Recensione
Yakuza Kiwami
8.0/10
Yakuza 0 è stato il debutto della saga su PlayStation 4 (tolto lo spin-off Ishin, rimasto in Giappone), seppur in convivenza con la precedente console Sony, nonché il primo distribuito da Deep Silver, dopo che l’odissea dell’arrivo di Yakuza 5, durata 3 anni, aveva seriamente messo in dubbio la prosecuzione delle avventure di Kazuma Kiryū sui suoli occidentali.
Stavolta è il turno di Kiwami, termine traducibile in “il massimo” ad esemplificare il remake pompato del primo episodio rilasciato in patria nel 2015 in occasione del decimo anniversario della saga, rendendo la transizione da Yakuza 0 praticamente naturale. Almeno dal punto di vista narrativo, poiché da quello ludico, forse per la prima volta, si è avvertita una ridondanza maggiore nonché un’opera di riciclo un po’ più sfacciata del solito nei confronti del capitolo che lo precede, in parte mitigata dal graditissimo prezzo budget di 34,99€ con cui Yakuza Kiwami verrà esposto sugli scaffali.
Yakuza Kiwami ci riporta in quel 1995, anno in cui Kazuma Kiryū viene incolpato dell’omicidio di Sohei Dojima, capo della Dojima Gumi che abbiamo avuto l’occasione di conoscere meglio in Yakuza 0. Il vero assassino è in realtà Akira Nishikiyama, che in uno scatto d’ira ha ucciso il suo Oyabun dopo che quest’ultimo aveva preso con la forza Yumi Sawamura, amica di infanzia d’orfanotrofio di Kiryū e Nishiki. Kazuma decide in quel momento di prendersi la colpa per proteggere Yumi e il suo migliore amico Nishiki; durante l’interrogatorio non proferisce parola alla polizia ma fa la conoscenza dell’investigatore Makoto Date, convinto della sua innocenza e che diventerà un prezioso alleato una volta fuori di prigione. Nel 2005, scontata la pena di 10 anni, Kazuma torna in una Kamurocho totalmente cambiata, su cui spicca la nuova Millennium Tower, ma è l’intero ambiente malavitoso ad essere in subbuglio a causa della misteriosa scomparsa di ben 10 miliardi di yen dalle casse del Tōjō Clan.
La situazione si complica ulteriormente quando, in occasione della riunione d’urgenza voluta dall’ora influente Nishiki, viene assassinato il terzo presidente del Tōjō Clan Masaru Sera, lasciando così un posto vacante al vertice: i candidati sono il mentore di Kiryū Shintaro Kazama, il feroce Futoshi Shimano e lo stesso Akira Nishiki, nonostante la giovane età. Dopo aver scatenato uno dei suoi soliti putiferi al funerale di Masaru Sera, Kazuma incontra di nuovo Date e inizia ad indagare su quello che sembra essere un complotto accuratamente architettato, con il bar Serena dell’amica Reina come punto di ritrovo. Gli incontri con i gestori del club “Stardust”, con l’informatore Kage detto “il fioraio” e la sua capillare rete di telecamere, e soprattutto con una bambina di nome Haruka Sawamura, calamita ambulante per le peggiori sciagure, saranno la chiave per arrivare alla verità di un vorticoso intreccio di inganni e rivelazioni.
