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“Vorrei che Itsuomi mi portasse nel suo mondo. Vorrei conoscerlo e farmi conoscere. Tuttavia, vorrei che ancora non si accorgesse di quanto scomoda sia la mano che stringe...”

Nel fare questa recensione vorrei partire da una premessa: se ci si approccia alla visione di "A Sign of Affection" con l'aspettativa di vedere uno shoujo dinamico, con una trama articolata e personaggi con una caratterizzazione complessa, si rimarrà certamente delusi.
La serie, tratta da un manga scritto e disegnato da Suu Morishita, non è nemmeno un’opera incentrata sul tema della disabilità in senso stretto o un’opera con elementi di denuncia o di critica sociale (se non molto velatamente), pertanto le problematiche connesse alla disabilità, pur essendo in un qualche modo rappresentate, rimangono sullo sfondo, non assumendo mai un ruolo di primo piano.

Allora, considerato che stiamo parlando di uno shoujo romantico/slice of life in piena regola, quale ulteriore prospettiva può offrire quest’opera rispetto ad altre del suo genere?
Cominciamo innanzitutto dai protagonisti.

Yuki è una ragazza universitaria di diciannove anni non udente dalla nascita. Nonostante le difficoltà quotidiane che derivano dalla sua condizione, sembra convivere con la sua disabilità con una certa normalità, in una sorta di “comfort zone” creata grazie all’affetto e alla protezione dei familiari e degli amici più cari, tra i quali in particolare Rin e Oshi (l’amico d’infanzia segretamente innamorato di lei).
Yuki non sembra aver subito particolari traumi legati alla sua condizione, quali episodi di bullismo, emarginazione, esclusione dalla vita sociale o scolastica; ciò ha contribuito a rendere la sua personalità semplice, docile e lineare. Tuttavia, il mondo silenzioso e ovattato di Yuki appare troppo ristretto, piatto, privo di orizzonti e slanci emotivi, almeno fino a quando non incontra Itsuomi. L’incontro con Itsuomi costringe Yuki ad uscire dalla sua “comfort zone” e a confrontarsi con nuovi sentimenti, nuovi stimoli e nuove difficoltà. Itsuomi diventerà ben presto la sua finestra su un mondo sconosciuto e pieno di attrattive, di fronte al quale Yuki non si tirerà indietro, anzi, si metterà coraggiosamente in gioco, aprendo il suo cuore quasi con incosciente determinazione e rivelando la sua autenticità e forza d’animo.

Itsuomi, a differenza della stragrande maggioranza dei personaggi maschili che popolano il mondo anime e manga, è un ragazzo solido, consapevole, estroverso, schietto e pragmatico (finalmente...). L’aver vissuto in Europa e l’aver viaggiato per il mondo hanno influenzato la sua personalità, rendendola più libera dai condizionamenti tipici della cultura giapponese. Itsuomi, infatti, non è particolarmente formale, non ha quel senso del pudore tipico dei suoi connazionali, non ha difficoltà con il contatto fisico, non teme di mostrare le proprie emozioni. Inoltre, considera la “diversità” fonte di conoscenza e arricchimento personale. È innegabile, Itsuomi è un gran ‘figo’, ma la ragione del suo carisma non è soltanto legata alla sua avvenenza o alla sua popolarità, ma piuttosto alle sue esperienze cosmopolite, e in particolare al fatto di avere sperimentato sulla propria pelle (avendo vissuto da bambino all’estero) le difficoltà di non riuscire a comunicare con gli altri, di sentirsi diverso ed escluso. Esperienze che lo hanno portato a comprendere il valore dell'accoglienza e dell'integrazione. Itsuomi è dunque aperto, inclusivo, privo di pregiudizi, e ciò gli permette di approcciarsi a Yuki con naturalezza (senza alcuna forma di commiserazione), non in quanto ragazza “non udente”, ma in quanto persona. Nel mondo di Itsuomi, senza barriere e confini mentali, la comunicazione delle proprie emozioni supera il limite dell’assenza di suono e si arricchisce di significati più profondi.

Ciò che Yuki e Itsuomi sperimentano insieme è un linguaggio universale fatto di gesti, di sguardi, di attenzioni, di rispetto reciproci, di desiderio di conoscere il mondo dell’altro e, soprattutto, di fiducia che si costruisce gradualmente insieme. Tutto questo diventa il vero fulcro della serie, supportata da un ottimo comparto tecnico capace di trascinare lo spettatore in un mondo senza suoni, ma ricco di sensazioni vivide, quasi tangibili, enfatizzate dalle espressioni facciali, dal movimento delle labbra, dai dettagliati movimenti delle mani che diventano parole nella lingua dei segni.
Anche le scelte cromatiche, con la presenza di colori tenui, morbidi, che creano atmosfere avvolgenti, sono straordinariamente efficaci; colori che diventano con l’avanzare degli episodi sempre più luminosi, caldi e ricchi di sfumature, proprio come lo diventa la vita di Yuki.

Nella relazione che nasce tra Itsuomi e Yuki non c’è spazio né speranza per Oshi, con il quale, ovviamente, è naturale empatizzare. Oshi, pur avendo tutte le qualità (anche fisiche) che una ragazza possa desiderare, appartiene al più classico stereotipo delle rom-com giapponesi (con tutti i clichè del caso): irrimediabilmente introverso, insicuro e immaturo. Innamorato di Yuki da sempre (senza mai esporsi), impara alla perfezione la lingua dei segni fondamentalmente per proteggerla (e un po' egoisticamente per rimanere il suo unico punto di riferimento), ma il suo approccio rimane sempre “escludente”.
Ed è questo atteggiamento che mette Oshi fuori gioco da subito: lui vorrebbe proteggerla tenendola nel suo guscio, Itsuomi, invece, cerca di proteggerla spronandola ad uscirne.

La serie ha, tuttavia, anche i suoi limiti: il poco spazio e approfondimento dei personaggi secondari, le soluzioni sbrigative con le quali vengono gestite alcune dinamiche relazionali e una trama un po' troppo lineare.

In conclusione: pur raccontando una storia molto romantica, con un ritmo lento e delicato (se vogliamo anche un po’ edulcorato), l’opera riesce a veicolare un suo messaggio, certamente ottimistico, ma mi auguro non utopico e senza speranza.
Nel complesso, pur non essendo un capolavoro, ne consiglio la visione agli amanti del genere.