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Coloro che si accostano a Poe no ichizoku (poco opportunamente adattato in Edgar e Allan Poe, in realtà "Il Clan Poe") pensando di trovarsi di fronte a una storia di vampiri simile a quelle proposte dagli urban fantasy contemporanei e di moda (alla Twilight, insomma!) e corrispettivi shojo manga, si troverà quanto mai deluso. Nelle pagine dei Poe si respira l'aria della grande letteratura disegnata, anzi, in questo caso oserei dire della "poesia" disegnata, nella quale si svelano tutte le potenzialità presenti nel mezzo espressivo del fumetto. Di certo si vede la mano e il cuore di una mangaka di classe come la Hagio, davvero una delle madri dello shojo moderno e scrittrice fra le più sensibili e profonde del panorama manga; non è un caso che la prefazione del primo volume italiano sia stata scritta da Giorgio Amitrano, orientalista ed esperto di letteratura giapponese.
Premetto che, a scanso d'equivoci e nonostante quanto scritto sul retro dei volumi Ronin, "Il Clan Poe" non è il primo shojo in assoluto ad essere pubblicato in volume monografico, ma semplicemente il primo della casa editrice Shogakukan. Viene serializzato sulla rivista Betsu Comics dal 1974 al 1976 ed in seguito raccolto in cinque volumetti e poi in tre per la successiva edizione Bunko, da cui viene espletata anche quella italiana che abbiamo avuto la fortuna di leggere.

La Hagio prende a piene mani dalla tradizione estetica e letteraria occidentale (i nomi dei due protagonisti sono un chiarissimo riferimento e insieme un atto d'omaggio al celebre scrittore Edgar Allan Poe), calando il suo racconto in un'atmosfera a metà fra il gotico e il decadente, trattando poeticamente e magistralmente le alterne vicende dei membri di un'arcana famiglia di vampiri.
La struttura dell'opera presenta episodi apparentemente slegati fra loro, che non seguono una linea cronologica e temporale coerente, ma saltano spensieratamente di epoca in epoca; il motivo, per esempio, che ha portato alla vampirizzazione di Edgar e Marybell viene narrato solo nel secondo volume. Scelta stilistica assolutamente in linea con il carattere più profondo dell'opera: il tempo e le sue catene non hanno più alcun significato per gli immortali protagonisti di questa storia; mentre le circostanze, i luoghi, le persone e il mondo mutano, loro rimangono immutabili, eternamente fermi all'attimo della loro morte, o rinascita a una nuova esistenza.

Edgar, Allan, Marybell e gli altri membri del clan Poe scavalcano le epoche e i secoli, talvolta lasciando tracce del loro passaggio così labili che coloro in cui si imbattono si chiedono se l'incontro con gli affascinanti ragazzi sia realtà, illusione o "i nodi delle circostanze intrecciate dal tempo". Mascherata da storia finto horror il Clan è invece una malinconica e onirica riflessione sull'insensatezza dell'immortalità e la sua conseguente solitudine, che sono poi solitudine e insensatezza delle vite di tutti gli uomini.
Edgar, eterno quattordicenne, non crescerà mai, cristallizzato in un'età troppo giovane per l'esperienza che riesce a maturare nei secoli di non vita o non morte; eppure avverte con tutta la forza possibile il dramma della condizione di coloro che fanno parte della sua stirpe: la solitudine di un'esistenza a cui non si concede riposo, una continua fuga da sé stessi e dal mondo, un continuo tentativo di mimetizzarsi in mezzo all'umanità mortale e il dolore di sopravvivere a coloro che si è amati. Ma soprattutto Edgar manifesta la necessità, comune a tutti gli uomini, dell'essere accompagnati da qualcuno nel cammino, per lui troppo lungo, della vita. Queste creature della notte e del sogno, per quanto ormai lontani dalle necessità umane, non riescono a vivere da soli, tanto da sacrificare egoisticamente le persone amate alla maledizione della vita eterna.

Per quanto riguarda l'aspetto grafico la Hagio si mantiene in linea con le esperienze estetiche dello shojo degli anni 70; sfondi liberi, decorativismo diffuso, tavole lineari e semplici. Alcune scene, soprattutto nei primi capitoli, si mostrano un po' confusionarie e non sempre di chiara lettura, ma i disegni migliorano visibilmente di episodio in episodio; non giovano molto le tavole rimpicciolite dell'edizione italiana che, per quanto ben fatta, avrebbe dovuto dare maggior ampiezza a delle tavole cariche di vignette e dialoghi. D'altra parte si notano elementi che saranno tipici dello stile di Moto Hagio, che in questo suo lavoro non è ancora maturato del tutto, ma si presenta già personale, raffinato, sinuoso, arioso e sfumato come gli sfuggenti personaggi di questa sua onirica storia.
Leggete "Poe no ichizoku", rimarrete abbagliati dalla luce crepuscolare scorta dentro le sue pagine e non la dimenticherete mai.