Qualche mese fa è uscito fuori un interessante aneddoto di Peter Moore (presidente di Sega of America al tempo del Dreamcast) riguardante un sondaggio effettuato da quest’ultimo rivolto intorno al 2001 ai videogiocatori statunitensi, i quali ritenevano il marchio Sega ormai superato e infantile, rispetto ai videogiochi che andavano per la maggiore in quel periodo, decisamente più adulti, come Metal Gear Solid e GTA III. Il sondaggio fu rispedito al mittente da un cocciuto Yuji Naka, ma è probabile che l'appello di Moore arrivò alle orecchie di Toshihiro Nagoshi, veterano di successi arcade (Virtua Racing, Daytona USA, Scud Race) che nel contesto della riorganizzazione generale dell’azienda, fu messo a capo di uno dei nove studio interni di Sega, Amusement Vision, e prodotto con esso i primi successi su console dell’immediato post-Dreamcast, ossia Super Monkey Ball e F-Zero GX sul Nintendo GameCube. Tale studio però durerà poco, nel 2004 viene dissolto e assorbito totalmente in Sega per dare il via all’ambizioso progetto adulto e cinematografico in mente da Nagoshi. E così, con un budget di oltre 20 milioni di dollari, cifra che non si vedeva da Shenmue, Ryū ga Gotoku, diretto da Hiroyuki Sakamoto, irrompe sul mercato nel Natale del 2005, e per una Sega in affanno su più fronti (la latitanza di Yu Suzuki, i disastri del Sonic Team) fu un toccasana; finalmente la casa del porcospino blu aveva la sua serie adulta di successo, dopo il letargo forzato di Shenmue e il tentativo andato a vuoto con Headhunter.
Pubblicato in occidente un anno dopo con il titolo Yakuza, i giocatori furono catapultati per la prima volta nel mondo della malavita giapponese (va bene coevo e sconosciuto The Ninkyou/Yakuza Fury, concedo il tuo breve momento di notorietà dicendo che sei uscito qualche mese prima del gioco Sega), differentemente da GTA non ci metteva alla guida di un’auto ma in compenso garantiva un’immersione mai vista prima in questo quartiere di Tokyo ricostruito nei minimi particolari, rovinata solo in parte dal modesto ma all’epoca imposto doppiaggio inglese.
Al netto dei più articolati capitoli successivi, la sceneggiatura del primo Yakuza si dimostra ad oltre 10 anni di distanza ancora solidissima, nonché fra le più avvincenti, grazie ad una sapiente gestione di tutti i personaggi in scena, gli alleati come i nemici. Haruka non è ancora la idol che balla per le strade di Osaka bensì la fragile ma determinata bambina alla ricerca della sua madre scomparsa; Majima è nella sua fase più “folle” e grazie agli avvenimenti di Yakuza 0 vediamo la sua follia e il contorto rapporto con Kiryū sotto una luce diversa, rispetto a 10 anni fa, mentre Date svolge perfettamente il doppio ruolo di co-protagonista e del tipico poliziotto in preda ai dilemmi.
Ma il personaggio che giova maggiormente di questo remake è Nishiki, figura chiave e antagonista di questo episodio, il cui passaggio da fraterno amico di Kiryū a spietato e ambizioso capo famiglia viene ora maggiormente approfondito grazie ad alcune cut-scene aggiuntive, collocate all'inizio di ogni capitolo, dei flashback atti a fare luce sugli eventi avvenuti nel periodo in cui il nostro protagonista era in prigione, permettendoci di scoprire nuovi retroscena sull’intricata vicenda, capire meglio l’aspetto psicologico e i motivi delle sue azioni.
Insomma dal punto di vista narrativo, il nome di Yakuza anche in questo remake è ancora una volta sinonimo di garanzia e soprattutto di straripante personalità.
Sul fronte gameplay Yakuza kiwami è il “solito” Yakuza, con i pro e i contro che questo comporta, ma con qualche contenuto in meno rispetto a quanto visto di recente nella serie. Sia chiaro, la struttura è ormai collaudata e il gioco, per il prezzo in cui viene proposto, garantisce una quantità di ore non indifferente, ma gli ultimi capitoli ci hanno forse abituato fin troppo bene inondando il giocatore di una mole spropositata di contenuti, al punto che potrebbe essere quasi un contraccolpo ritrovarsi nella sola Kamurocho (che ormai il fan della serie conosce meglio del cortile sotto casa), utilizzare un solo personaggio, o non trovare alcun gioco arcade al Club Sega.
Yakuza Kiwami riprende in toto il sistema di combattimento di Yakuza Zero e i suoi quattro stili (brawler, rush, beast e dragon), con però i punti esperienza che tornano a sostituzione dello strano sistema di upgrade tramite i soldi visto nel prequel. Il personaggio di Majima non si accontenta di essere solo una comparsa ma entra in gamba tesa come parte integrante del sistema di potenziamento di Kiryū; solo sconfiggendolo ripetutamente e in tutte le sue iterazioni (lo svitato utilizzerà i vari stili di lotta che abbiamo imparato in Yakuza 0) potremo imparare le abilità più avanzate del quarto stile, quello del drago. Strapperà sicuramente più di un sorriso vederlo travestirsi da poliziotto o da elegante barista al solo scopo di attaccarci quando meno ce lo aspettiamo, Night Club inclusi, Majima è il vero mattatore di Yakuza Kiwami.
