Recensione
Windjammers
8.0/10
A distanza di anni forse ci provi, con Google Street Views, a cercare quel luogo, quel bar in località balneare dove nel 199X lasciavi un bel po’ di gettoni su Metal Slug, su Puzzle Bobble, su Windjammers. Magari lo trovi pure, totalmente cambiato, in un bar con un’altra gestione, in un negozio di scarpe, chi lo sa, poco importa, tanto in fondo lo sapevi, il tempo cambia tutto. O quasi.
Non si fraintenda, questa non è una recensione-nostalgia, di quelle che si stava meglio quando si stava peggio, come erano belle le sale giochi, quando si marinava la scuola, oggi tutti videopoker ciuccia-soldi maledetti, che ne sanno i bimbetti di oggi con la PS4 e gli smartphone e bla bla. Discorsi del genere li lasci ai gruppi facebook di retrogamer popolati da queste frange che alle volte ama sentirsi un po’ radical chic, nell’atto di sputare su ogni cosa uscita oltre il 2001. PlayStation prima e il Dreamcast la sala giochi te la portarono in casa e pare che a qualcuno non sia mai andata giù la cosa, la massificazione, nonostante abbia permesso a conti fatti il salvataggio di compagnie come Capcom e Namco, mentre altre, come la prima SNK e la Data East, incapaci di adattarsi al di fuori del contesto delle sale giochi, affondarono ineluttabilmente con esse.
Data East appunto, dici Data East e dici un pezzo di storia del coin-op nipponico, una compagnia nata nel lontano 1976 e che in circa 21 anni sfornò a fasi alterne porcate inenarrabili con veri e propri cult dei succhiagettoni. Con Karate Champ (1984) crea il picchiaduro ad incontri, mica poco, nel 1993 fecero però infuriare Capcom con Fighter’s History, clone fin troppo spudorato di Street Fighter II. Quello successivo è l’anno del riscatto, con il divertente beat’ em up splatter Night Slasher e il nostro Windjammers, Flying Power Disc in terra natia, che continua il sodalizio con il Neo Geo nato con Spinmaster e Karnov’s Revenge.
Data East sposa in tutto la filosofia estetica del Neo Geo, che esige animazioni fluidissime, sprites grandi e cazzuti, feticismo al dettaglio. Ma soprattutto la sfida contro un altro essere, perché tutti amiamo Metal Slug e la cooperazione ma vuoi mettere beffare l’avversario con un tiro ad effetto, avvilirlo con un pallonetto troll, infilarlo nella sua stessa porta con una di quelle fucilate che paiono imparabili: questo è in sostanza Windjammers, uno pseudo-sport un po’ beach volley un po’ Pong agonistico e assurdo quanto un The King of Fighters, con questi super tiri infuocati, ma con quell’immediatezza che solo i migliori arcade di razza sanno trasmettere.
Sei personaggi in cerca di sfidante, opzione non superflua poiché ognuno ha il suo grado di forza e velocità e ognuno sa adoperare il suo tiro speciale ma che se ben ammaestrato può essere rispedito al mittente. C’è l’inglese (coreano nella versione originale Neo Geo, strana cosa) Miller dal supertiro più fetente, c’è l’italiano Loris Biaggi (nome fusione di due noti piloti, già), c’è la giapponese Hiromi alla spiccata rapidità, l’ideale per chi ama muoversi nella propria area di gioco. Lo spagnolo Costa è facile da usare ma un po’ prevedibile, al contrario dell’omonimo attaccante del Chelsea, il tedesco Wessel è un mattone ma è pura potenza.
