Recensione
Cat's Eye - Occhi di Gatto
7.0/10
Recensione di Kabutomaru
-
Nei ricordi d'infanzia di ciascuno di noi, se si scava nei meandri della propria mente non potrà che riaffiorare alla memoria l'anime "Occhi di Gatto", trasmesso su Italia 1. Anni dopo crescendo e appassionandoci ai manga, abbiamo tutti scoperto che come molti anime esso aveva una controparte cartacea. Negli anni '80, il giovane Tsukasa Hojo, autore che consacrerà il suo nome con uno dei migliori fumetti commerciali di sempre, "City Hunter", debutta sulle pagine di Shonen Jump con la serie "Cat's Eye". L'opera è stata ripoposta nel 2012 in 15 volumi da Planet Manga in un grande formato, con tavole ingrandite, sovra-copertina e pagine a colori, al prezzo di 7.90 euro.
Come molti shonen del periodo la storia è molto semplice: tre sorelle, Hitomi, Rui e Ai, gestiscono un coffee-bar di giorno, ma di notte svestono i loro panni di inservienti e indossano delle siluette per compiere furti di quadre e opere d'arte di valore, sotto il nome di "Cat's Eye". A complicare il tutto, si aggiunge il fatto che l'ispettore Utsumi, incaricato di arrestare la banda, ha una relazione con Hitomi, della cui attività notturna è naturalmente all'oscuro di tutto. Le sorelle Kisugi approfittando della stupidità ed ingenuità del poliziotto, carpiranno molte informazioni che consentiranno loro di rubare in tutta sicurezza le opere d'arte, i cui furti facendo notizia sui giornali, sperando che un giorno faranno uscire allo scoperto il loro padre oramai scomparso da sin troppi anni.
Pubblicare una storia del genere su Shonen Jump fu per Hojo una vera scommessa, visto che le protagonista sono tre belle ragazze, e non ci sono combattimenti, lotte o tornei sportivi, ma indubbiamente riesce a conferire anche grazie ai suoi disegni un'atmosfera da prima metà anni '80 del Giappone. Dopo i primi 2-3 numeri, visto il successo della serie Hojo allungherà la storia con molti volumi, contenenti una gran varietà di furti mai simili tra loro (non di rado le tre sorelle dovranno fare croupier o improvvisarsi piloti di macchine per poter raggiungere il loro obbiettivo). Peccato che molti di essi sono liquidati e gestiti con un solo capitolo, che non consente di sviluppare bene tutta la carne a fuoco immessa, tanto che ad un certo punto la trama sparisce a favore di capitoli dal ritmo sottotono che mostrano la quotidianità e con gag di dubbia qualità da parte di personaggi secondari. Solo negli ultimi due volumi Hojo riprenderà le redini della storia, dando una poetica, quanto comoda e forzosa conclusione alla storia.
Le tre sorelle sono diverse caratterialmente tra loro. Rui è una donna adulta di oltre 20 anni che deve gestire locale, i contatti e pianificare gran parte dei furti, Ai è la più piccola tra loro, visto che frequenta ancora il liceo e ha un carattere sbarazzino, ed infine arriviamo alla protagonista del manga, Hitomi, una ragazza sui 20 anni circa che potenzialmente per via del suo legame con Toshio è il personaggio più sfaccettato e tormentato, però è anche il più uguale e identico a sé stesso, essendo continuamente gelosa nei confronti di Toshio e mostrando una maturità ed evoluzione psicologica scarna.
Toshio continua a dimostrarsi sempre molto stupido in ambito lavorativo, seppur risulti il personaggio che si evolve maggiormente interiormente, tanto da divenire più sicuro di sé stesso, mostrando grande forza di volontà, determinazione e pazienza nel gesitre una donna problematica come Hitomi. Tra gli altri personaggi secondari, emergono solamente quando compaiono di tanto in tanto l'ispettrice Asatani e il ladro soprannominato "Il Topo", per il resto ci ritroviamo tutte macchiette monomensionali e sempre uguali a loro stesse.
Punto di forza dell'opera sono sicuramente i disegni che, inizialmente sono molto acerbi e standardizzati allo stile dominante di inizio anni 80, mano a mano che prosegue l'opera si fanno sempre più realistici, raffinati, iper dettagliati e con retinature che riescono a creare la giusta atmosfera, paesaggi mozzafiato (sia urbani che non), esaltandosi specialmente nel rappresentare i magnifici tramonti con gli ultimi raggi di sole morenti prima del buio della notte, che illuminano in modo sublime i visi dei personaggi.
Tsukasa Hojo negli ultimi numeri matura uno stile di disegno molto più personale raggiungendo, in alcune tavole, vette di fotorealismo impressionanti, che faranno la sua fortuna nel successivo "City Hunter".
Il lettore attento avrà capito che "Cat's Eye", non è assolutamente un manga degno della nomea di capolavoro, poiché come quasi tutte le prime opere degli autori presenta quasi sempre dei difetti, riconducibili a una trama piuttosto labile, condita da una marea di furti e soprattutto scene quotidiane, asfissianti a lungo andare, che fanno calare nei 7-8 volumi centrali il ritmo narrativo. Si vede chiaramente che l'opera è fatta per durare il più a lungo possibile e che nonostante la coralità dei personaggi molti di essi sono macchiette sempre uguali a sé stesse e che non lasciano il segno, anche se l'improta conferita da Hojo è molto più seria e maliconica rispetto al più scanzonato "City Hunter".
