The Legend of Zelda: Spirit Tracks
“The Legend of Zelda: Spirit Tracks” è il sequel diretto di “Phantom Hourglass” uscito sempre su Nintendo DS a fine 2009. Il gioco venne accolto positivamente dalla critica, ma ascoltando l’opinione di molti fan, mi ero fatto l’idea di un gioco decisamente meno interessante del suo predecessore e più in generale di uno dei capitoli meno entusiasmanti dell’intera saga. Sebbene non sia difficile capire perché a molti fan il gioco non piacque, devo ammettere di averlo apprezzato ben oltre le mie aspettative, grazie ad un gameplay solido, una storia sufficientemente interessante e una realizzazione tecnica che ancora una volta ha saputo sfruttare a dovere l’hardware della portatile di Nintendo.
Volendo in primo luogo analizzare i motivi per cui il gioco è stato complessivamente poco apprezzato dai fan, i punti più critici sembrerebbero essere stati la generale mancanza di innovazioni rispetto al passato e un’esplorazione del mondo di gioco molto più limitata e lineare. Sul primo punto in parte mi trovo d’accordo, fin da subito appare palese come il gioco non possieda quella carica di originalità e innovazione che aveva il titolo precedente e che in generale offrono quasi tutti i capitoli di questa saga. Anche la questione della fase esplorativa è comprensibile, visto che, evidentemente, esplorare la mappa in treno sia molto più limitante rispetto alla barca e di conseguenza viene un po’ a mancare quello spirito d’avventura e libertà che si respirava in “Phantom Hourglass”. Nonostante riconosca la fondatezza di queste critiche, personalmente mi sono ritrovato ad apprezzare il gioco anche grazie a queste caratteristiche. Il gameplay infatti, benché perlopiù invariato, mi è sembrato subito familiare e mi ha permesso di skippare tutta quella parte di apprendimento che solitamente per me è molto lunga quando si parla di questa saga. Non a caso, la parte iniziale dei vari Zelda per me si è spesso rivelata noiosa e poco stimolante, mentre qui mi sono sentito coinvolto quasi fin da subito. Per quanto concerne il fattore esplorazione, con mia enorme sorpresa mi sono ritrovato ad apprezzare di più questo approccio lineare rispetto a quello più libero del gioco precedente. Il che mi ha permesso di vivere l’esperienza più intensamente e di concluderla in tempi relativamente brevi, mentre “Phantom Hourglass” su questo fronte per me fu a tratti anche dispersivo e ci misi molto più tempo per portarlo a termine.
Altri aspetti apprezzabili del gioco sono sicuramente i dungeon, sempre divertentissimi e ben costruiti, e la presenza di Zelda, sia come personaggio di trama, ma anche di gameplay, visto che per risolvere alcuni enigmi la dovremmo controllare. Il tutto condito da un gameplay talmente valido che non aveva bisogno di cambiamenti particolari, se non ovvie aggiunte negli strumenti e oggetti di gioco.
In conclusione, “Spirit Tracks” è per me un signor capitolo di Zelda e più in generale un ottimo capitolo per DS. Un gradino sotto il suo predecessore unicamente per il fatto di non essere stato particolarmente innovativo e di non aver offerto quell’effetto sorpresa che spesso accompagna i titoli della serie. Non sarà il capitolo più avvincente, quello più interessante o quello più bello da esplorare, ma per me è stata un’ottima esperienza che ha saputo intrattenermi e divertirmi dall’inizio alla fine.
Volendo in primo luogo analizzare i motivi per cui il gioco è stato complessivamente poco apprezzato dai fan, i punti più critici sembrerebbero essere stati la generale mancanza di innovazioni rispetto al passato e un’esplorazione del mondo di gioco molto più limitata e lineare. Sul primo punto in parte mi trovo d’accordo, fin da subito appare palese come il gioco non possieda quella carica di originalità e innovazione che aveva il titolo precedente e che in generale offrono quasi tutti i capitoli di questa saga. Anche la questione della fase esplorativa è comprensibile, visto che, evidentemente, esplorare la mappa in treno sia molto più limitante rispetto alla barca e di conseguenza viene un po’ a mancare quello spirito d’avventura e libertà che si respirava in “Phantom Hourglass”. Nonostante riconosca la fondatezza di queste critiche, personalmente mi sono ritrovato ad apprezzare il gioco anche grazie a queste caratteristiche. Il gameplay infatti, benché perlopiù invariato, mi è sembrato subito familiare e mi ha permesso di skippare tutta quella parte di apprendimento che solitamente per me è molto lunga quando si parla di questa saga. Non a caso, la parte iniziale dei vari Zelda per me si è spesso rivelata noiosa e poco stimolante, mentre qui mi sono sentito coinvolto quasi fin da subito. Per quanto concerne il fattore esplorazione, con mia enorme sorpresa mi sono ritrovato ad apprezzare di più questo approccio lineare rispetto a quello più libero del gioco precedente. Il che mi ha permesso di vivere l’esperienza più intensamente e di concluderla in tempi relativamente brevi, mentre “Phantom Hourglass” su questo fronte per me fu a tratti anche dispersivo e ci misi molto più tempo per portarlo a termine.
Altri aspetti apprezzabili del gioco sono sicuramente i dungeon, sempre divertentissimi e ben costruiti, e la presenza di Zelda, sia come personaggio di trama, ma anche di gameplay, visto che per risolvere alcuni enigmi la dovremmo controllare. Il tutto condito da un gameplay talmente valido che non aveva bisogno di cambiamenti particolari, se non ovvie aggiunte negli strumenti e oggetti di gioco.
In conclusione, “Spirit Tracks” è per me un signor capitolo di Zelda e più in generale un ottimo capitolo per DS. Un gradino sotto il suo predecessore unicamente per il fatto di non essere stato particolarmente innovativo e di non aver offerto quell’effetto sorpresa che spesso accompagna i titoli della serie. Non sarà il capitolo più avvincente, quello più interessante o quello più bello da esplorare, ma per me è stata un’ottima esperienza che ha saputo intrattenermi e divertirmi dall’inizio alla fine.