Recensione
L’anime di "Hakozume" giunge dopo il manga (ancora in corso) e un dorama. Rispetto a quest’ultimo è molto più fedele al manga nelle dinamiche fra i personaggi, ma come temporalizzazione degli eventi ne propone una terza versione.
Kawai Mei è una giovane recluta entrata in polizia solo per avere uno stipendio fisso e dopo un periodo non specificato di servizio in un koban di periferia (i minuscoli presidi della polizia giapponese nelle città) decide di rassegnare le proprie dimissioni, tuttavia il giorno in cui decide di farlo giunge alla sua stazione la sergente Fuji Seiko, spedita lì dal reparto investigazioni criminali come punizione per i suoi atti di bullismo nei confronti dei sottoposti. Seguono poi gli incontri con gli altri protagonisti: i detective Yamada e Minamoto e la detective, sostituta di Fuji, Makitaka.
La serie prosegue fino alle ultime tre puntate con episodi sostanzialmente autoconclusivi in cui si approfondiscono i vari personaggi, i rapporti fra loro in uno stupendo mix di comicità e serietà. Quest’ultimo è secondo me il punto più rilevante della serie, l’abilità dell’autore di sapere unire eventi comici alla drammaticità degli eventi criminali senza risultare offensivo, pesante o anche solo stupido.
Gli eventi criminali che i detective e le due agenti devono affrontare sono tutt’altro che leggeri: spaccio di droga, prostituzione minorile, stupro, violenza domestica. Così come viene affrontato il trauma nel vedere la morte di un neonato per incidente e al rimorso di aver sottovalutato un tentativo di suicidio. Reati ed eventi pesanti, ma affrontati con serietà con rispetto. A questi si affiancano piccoli eventi quotidiani: ricerca di persone scomparse, multe, addestramento quotidiano e piccole rivalità fra colleghi che arricchiscono l’anime di spunti comici.
Le ultime tre puntate si discostano leggermente dalle precedenti sia perché viene dato maggior spazio a Makitaka sia perché fanno parte di un unico arco narrativo, non essendo quindi autoconclusive.
I personaggi principali sono ben delineati, così come è ben evidente la crescita di Kawai e Makitaka. Non si apprezza una grande crescita nei personaggi di Fuji, Minamoto e Yamada, ma c'è anche da dire che nel complesso hanno più una funzione di sviluppare il personaggio di Kawai e che nel manga mostrano una crescita e caratterizzazione migliore negli eventi successivi a quelli considerati nell'anime.
Il design dei personaggi rispecchia quello del manga in meglio (che in certi punti rasenta l’imbarazzante) e le animazioni sono nel complesso buone. La colonna sonora accompagna bene le scene e il loro registro.
Nel complesso un buon anime, piacevole da guardare nonostante le tematiche spesso pesanti affrontate e che da al contempo anche diversi spunti di riflessione.
Kawai Mei è una giovane recluta entrata in polizia solo per avere uno stipendio fisso e dopo un periodo non specificato di servizio in un koban di periferia (i minuscoli presidi della polizia giapponese nelle città) decide di rassegnare le proprie dimissioni, tuttavia il giorno in cui decide di farlo giunge alla sua stazione la sergente Fuji Seiko, spedita lì dal reparto investigazioni criminali come punizione per i suoi atti di bullismo nei confronti dei sottoposti. Seguono poi gli incontri con gli altri protagonisti: i detective Yamada e Minamoto e la detective, sostituta di Fuji, Makitaka.
La serie prosegue fino alle ultime tre puntate con episodi sostanzialmente autoconclusivi in cui si approfondiscono i vari personaggi, i rapporti fra loro in uno stupendo mix di comicità e serietà. Quest’ultimo è secondo me il punto più rilevante della serie, l’abilità dell’autore di sapere unire eventi comici alla drammaticità degli eventi criminali senza risultare offensivo, pesante o anche solo stupido.
Gli eventi criminali che i detective e le due agenti devono affrontare sono tutt’altro che leggeri: spaccio di droga, prostituzione minorile, stupro, violenza domestica. Così come viene affrontato il trauma nel vedere la morte di un neonato per incidente e al rimorso di aver sottovalutato un tentativo di suicidio. Reati ed eventi pesanti, ma affrontati con serietà con rispetto. A questi si affiancano piccoli eventi quotidiani: ricerca di persone scomparse, multe, addestramento quotidiano e piccole rivalità fra colleghi che arricchiscono l’anime di spunti comici.
Le ultime tre puntate si discostano leggermente dalle precedenti sia perché viene dato maggior spazio a Makitaka sia perché fanno parte di un unico arco narrativo, non essendo quindi autoconclusive.
I personaggi principali sono ben delineati, così come è ben evidente la crescita di Kawai e Makitaka. Non si apprezza una grande crescita nei personaggi di Fuji, Minamoto e Yamada, ma c'è anche da dire che nel complesso hanno più una funzione di sviluppare il personaggio di Kawai e che nel manga mostrano una crescita e caratterizzazione migliore negli eventi successivi a quelli considerati nell'anime.
Il design dei personaggi rispecchia quello del manga in meglio (che in certi punti rasenta l’imbarazzante) e le animazioni sono nel complesso buone. La colonna sonora accompagna bene le scene e il loro registro.
Nel complesso un buon anime, piacevole da guardare nonostante le tematiche spesso pesanti affrontate e che da al contempo anche diversi spunti di riflessione.