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7.5/10
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Dopo aver recuperato il precedente capitolo in live-action, già divenuto meritatamente uno dei maggiori Cult Horror degli ultimi anni, ho poi proceduto alla visione del suo Prequel, sempre firmato dallo stesso regista e rilasciato nello stesso anno, ma sorprendentemente in forma animata.

In realtà a conti fatti non dovrebbe poi sorprendere così tanto, poiché l'autore Yeon Sang-ho si è fatto un nome proprio esordendo nell'animazione, grazie ad altri due titoli divenuti anch'essi apprezzati e controversi Cult, ovvero THE KING OF PIGS e THE FAKE.

Ma per natura mi trovo molto spesso dubbioso su questo tipo di operazioni cross-mediali: e in questo caso specifico, TRAIN TO BUSAN a mio dire non mancava di nulla che necessitasse eventuali "perfezionamenti" che solo l'animazione può offrire.

Ma nonostante tutto, forte dell'ottimo riscontro ottenuto dagli spettatori del primo film, l'ho sempre tenuto in conto qualora avessi recuperato il primo.
Ed avendoli entrambi a disposizione su Prime, così ho fatto ...

Ci troviamo nei pressi della stazione della capitale sudcoreana, dove l'incombente epidemia si palesa immediatamente per mezzo di uno sfortunato anziano sanguinante che si fa strada tra lo sgomento e l'indifferenza dei passanti; il peggiorare della sua condizione s'intersecherà a poco a poco con la strada di altri personaggi, dando il via a corse parallele per la città, spingendo chiunque ad aggrapparsi alle più disperate scelte, ormai in una morsa senza fine.

Già da qui, per tornare al discorso iniziale, si ravvisa subito come l'atmosfera di TRAIN TO BUSAN venga perfettamente riprodotta, esponendo nel giro di pochi minuti un ritratto diretto delle distorsioni nella società coreana, a cominciare dal disprezzo provato verso gli "inferiori", a partire dai senzatetto verso cui tutti sfoggiano la maggiore ipocrisia, ma anche quegli altri che si ritrovano ai margini per scelte sbagliate, come la protagonista Hye-sun che si ritrova senza alcun sostegno avendo abbandonato la propria casa, sfogando in preda al terrore e alla frustrazione la voglia di una stabilità che lei per prima non ha saputo cercare per la propria immaturità, e ora aggravata dall'imprevedibile emergenza scoppiata.

E infatti l'altra grande forza, esattamente come nel precedente, è la calibratissima gestione della coralità, per cui ogni trama seguita non passa mai in secondo piano rispetto all'altra, mantenendo viva l'attenzione e trasmettendo con assoluta chiarezza tutta la gamma di eventi ed emozioni studiati con una precisione non così fine o costante in altrettanti film dall'ampia struttura narrativa, Horror o meno che siano.
Certo, sicuramente viene meno la freschezza e il fascino del setting ristretto del primo film, ma anche così l'essenza del caos e delle relazioni tra personaggi rende il tutto perfettamente coerente, e non meno dinamico né troppo banale.

I personaggi qui presentati risultano ancor più combattuti di quelli presentati nel primo: le dinamiche delle loro esperienze manifestano sia una familiarità maggiore per il loro doversi confrontare con ambienti e situazioni più "quotidiane", ben centrati nella cultura sudcoreana ma pregni anche di lati più universali (una reazione in particolare all'inizio mi ha ricordato parecchio un concetto espresso in PARASITE di Bong Joon-ho), ma al tempo stesso risultano uniti dal dover partire dai livelli più bassi della catena sociale e, per certi versi, umana.

Ma esattamente come nel primo, il contrasto dei caratteri così schietti e proprio per questo così umani assume connotati più inaspettati, con scambi di opinioni che mostrano tanto il marciume quanto la disperazione che coabitano, o almeno cercano di farlo, nell'animo di ogni personaggio, in grado di destare comprensione e repulsione a 360°, e capendo subito come nessuno sia al sicuro, sfociando in lidi molto più oscuri del film precedente, ma senza per questo rinunciare a mostrare quegli sprazzi di consapevolezza e rivalsa che impediscono l'eccessiva pesantezza, aiutando anzi a rendere tutto ciò a cui assistiamo veramente concreto ed efficace.


Quindi, con una sceneggiatura così ben costruita, aiuterà l'averlo realizzato in animazione?

Si è trattata della mia prima visione di un film animato coreano, e questo mi ha aiutato ad inquadrare facilmente l'approccio che lo distingue da altri stili orientali, in particolare riguardo l'animazione delle espressioni, ed anche la ricostruzione degli ambienti con ottimi usi dei colori forti ma anche spenti data l'ambientazione notturna e il senso di desolazione, oltre alla furia degli accalcamenti degli infetti come nel primo capitolo.
Tuttavia è evidentissimo come il budget a disposizione non fosse così alto, non aiutando dunque la resa di sequenze dal maggior impatto, o vari movimenti delle labbra, dando quasi l'impressione che i personaggi parlino in modo "squadrato".

Quindi, alla luce dell'essere riuscito nonostante tutto a mantenere la medesima essenza del primo, direi ... NO, non trovo alcuna plausibile giustifica per cui occorresse l'animazione; ritengo che in questo caso, col live-action, avrebbero potuto ottenere un risultato ancor più memorabile e con una fluidità nelle azioni e negli effetti dell'Orrore davvero notevoli.


SEOUL STATION è un'ottima aggiunta al franchise che consiglio vivamente a tutti, possibilmente dopo aver recuperato il primo per meglio godere di due punti di vista assolutamente complementari in grado di rinfrescare e valorizzare ulteriormente uno dei filoni che legano meglio di altri gli orrori della Finzione con quelli della Realtà.