Nonostante le pecche, per chi vuole recuperare un bel cult d'annata, immergendosi nel pieno inizio degli anni '80, non resterà sicuramente deluso da quest'opera.
Come molti shonen del periodo la storia è molto semplice: tre sorelle, Hitomi, Rui e Ai, gestiscono un coffee-bar di giorno, ma di notte svestono i loro panni di inservienti e indossano delle siluette per compiere furti di quadre e opere d'arte di valore, sotto il nome di "Cat's Eye". A complicare il tutto, si aggiunge il fatto che l'ispettore Utsumi, incaricato di arrestare la banda, ha una relazione con Hitomi, della cui attività notturna è naturalmente all'oscuro di tutto. Le sorelle Kisugi approfittando della stupidità ed ingenuità del poliziotto, carpiranno molte informazioni che consentiranno loro di rubare in tutta sicurezza le opere d'arte, i cui furti facendo notizia sui giornali, sperando che un giorno faranno uscire allo scoperto il loro padre oramai scomparso da sin troppi anni.
Pubblicare una storia del genere su Shonen Jump fu per Hojo una vera scommessa, visto che le protagonista sono tre belle ragazze, e non ci sono combattimenti, lotte o tornei sportivi, ma indubbiamente riesce a conferire anche grazie ai suoi disegni un'atmosfera da prima metà anni '80 del Giappone. Dopo i primi 2-3 numeri, visto il successo della serie Hojo allungherà la storia con molti volumi, contenenti una gran varietà di furti mai simili tra loro (non di rado le tre sorelle dovranno fare croupier o improvvisarsi piloti di macchine per poter raggiungere il loro obbiettivo). Peccato che molti di essi sono liquidati e gestiti con un solo capitolo, che non consente di sviluppare bene tutta la carne a fuoco immessa, tanto che ad un certo punto la trama sparisce a favore di capitoli dal ritmo sottotono che mostrano la quotidianità e con gag di dubbia qualità da parte di personaggi secondari. Solo negli ultimi due volumi Hojo riprenderà le redini della storia, dando una poetica, quanto comoda e forzosa conclusione alla storia.
Le tre sorelle sono diverse caratterialmente tra loro. Rui è una donna adulta di oltre 20 anni che deve gestire locale, i contatti e pianificare gran parte dei furti, Ai è la più piccola tra loro, visto che frequenta ancora il liceo e ha un carattere sbarazzino, ed infine arriviamo alla protagonista del manga, Hitomi, una ragazza sui 20 anni circa che potenzialmente per via del suo legame con Toshio è il personaggio più sfaccettato e tormentato, però è anche il più uguale e identico a sé stesso, essendo continuamente gelosa nei confronti di Toshio e mostrando una maturità ed evoluzione psicologica scarna.
Toshio continua a dimostrarsi sempre molto stupido in ambito lavorativo, seppur risulti il personaggio che si evolve maggiormente interiormente, tanto da divenire più sicuro di sé stesso, mostrando grande forza di volontà, determinazione e pazienza nel gesitre una donna problematica come Hitomi. Tra gli altri personaggi secondari, emergono solamente quando compaiono di tanto in tanto l'ispettrice Asatani e il ladro soprannominato "Il Topo", per il resto ci ritroviamo tutte macchiette monomensionali e sempre uguali a loro stesse.
Punto di forza dell'opera sono sicuramente i disegni che, inizialmente sono molto acerbi e standardizzati allo stile dominante di inizio anni 80, mano a mano che prosegue l'opera si fanno sempre più realistici, raffinati, iper dettagliati e con retinature che riescono a creare la giusta atmosfera, paesaggi mozzafiato (sia urbani che non), esaltandosi specialmente nel rappresentare i magnifici tramonti con gli ultimi raggi di sole morenti prima del buio della notte, che illuminano in modo sublime i visi dei personaggi.
Tsukasa Hojo negli ultimi numeri matura uno stile di disegno molto più personale raggiungendo, in alcune tavole, vette di fotorealismo impressionanti, che faranno la sua fortuna nel successivo "City Hunter".
Il lettore attento avrà capito che "Cat's Eye", non è assolutamente un manga degno della nomea di capolavoro, poiché come quasi tutte le prime opere degli autori presenta quasi sempre dei difetti, riconducibili a una trama piuttosto labile, condita da una marea di furti e soprattutto scene quotidiane, asfissianti a lungo andare, che fanno calare nei 7-8 volumi centrali il ritmo narrativo. Si vede chiaramente che l'opera è fatta per durare il più a lungo possibile e che nonostante la coralità dei personaggi molti di essi sono macchiette sempre uguali a sé stesse e che non lasciano il segno, anche se l'improta conferita da Hojo è molto più seria e maliconica rispetto al più scanzonato "City Hunter".
Nonostante le pecche, per chi vuole recuperare un bel cult d'annata, immergendosi nel pieno inizio degli anni '80, non resterà sicuramente deluso da quest'opera.