Tutti gli altri aspetti e le meccaniche di gioco sono invece al loro posto, esattamente lì dove ci aspettiamo di trovarli, e giocato a pochi mesi di distanza dal precedente potrebbe quindi trasmettere una sensazione di ridondanza.
Se valutato però come remake di un gioco PS2, allora il discorso cambia radicalmente; il modo in cui il primo Yakuza è stato ricostruito fedelmente, epurandolo dei difetti di allora (tempi di caricamento da martellate sulle ginocchia prima di ogni combattimento, telecamera fissa, macchinosa gestione dell'inventario e via discorrendo) riuscendo però a mantenere il feeling dell’originale, ha del sorprendente, il tutto con la fluidità dei 60 frame al secondo, l’aggiunta di numerose substories (78 in totale) e la solita dose di minigiochi, per buona parte già ben noti con in più un nuovo gioco di carte collezionabili ispirato a Mushiking: King of The Beetles.
Chi ha scoperto la serie solo con i capitoli PS3 e non ha mai giocato l’originale, oppure non ha proprio mai provato la serie ma ha sempre voluto approcciarvisi in virtù della buona reputazione che gode, allora ha trovato il capitolo adatto da cui eventualmente (ri)partire, nel quale l'unico limite può essere rappresentato dalla solita mancata traduzione in italiano. Ecco, è rivolgendosi a loro, più che al navigato (che sta lì con la bava ad attendere il 6), che Yakuza Kiwami trova la sua migliore essenza: il primo incontro con Haruka, la prima visita al Purgatorio, l’avvincente scontro con Nishiki, tutte scene impresse giustamente nella memoria dei fan, e che ora hanno la possibilità di incontrare nuovi giocatori sotto una veste rinnovata, una pregevole cartolina da visita, in attesa della grande conclusione dell’epopea di Kiryū prevista per il marzo del 2018.
Stavolta è il turno di Kiwami, termine traducibile in “il massimo” ad esemplificare il remake pompato del primo episodio rilasciato in patria nel 2015 in occasione del decimo anniversario della saga, rendendo la transizione da Yakuza 0 praticamente naturale. Almeno dal punto di vista narrativo, poiché da quello ludico, forse per la prima volta, si è avvertita una ridondanza maggiore nonché un’opera di riciclo un po’ più sfacciata del solito nei confronti del capitolo che lo precede, in parte mitigata dal graditissimo prezzo budget di 34,99€ con cui Yakuza Kiwami verrà esposto sugli scaffali.
Yakuza Kiwami ci riporta in quel 1995, anno in cui Kazuma Kiryū viene incolpato dell’omicidio di Sohei Dojima, capo della Dojima Gumi che abbiamo avuto l’occasione di conoscere meglio in Yakuza 0. Il vero assassino è in realtà Akira Nishikiyama, che in uno scatto d’ira ha ucciso il suo Oyabun dopo che quest’ultimo aveva preso con la forza Yumi Sawamura, amica di infanzia d’orfanotrofio di Kiryū e Nishiki. Kazuma decide in quel momento di prendersi la colpa per proteggere Yumi e il suo migliore amico Nishiki; durante l’interrogatorio non proferisce parola alla polizia ma fa la conoscenza dell’investigatore Makoto Date, convinto della sua innocenza e che diventerà un prezioso alleato una volta fuori di prigione. Nel 2005, scontata la pena di 10 anni, Kazuma torna in una Kamurocho totalmente cambiata, su cui spicca la nuova Millennium Tower, ma è l’intero ambiente malavitoso ad essere in subbuglio a causa della misteriosa scomparsa di ben 10 miliardi di yen dalle casse del Tōjō Clan.
