Recensione
Breaking The Habit
9.0/10
Radicati al crocevia del metal aggressivo e del beat-driven hip-hop, i Linkin Park sono stati una delle band di maggior successo dei primi anni duemila, incorporando nella loro musica elementi provenienti da generi diversi come l’hardcore rap, il punk, la musica elettronica e il pop. Nonostante fossero gravati dalle designazioni spesso derise del genere nu-metal e rap-rock, si evolsero presto in un qualcosa di molto più complesso, andando oltre queste etichette. Infatti, come suggerisce il nome stesso della band e il titolo del loro album di debutto, “Hybrid Theory”, i Linkin Park erano un ibrido di forze, costruito sull’interazione vocale tra il cantante Chester Bennington, il rapper e tastierista Mike Shinoda e la strumentazione massiccia della band, che stratificava la chitarra di Brad Delson, il basso di Phoenix, la batteria di Rob Bourdon e il giradischi di DJ Hahn. Nonostante l’enorme successo, il loro nucleo fu sempre caratterizzato da due elementi fondamentali: il dolore e la catarsi.
“Meteora”, da cui è tratto “Breaking the Habit”, è il secondo album in studio del gruppo musicale statunitense. Come il precedente “Hybrid Theory” l’album cerca di fondere più generi differenti tra loro, passando dal nu metal al rap rock, con l'aggiunta di elementi provenienti dal rock e dal metal alternativo. Dal punto di vista dei testi, le tematiche affrontate in “Meteora” sono molteplici, alcune più presenti di altre, come la depressione, la rabbia e la sofferenza. Lo stesso Chester Bennington, al riguardo, spiegò a MTV: «Non parliamo di situazioni, ma di emozioni celate dietro le situazioni stesse. Io e Mike siamo persone diverse, perciò non possiamo parlare delle stesse cose, ma entrambi conosciamo frustrazione, rabbia, solitudine, amore e felicità, e da questo punto di vista andiamo d'accordo.»
Tra i tredici brani che compongono il disco, è presente proprio “Breaking the Habit”, che si differenzia dai restanti dodici per la presenza di strumenti ad arco e pianoforte reali. Inoltre, Mike Shinoda ha affermato che si tratta di un brano molto importante per il gruppo, che ha richiesto ben cinque anni per la sua scrittura.
Da valido membro della Generazione Z, per me, la fruizione della musica è molto più legata a Spotify che a YouTube. D’altronde, l’app di streaming offre tutta una serie di vantaggi, che il sito rosso neanche si sogna. Quindi, nonostante mi ritenga un discreto appassionato e un buon ascoltatore dei Linkin Park, fino a qualche tempo fa, non ero minimamente a conoscenza dell’esistenza di questo video musicale. Prodotto dallo studio Gonzo, con la regia di DJ Hahn e Kazuto Nakazawa alla direzione delle animazioni, il video musicale si presenta visivamente molto bene, merito anche della versione HD fatta uscire a cinque anni di distanza dalla prima pubblicazione. Il tratto dei disegni è sporco e, pur parlando di animazioni, il dinamismo non è dominante. In più di qualche frame, questo cede il passo ad una staticità che sembra volutamente adeguarsi al contenuto del testo. Tanti i fermoimmagine e i focus sugli elementi clou della scena. L’atmosfera è cupa, così come suggerisce la quasi totale assenza di colori vivaci. La scena con tutti i membri della band sulla torre è incredibilmente suggestiva e di grandissimo impatto, ma nulla in confronto a quella immediatamente precedente, che vede il tempo riavvolgersi e Chester ripercorrere a ritroso il lancio suicida compiuto da quella stessa torre su cui un attimo dopo, o meglio prima, si ritrova a cantare. Il video è certamente molto bello, ma fa da semplice contorno ad una musica talmente potente e pregna di significato, che necessiterebbe di essere ascoltata ad occhi chiusi. Il testo parla di sofferenza e depressione, di sentirsi inadatti in un mondo che non sembra volerci accettare. Le parole di Chester, così come la sua voce, trasmettono dolore, un dolore straziante, lo stesso che gli ha spesso impedito di vivere a pieno la propria vita. Anche quando tutto è buio intorno a noi, però, c’è sempre una luce da seguire e quella luce siamo noi. Anche se nulla va per il verso giusto e il mondo sembra girare al contrario, non bisogna abbattersi e, anzi, ci si deve sforzare di cambiare e il cambiamento parte sempre prima da noi stessi.
