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Nella mia personalissima lista dei migliori anime usciti nel 2021 “Tokyo Revengers” occupa di certo uno dei posti del podio. Ammetto di avere un debole per il cliché del viaggio indietro nel tempo, perciò sono un po’ di parte. Tuttavia, credo che quest’opera possieda diversi punti di forza. Partiamo dalla trama.

La storia ruota intorno al protagonista, Takemichi, ventiseienne insoddisfatto della propria vita, incastrato in un lavoro noioso e in una routine poco stimolante. Ascoltando distrattamente il notiziario, viene a conoscenza della notizia dell’uccisione di Hinata, la sua ex ragazza, rimasta vittima di uno scontro tra un gruppo di gang criminali. Sconvolto e addolorato dalla notizia, Takemichi scoprirà di essere in grado di tornare indietro ai tempi delle medie e deciderà di salvare la ragazza.

La vicenda è, in realtà, molto più articolata di quanto sembri. Non sarà così facile per Takemichi cambiare il passato: molte delle azioni che compirà non si riveleranno sufficienti a salvare l’amata. Lo sforzo che gli è richiesto di compiere è più grande, più arduo, più intimo. Dovrà gradualmente cambiare sé stesso, migliorare costantemente, crescere e maturare. Takemichi diventa così incarnazione - permettetemi di filosofeggiare un po’ - dell’homo faber. Impone sé stesso sullo scorrere degli eventi al fine di deviarli nel modo più opportuno per raggiungere il suo scopo. Ma tutto ciò è possibile soltanto con una rivoluzione interiore della sua natura. Nel modo crudo e duro delle gang criminali non c’è posto per le “pappamolle”. Vivrà situazioni difficili in cui sarà costretto a mettere da parte la sua codardia e affrontare a testa alta ogni ostacolo.

Il personaggio di Takemichi è veramente interessante. È debole, insicuro di sé, immaturo. Nel corso degli episodi lo vedremo più volte crollare a terra inerme, incapace di individuare la soluzione più adeguata per risolvere la situazione. Più volte sarà vinto dallo sconforto, desidererà scappare via dai problemi e si domanderà se ne vale davvero la pena o se è il caso di gettare la spugna. Eppure, egli troverà la grinta e la forza di andare avanti e di non arrendersi.

Vorrei sottolineare la cura che è stata riservata all’evoluzione di Takemichi. Negli shōnen, lo sappiamo, il rischio che i protagonisti, che da deboli diventano forti, possano venir snaturati è dietro l’angolo. In “Tokyo Revengers” - grazie a Dio - questo non succede. Non ci sarà mai una scena in cui il protagonista gonfia di botte il boss supremo, sbloccando il super Saiyan di livello duecentomila - o forse questo è un altro anime. Anzi, spesso e volentieri sarà proprio Takemichi a perdere lo scontro. La trasformazione interiore del personaggio è graduale. Avverrà puntata dopo puntata con il giusto ritmo e con una naturalezza tale da infondere una maggiore sensazione di realismo e più spessore al carattere del protagonista. Ammetto che qualche volta avrei preferito vedere un Takemichi meno passivo e più potente, ma il personaggio avrebbe certamente perso la sua spontaneità.

Oltre al filo narrativo principale, viene fornito il giusto spazio ad intrecci secondari che arricchiscono la trama, senza mai appesantirla. Tra i personaggi introdotti costruiti con particolare attenzione vanno citati Mikey e Draken. Entrambi fortissimi, anche ai limiti del reale, e ugualmente lacerati da traumi e dolori subiti in passato. Avranno modo di riscattarsi e di far pace con le ferite inferte con maturità. (Vorrei davvero tantissimo parlarvi di più di loro due e di tutte le interessanti chiavi di lettura che offrono, ma temo che questa recensione diventerebbe più che chilometrica e forse nessuno la leggerebbe)

Infine - sarò breve, prometto -, un piccolo commento sulle animazioni e sul character design. Le scene di combattimento sono tutte molto curate e fluide. La dinamicità delle azioni è ben ponderata. Non mi sono mai annoiata nel guardare uno scontro e, anzi, vi sono anche dei piccoli colpi di scena che riescono a mantenere viva l’attenzione. I disegni dei personaggi rientrano nei miei gusti e li trovo per molti aspetti originali (hanno tutti dei profili forti e marcati). A volte trovo il viso del protagonista un po’ troppo squadrato, ma è un dettaglio del tutto ignorabile. L’occhio ha il suo peso, ma la sostanza di più.

L’unica critica che mi sento di muovere all’anime è che talvolta ho trovato alcune scene particolarmente irrealistiche. Per fare un esempio, in un episodio vengono ritratti Mikey & Co. guidare delle moto alla tenera età di dodici/tredici anni. Non sono assolutamente informata su quale sia l’età minima necessaria per guidare una moto in Giappone, tuttavia mi sembra precoce che dei ragazzini possano davvero stare in sella su delle moto di quel calibro e nessun poliziotto abbia da ridire. La possiamo considerare “licenza poetica”?

Per il momento “Tokyo Revengers” acquista per me un 8 tondo. Vi sono tutte le premesse per la composizione di un buon anime. Spero che il finale di questa prima stagione (immagino ve ne sarà una seconda) non perda la qualità dei precedenti ventidue episodi trasmessi finora.
Consiglio quest’anime a chiunque abbia voglia di fruire di un prodotto piacevole, pieno di azione e adrenalina, e che offra al contempo la giusta profondità e introspezione all’intera vicenda.