La situazione si complica ulteriormente quando, in occasione della riunione d’urgenza voluta dall’ora influente Nishiki, viene assassinato il terzo presidente del Tōjō Clan Masaru Sera, lasciando così un posto vacante al vertice: i candidati sono il mentore di Kiryū Shintaro Kazama, il feroce Futoshi Shimano e lo stesso Akira Nishiki, nonostante la giovane età. Dopo aver scatenato uno dei suoi soliti putiferi al funerale di Masaru Sera, Kazuma incontra di nuovo Date e inizia ad indagare su quello che sembra essere un complotto accuratamente architettato, con il bar Serena dell’amica Reina come punto di ritrovo. Gli incontri con i gestori del club “Stardust”, con l’informatore Kage detto “il fioraio” e la sua capillare rete di telecamere, e soprattutto con una bambina di nome Haruka Sawamura, calamita ambulante per le peggiori sciagure, saranno la chiave per arrivare alla verità di un vorticoso intreccio di inganni e rivelazioni.
Qualche mese fa è uscito fuori un interessante aneddoto di Peter Moore (presidente di Sega of America al tempo del Dreamcast) riguardante un sondaggio effettuato da quest’ultimo rivolto intorno al 2001 ai videogiocatori statunitensi, i quali ritenevano il marchio Sega ormai superato e infantile, rispetto ai videogiochi che andavano per la maggiore in quel periodo, decisamente più adulti, come Metal Gear Solid e GTA III. Il sondaggio fu rispedito al mittente da un cocciuto Yuji Naka, ma è probabile che l'appello di Moore arrivò alle orecchie di Toshihiro Nagoshi, veterano di successi arcade (Virtua Racing, Daytona USA, Scud Race) che nel contesto della riorganizzazione generale dell’azienda, fu messo a capo di uno dei nove studio interni di Sega, Amusement Vision, e prodotto con esso i primi successi su console dell’immediato post-Dreamcast, ossia Super Monkey Ball e F-Zero GX sul Nintendo GameCube. Tale studio però durerà poco, nel 2004 viene dissolto e assorbito totalmente in Sega per dare il via all’ambizioso progetto adulto e cinematografico in mente da Nagoshi. E così, con un budget di oltre 20 milioni di dollari, cifra che non si vedeva da Shenmue, Ryū ga Gotoku, diretto da Hiroyuki Sakamoto, irrompe sul mercato nel Natale del 2005, e per una Sega in affanno su più fronti (la latitanza di Yu Suzuki, i disastri del Sonic Team) fu un toccasana; finalmente la casa del porcospino blu aveva la sua serie adulta di successo, dopo il letargo forzato di Shenmue e il tentativo andato a vuoto con Headhunter.
Pubblicato in occidente un anno dopo con il titolo Yakuza, i giocatori furono catapultati per la prima volta nel mondo della malavita giapponese (va bene coevo e sconosciuto The Ninkyou/Yakuza Fury, concedo il tuo breve momento di notorietà dicendo che sei uscito qualche mese prima del gioco Sega), differentemente da GTA non ci metteva alla guida di un’auto ma in compenso garantiva un’immersione mai vista prima in questo quartiere di Tokyo ricostruito nei minimi particolari, rovinata solo in parte dal modesto ma all’epoca imposto doppiaggio inglese.
Al netto dei più articolati capitoli successivi, la sceneggiatura del primo Yakuza si dimostra ad oltre 10 anni di distanza ancora solidissima, nonché fra le più avvincenti, grazie ad una sapiente gestione di tutti i personaggi in scena, gli alleati come i nemici. Haruka non è ancora la idol che balla per le strade di Osaka bensì la fragile ma determinata bambina alla ricerca della sua madre scomparsa; Majima è nella sua fase più “folle” e grazie agli avvenimenti di Yakuza 0 vediamo la sua follia e il contorto rapporto con Kiryū sotto una luce diversa, rispetto a 10 anni fa, mentre Date svolge perfettamente il doppio ruolo di co-protagonista e del tipico poliziotto in preda ai dilemmi.
