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10.0/10
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Quando per la prima volta in Italia veniva trasmesso "Cowboy Bebop", io andavo per i nove. Ero un bimbetto che aveva pochissima dimestichezza col mondo dell'animazione giapponese e che forse non capiva neanche la differenza tra questo genere di prodotto ed uno di fattura americana. Erano tutti cartoni animati, per la gaia mente di un neanche decenne, roba con cui svagarti, perdere una mezz'oretta, magari trasgredire a mamma che non voleva guardassi MTV perché controcorrente e ribelle. Erano cartoni animati e basta, senza nessun tipo di ricercatezza dietro, senza nessuna pretesa, qualcosa appunto fatta per divertire, per intrattenere, e basta.
A distanza di diciassette anni, ho ripreso in mano "Cowboy Bebop" e, come è normale in questi casi, mi sono accorto di come la mente di un adulto, oramai sulla soglia dei trenta, sia radicalmente differente da quella di un bambino (e per fortuna, direte voi).

"Cowboy Bebop" per me è un vino che, con anni di invecchiamento, ha saputo acquisire aromi e sapori che al primissimo sorso sarebbero stati impensabili. E' un prodotto per palati fini ed esercitati, capaci di riconoscere e comprendere la malinconia e la tristezza nascoste in ogni puntata, dalla più carica alla più banale; caratteristica questa che mi ha colpito parecchio, appunto, perché immemore di averla incontrata oltre tre lustri fa, e che oggi penso sia la vera e propria carta vincente dell'anime, capace di essere filo conduttore per tutte le ventisei puntate senza però essere affliggente ed ingombrante oltre modo.
Malinconia sicuramente amplificata dallo stile grafico, che nel mio inconscio associo agli anni della mia infanzia e che per forza di cose mi riporta indietro nel tempo, facendomi quindi pesare un bagaglio anagrafico che inizia ad essere ingombrante.
Altro elemento piuttosto riuscito è la caratterizzazione dei personaggi, che per forza di cose beneficia della malinconia sopracitata per imbastire una ricerca introspettiva nei singoli davvero ben curata. Non solo ogni personaggio ha il suo carattere distinto, ma è accompagnato da un differente tipo di mestizia associata al passato del singolo personaggio ed alle sue proprie convinzioni. Ecco, altro elemento importante nella caratterizzazione dei personaggi è proprio il passato, la storia personale. Elemento importantissimo della serie, tenuto abbastanza soffuso e poco sviluppato per gran parte del prodotto per tutti e quattro gli elementi principali, che riesce a dare una profondità ulteriore ai personaggi senza appesantirli ma anzi facendo incuriosire lo spettatore.
A questo proposito, un rimando momentaneo agli episodi 18 e 23, a mio parere i migliori. Il primo mostra tutta l'intensità del dolore di Faye, troppo spesso vista solo come la bellona con occhi solo per il denaro ma che invece nasconde una delusione morale di grandi dimensioni; il secondo, invece, ha tutte le caratteristiche degli anime di fini anni '90, buio, angoscioso, con quel riferimento al mondo telematico che fa pensare subito a "Serial Experiment Lain", capace di mostrare i limiti dello sviluppo tecnologico a discapito dell'universo delle emozioni e dei contatti umani.

Infine, i comparti tecnici. Come dicevo poc'anzi, sicuramente la veste grafica si è ritagliata un posto di tutto rispetto nel mio cuore. Mi accorgo non sia particolarmente bella, anzi in diversi casi assistiamo ad un effettivo calo, eppure è più forte di me trovarla valida e riuscita. Sulle colonne sonore, direi che non ci dovrebbe essere nulla da obiettare: altro reparto in cui lo sforzo è andato a buon fine, musiche piacevolissime sempre e comunque.

Tirando le somme, "Cowboy Bebop" è stata una piacevolissima riscoperta, e probabilmente uno dei migliori anime che abbia mai visto