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Ho una certa reverenza nell'approcciarmi a recensire le opere del maestro Oshii, perché ho sempre il timore di non essere all'altezza del genio, ma, come lo stesso autore dirà in "Innocence" (2004), "Non bisogna essere Cesare per capire Cesare"; in effetti l'umanità intera è composta perlopiù da persone non all'altezza dei suoi individui migliori. Realizzato l'anno precedente "Lamù - Only You" (1983), di cui il regista fu insoddisfatto per l'invadenza della produzione, ma tutto sommato un marchettone divertente, grazie agli incassi di esso e al continuo successo della serie TV "Lamù", di cui era regista, Oshii ha finalmente carta bianca da parte della produzione per un progetto estremamente personale e che ora può realizzare: ne esce fuori "Lamù - Beautiful Dreamer" (1984), che nelle intenzioni di tutti doveva essere né più e né meno che un mero film celebrativo del mondo di Lamù, mentre invece per Oshii diventa veicolo attraverso il quale, grazie al mezzo animato, può esprimere le proprie riflessioni sul tempo e lo spazio, come concetti relativi e intrinsecamente legati all'essere umano, da non concepire banalmente in maniera retta sul modello di un fiume che scorre, ma più come una circolarità in cui conta solo l'attimo del presente. La nota fiaba Giapponese di Urashima Taro, di cui ci viene fornito l'assunto nella prima parte del film, nonché la filosofia relativista sulla concezione del tempo di Henri-Bergson, la teoria del male radicale di Immanuel Kant e il racconto filosofico del mistico cinese Zhuangzi sulla farfalla e il sogno sono le chiavi necessarie per decriptare il film, con i suoi numerosi simbolismi e l'impalcatura teorica posta alla base di esso: l'impossibilità di concepire il tempo in un rapporto oggettivo e di distinguere la realtà dal sogno, perché, per quanto ne sappiamo, la nostra intera esistenza non può che essere una creazione dell'inconscio altrui, dimorante in un'altra dimensione, creando una reazione a catena da cui è impossibile venirne a capo, rendendo l'intera esistenza un gigantesco sogno altrui, quindi nient'altro che finzione.
Lamù, Ataru, Mendo, Sakura, Shinobu e tutti gli altri personaggi si ritrovano a vivere il giorno prima del festival scolastico, in modo continuo e ripetuto, senza che nessuno di loro si renda conto della situazione, mentre chi si pone domande sulla sensazione di vivere dei continui deja-vu sparisce misteriosamente come il professor Onsen (una figura adulta, quindi già immersa nella realtà del mondo), perché pone evidentemente questioni scomode in uno status quo eterno, tramite delle considerazioni fiume in un dialogo con la dottoressa Sakura, ripreso con un movimento di macchina a 360°, con cui Oshii rende a livello formale le proprie idee narrative (qui è autore della sceneggiatura anche).

Inno a un'adolescenza senza fine, Lamù, Ataru e gli studenti del liceo Tomobiki con cui fanno gruppo vivono senza farsi domande un'eterna adolescenza, ripetendo all'infinito le giornate in modo spensierato, senza porsi alcuna domanda sulla realtà in cui vivono, accettandola tacitamente per quello che è, per timore probabilmente che essa possa aver fine, nonostante gli edifici intorno siano sempre più in rovina, inspiegabilmente i supermercati siano sempre pieni di cibi e bevande fresche e la casa di Ataru possegga acqua, luce, elettricità e televisione. Un mondo perfetto, forse troppo, non può esistere una realtà così, eppure ai giovani adolescenti importa solo vivere questo eterno presente; con una lettura meta-cinematografica, Oshii sembra mettere sullo stesso piano la ripetitività intrinseca nel format delle puntate di questa serie TV demenziale da cui è tratto il film, non solo con la situazione vissuta dai protagonisti, ma anche con le aspettative dei fan della serie che magari protestano contro la mancanza di nuove idee, per poi infuriarsi quando le aspettative vengono disattese e i creatori, invece di dare la solita roba, quando vogliono uscire dai binari prestabiliti, vengono bersagliati dalle proteste e quindi costretti a fare marcia indietro. La situazione in cui vivono Lamù e soci corrisponde in pieno al limbo in cui i fan vivono, un'eterna riproposta di ciò che si aspettano, senza variazione alcuna.
"Beautiful Dreamer" è il sogno che diventa cinema, grazie al folletto Mujaki, dietro le cui fattezze si cela in modo chiaro l'alter-ego di Oshii, regista-demiurgo, che rende reali i sogni dei protagonisti, in special modo quello di Lamù, che, in quanto aliena e non essere umano, concepisce un desiderio così puro e non legato alla materialità delle cose facilmente corruttibile, da non poter esserne non colpiti e cercare di preservarlo a tutti i costi, seppur sia intrinsecamente infantile nella concezione, perché il sogno è pur sempre una manifestazione dell'inconscio modellato sulla realtà stessa, ma non può essere la scappatoia per evadere dalla realtà stessa, che gli adolescenti di oggi dovranno affrontare per diventare gli uomini e le donne del domani.

Giocato su fonti di luce sovra-illuminate tipiche dello stile del regista, sequenze surreali perfettamente calate nel contesto demenzial-anarchico tipico dei personaggi, inquadrature sghembe e riprese grandangolari, Oshii gioca a deformare e alterare i piani della realtà, moltiplicando i punti di osservazione, come gli specchi infiniti in cui Ataru si vede nella scuola, accentuando la sensazione di straniamento, coadiuvato da un montaggio ellittico che altera i piani della realtà, mostrando l'inizio del film in medias res per poi andare a ritroso, rompendo questa piacevole crisi delle certezze tramite uno spiacevole 'spiegone' finale, che il regista evidentemente ha inserito per via del target a cui l'opera era rivolta, e che nelle opere successive eviterà del tutto. "Beautiful Dreamer" segna la fine dell'adolescenza cinematografica di Mamoru Oshii, destinato a diventare il miglior regista di animazione della storia del cinema; un'opera così particolare e dissacratoria verso la serie da cui era tratta, anche se in realtà aderente allo spirito di essa, se si presta attenzione, non poteva che essere rifiutata dal pubblico bue, il quale minacciò di morte il regista e chiese a Rumiko Takahashi (autrice del manga) di disconoscere il film, cosa che fece dichiarando di odiarlo. Oshii entrò in rotta di collisione con la produzione, che gli rinfacciò di aver 'floppato' con un film celebrativo tratto da una serie di grande successo, e lo mandò via in malo modo, segnando di fatto anche l'inizio di una carriera all'insegna delle difficoltà da parte del regista nel reperire le risorse per finanziare i propri progetti.
"Beautiful Dreamer", a distanza di quasi quarant'anni, lo si può considerare il miglior film celebrativo mai fatto, che già mostra il talento e l'abilità tecnico-intellettuale del suo autore; un capolavoro del cinema e un inedito sguardo positivo da parte di un regista che, nel giro di pochi anni, maturerà una concezione sempre più pessimista dell'esistenza.