Ma il personaggio che giova maggiormente di questo remake è Nishiki, figura chiave e antagonista di questo episodio, il cui passaggio da fraterno amico di Kiryū a spietato e ambizioso capo famiglia viene ora maggiormente approfondito grazie ad alcune cut-scene aggiuntive, collocate all'inizio di ogni capitolo, dei flashback atti a fare luce sugli eventi avvenuti nel periodo in cui il nostro protagonista era in prigione, permettendoci di scoprire nuovi retroscena sull’intricata vicenda, capire meglio l’aspetto psicologico e i motivi delle sue azioni.
Insomma dal punto di vista narrativo, il nome di Yakuza anche in questo remake è ancora una volta sinonimo di garanzia e soprattutto di straripante personalità.
Sul fronte gameplay Yakuza kiwami è il “solito” Yakuza, con i pro e i contro che questo comporta, ma con qualche contenuto in meno rispetto a quanto visto di recente nella serie. Sia chiaro, la struttura è ormai collaudata e il gioco, per il prezzo in cui viene proposto, garantisce una quantità di ore non indifferente, ma gli ultimi capitoli ci hanno forse abituato fin troppo bene inondando il giocatore di una mole spropositata di contenuti, al punto che potrebbe essere quasi un contraccolpo ritrovarsi nella sola Kamurocho (che ormai il fan della serie conosce meglio del cortile sotto casa), utilizzare un solo personaggio, o non trovare alcun gioco arcade al Club Sega.
Yakuza Kiwami riprende in toto il sistema di combattimento di Yakuza Zero e i suoi quattro stili (brawler, rush, beast e dragon), con però i punti esperienza che tornano a sostituzione dello strano sistema di upgrade tramite i soldi visto nel prequel. Il personaggio di Majima non si accontenta di essere solo una comparsa ma entra in gamba tesa come parte integrante del sistema di potenziamento di Kiryū; solo sconfiggendolo ripetutamente e in tutte le sue iterazioni (lo svitato utilizzerà i vari stili di lotta che abbiamo imparato in Yakuza 0) potremo imparare le abilità più avanzate del quarto stile, quello del drago. Strapperà sicuramente più di un sorriso vederlo travestirsi da poliziotto o da elegante barista al solo scopo di attaccarci quando meno ce lo aspettiamo, Night Club inclusi, Majima è il vero mattatore di Yakuza Kiwami.
Tutti gli altri aspetti e le meccaniche di gioco sono invece al loro posto, esattamente lì dove ci aspettiamo di trovarli, e giocato a pochi mesi di distanza dal precedente potrebbe quindi trasmettere una sensazione di ridondanza.
Se valutato però come remake di un gioco PS2, allora il discorso cambia radicalmente; il modo in cui il primo Yakuza è stato ricostruito fedelmente, epurandolo dei difetti di allora (tempi di caricamento da martellate sulle ginocchia prima di ogni combattimento, telecamera fissa, macchinosa gestione dell'inventario e via discorrendo) riuscendo però a mantenere il feeling dell’originale, ha del sorprendente, il tutto con la fluidità dei 60 frame al secondo, l’aggiunta di numerose substories (78 in totale) e la solita dose di minigiochi, per buona parte già ben noti con in più un nuovo gioco di carte collezionabili ispirato a Mushiking: King of The Beetles.
Chi ha scoperto la serie solo con i capitoli PS3 e non ha mai giocato l’originale, oppure non ha proprio mai provato la serie ma ha sempre voluto approcciarvisi in virtù della buona reputazione che gode, allora ha trovato il capitolo adatto da cui eventualmente (ri)partire, nel quale l'unico limite può essere rappresentato dalla solita mancata traduzione in italiano. Ecco, è rivolgendosi a loro, più che al navigato (che sta lì con la bava ad attendere il 6), che Yakuza Kiwami trova la sua migliore essenza: il primo incontro con Haruka, la prima visita al Purgatorio, l’avvincente scontro con Nishiki, tutte scene impresse giustamente nella memoria dei fan, e che ora hanno la possibilità di incontrare nuovi giocatori sotto una veste rinnovata, una pregevole cartolina da visita, in attesa della grande conclusione dell’epopea di Kiryū prevista per il marzo del 2018.