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    Provo timore a parlare di "Saya no uta", perché sento che ogni tentativo di descriverla possa banalizzarla, come se non esistessero termini concreti capaci di descrivere bene ciò che è astratto.
    Per chi ha studiato linguistica, sa che questo è un "problema" annoso del linguaggio: esso è sempre una convenzione, una serie di etichette e di paletti che diamo a un gradiente di suoni e concetti informi, non importa su quale piano di articolazione c1 [ continua a leggere]