che non è sempre così, perché ci sono genitori che non riescono a provare amore neanche verso il sangue del proprio sangue. Kei Sanbe invita il lettore a riflettere sul fatto che avere una madre amorevole come Sachiko non è per nulla scontato, così come la vita di tutti i giorni fatta di litigi estemporanei e sguardi d’intesa, perché i nostri genitori non sono eterni e non lo siamo neanche noi. D’altronde, è la stessa Sachiko a dirlo: “La quotidianità è un tesoro inestimabile”.
Ancor più di questo, “Erased” è un’opera che invita il lettore a riflettere sull’importanza delle nostre azioni che, senza rendercene conto, possono avere delle ripercussioni enormi su chi ci sta intorno, anche quelle che ci appaiono più banali. Riprendendo la citazione iniziale, il futuro è un foglio bianco che aspetta soltanto il nero dell’inchiostro, le impronte lasciate dalle opere che compiamo di giorno in giorno. Ogni azione che intraprendiamo ci apre ad una nuova possibilità, lasciandone indietro delle altre. È come procedere su di una strada che a ogni passo ha uscite in numerose direzioni, senza sapere quale sia quella giusta e quella sbagliata. Per capirlo, non resta che procedere, andare avanti, facendo sempre attenzione a ciò che accade intorno a noi e a riflettere prima di agire. Come dicevo nella vecchia recensione, non servono i superpoteri per essere un eroe, basta soltanto compiere le azioni giuste quando ci viene richiesto o quando necessario. Se vediamo una bambina emarginata, ciò che è giusto è andarle vicino e parlarle, nel tentativo di salvarla dalla propria solitudine. Se sappiamo di atti di violenza domestica, ciò che è giusto fare è avvisare gli organi competenti. Se vediamo qualcuno in difficoltà, ciò che è giusto è imparare a non voltare lo sguardo per egoismo o semplice omertà, ma agire e farlo nel modo più corretto possibile. Così si possono salvare delle vite umane e non con i poteri dei supereroi che abbiamo tanto imparato ad ammirare in televisione. Per queste ragioni, Satoru è un eroe a tutti gli effetti, seppur sprovvisto di mantello e costume.
Al cospetto di una storia di questo calibro, in grado di coinvolgere e catturare pienamente il lettore, che finirà ben presto col ritrovarsi in balia del pathos, sfigurano i buoni, ma non eccezionali, disegni di Kei Sanbe, a cui va certamente riconosciuta la peculiarità del suo tratto, unico e inconfondibile. Al mangaka non viene chiesto di disegnare combattimenti spettacolari, bensì paesaggi innevati e momenti di vita quotidiana, compito a cui assurge con infinita dedizione.
D’altronde, io sono convinto di una cosa: più delle tavole, sono le parole a restare impresse nei fortunati lettori di “Erased”.