“I don't know how I got this way
I know it's not alright
So, I'm breaking the habit
I'm breaking the habit tonight”
Chester ci lascia con un messaggio di speranza, ci indica quella luce in fondo al tunnel che lui non ha mai trovato. Come dice all’inizio del brano “Memories consume” e questi ricordi, di quello che è stato e di quello che avrebbe ancora potuto essere, fanno terribilmente male.
La speranza di Chester è sempre stata una ed una soltanto, quella di poter essere, con la sua musica, d’aiuto alle persone e, onestamente, credo che con questo brano e con la sua musica in generale ci sia riuscito più che egregiamente.
“Meteora”, da cui è tratto “Breaking the Habit”, è il secondo album in studio del gruppo musicale statunitense. Come il precedente “Hybrid Theory” l’album cerca di fondere più generi differenti tra loro, passando dal nu metal al rap rock, con l'aggiunta di elementi provenienti dal rock e dal metal alternativo. Dal punto di vista dei testi, le tematiche affrontate in “Meteora” sono molteplici, alcune più presenti di altre, come la depressione, la rabbia e la sofferenza. Lo stesso Chester Bennington, al riguardo, spiegò a MTV: «Non parliamo di situazioni, ma di emozioni celate dietro le situazioni stesse. Io e Mike siamo persone diverse, perciò non possiamo parlare delle stesse cose, ma entrambi conosciamo frustrazione, rabbia, solitudine, amore e felicità, e da questo punto di vista andiamo d'accordo.»
Tra i tredici brani che compongono il disco, è presente proprio “Breaking the Habit”, che si differenzia dai restanti dodici per la presenza di strumenti ad arco e pianoforte reali. Inoltre, Mike Shinoda ha affermato che si tratta di un brano molto importante per il gruppo, che ha richiesto ben cinque anni per la sua scrittura.
Da valido membro della Generazione Z, per me, la fruizione della musica è molto più legata a Spotify che a YouTube. D’altronde, l’app di streaming offre tutta una serie di vantaggi, che il sito rosso neanche si sogna. Quindi, nonostante mi ritenga un discreto appassionato e un buon ascoltatore dei Linkin Park, fino a qualche tempo fa, non ero minimamente a conoscenza dell’esistenza di questo video musicale. Prodotto dallo studio Gonzo, con la regia di DJ Hahn e Kazuto Nakazawa alla direzione delle animazioni, il video musicale si presenta visivamente molto bene, merito anche della versione HD fatta uscire a cinque anni di distanza dalla prima pubblicazione. Il tratto dei disegni è sporco e, pur parlando di animazioni, il dinamismo non è dominante. In più di qualche frame, questo cede il passo ad una staticità che sembra volutamente adeguarsi al contenuto del testo. Tanti i fermoimmagine e i focus sugli elementi clou della scena. L’atmosfera è cupa, così come suggerisce la quasi totale assenza di colori vivaci. La scena con tutti i membri della band sulla torre è incredibilmente suggestiva e di grandissimo impatto, ma nulla in confronto a quella immediatamente precedente, che vede il tempo riavvolgersi e Chester ripercorrere a ritroso il lancio suicida compiuto da quella stessa torre su cui un attimo dopo, o meglio prima, si ritrova a cantare. Il video è certamente molto bello, ma fa da semplice contorno ad una musica talmente potente e pregna di significato, che necessiterebbe di essere ascoltata ad occhi chiusi. Il testo parla di sofferenza e depressione, di sentirsi inadatti in un mondo che non sembra volerci accettare. Le parole di Chester, così come la sua voce, trasmettono dolore, un dolore straziante, lo stesso che gli ha spesso impedito di vivere a pieno la propria vita. Anche quando tutto è buio intorno a noi, però, c’è sempre una luce da seguire e quella luce siamo noi. Anche se nulla va per il verso giusto e il mondo sembra girare al contrario, non bisogna abbattersi e, anzi, ci si deve sforzare di cambiare e il cambiamento parte sempre prima da noi stessi.
“I don't know how I got this way
I know it's not alright
So, I'm breaking the habit
I'm breaking the habit tonight”
Chester ci lascia con un messaggio di speranza, ci indica quella luce in fondo al tunnel che lui non ha mai trovato. Come dice all’inizio del brano “Memories consume” e questi ricordi, di quello che è stato e di quello che avrebbe ancora potuto essere, fanno terribilmente male.
La speranza di Chester è sempre stata una ed una soltanto, quella di poter essere, con la sua musica, d’aiuto alle persone e, onestamente, credo che con questo brano e con la sua musica in generale ci sia riuscito più che egregiamente.