Ma in Windjammers si va a vocazione, alla fine ciò che conta davvero è l’abilità del giocatore, capire il comportamento del disco e reagire di conseguenza con i due diversi tiri a disposizione e l’utilizzo dello stick analogico, che non serve solo a muoversi ma anche a conferire un determinato effetto curvilineo al flying disk per tentare di spiazzare l’avversario. La potenza del tiro è decisa dalla velocità con cui questo viene ribattuto tramite la pressione del tasto A (X o quadrato), più si tentenna e minore sarà la forza data al lancio. Premendo il suddetto tasto al momento giusto alla ricezione il personaggio farà fluttuare per qualche istante il disco sopra la vostra testa (o poco distante, contrassegnato da un target ad indicarci il suo punto di caduta), permettendo così la carica del tiro speciale. In assetto difensivo si avrà a disposizione una scivolata per arrivare ad afferrare il disco ai bordi del campo, se si è in linea con la traiettoria del disco l’aggancio risulta automatico, mentre in caso contrario si subisce il goal o nel migliore dei casi si riceve un colpo in testa che stordisce il personaggio per un paio di secondi.
In Windjammers la goal zone non è una ma è bensì suddivisa in più parti, a seconda del campo utilizzato: la zona gialla assegna 3 punti mentre quella delineata in rosso ne conferisce ben 5. Due sono invece i punti di penalità in caso il disco dovesse cadere vergognosamente a terra, a 12 il set si chiude. Quindi se state sul 10-0 conquistati dopo un serrato scambio di colpi con la flebile convinzione di avere la vittoria ormai alla portata di mano, sappiate che all’avversario basterebbero due goal da 5 ben assestati per riportarsi in parità, la frenesia del gioco non perdona piccole distrazioni e i capovolgimenti di set apparentemente già decisi saranno tutt’altro che rari.
I campi variano in ampiezza e posizione delle goal zone, in uno di essi addirittura la goal zone da 5 punti aumenta o diminuisce di larghezza alle vostre spalle ogni volta che segnate, un paio di terreni sono invece muniti di piccole barriere collocate al centro che possono deviare la traiettoria del disco a volte in modo imprevedibile, lo sportivo Data East non si fa mancare nulla per rendere il gioco più vario e divertente di quello che potrebbe inizialmente apparire.
Modalità arcade presente all’appello con bonus stage col cane e il bowling annessi, e tre gradi di difficoltà, da easy in cui nel tempo che ti arrivano i dischi a due all’ora puoi grattarti i glutei, all’hard con un solo credito e dalla IA nemica oltre l’umana comprensione capace di leggerti nel pensiero. Si scelga la via di mezzo tra il deprimente e il delirante anche detta normal, prima di buttarsi nel pezzo forte del pacchetto DotEmu, ossia il confronto online amichevole (si fa per dire) o classificato, solido nel complesso ma in cui in fase di matchmaking si sono presentate alcune disconnessioni, o suono che scompare. Nulla che non si possa risolvere con qualche patch, si suppone, a questi francesi di DotEmu che in 6 mesi ti portano su console Wonder Boy III, Ys Origin e Windjammers perdoneresti anche la fusione nucleare della PS4. Non ce ne voglia PS Vita ma il Neo Geo per tradizione vuole un certo quantitativo di pollici e il sonoro caratteristico che rimbomba sulle pareti. Gradevole la grafica dei menu, con questa bicromia viola-giallo a rievocare le estati, i secchielli assassini, i palloni Mikasa in faccia, le t-shirt dell’edicola che si scolorivano.
DotEmu recupera dalla memoria Windjammers e dispensa su console incantesimo vacanziero, in cui staziona sana rappresentazione di rivalità verso il prossimo lanciatore di frisbee. Un tipo di videogioco del disimpegno ma profondo, in grado di intrattenere in ore piene di sole e mare che ti fa ritrovare l’adolescenza, su console moderna e al prezzo di 15 euro, con buona pace di trafficanti delle cartucce AES.
Non si fraintenda, questa non è una recensione-nostalgia, di quelle che si stava meglio quando si stava peggio, come erano belle le sale giochi, quando si marinava la scuola, oggi tutti videopoker ciuccia-soldi maledetti, che ne sanno i bimbetti di oggi con la PS4 e gli smartphone e bla bla. Discorsi del genere li lasci ai gruppi facebook di retrogamer popolati da queste frange che alle volte ama sentirsi un po’ radical chic, nell’atto di sputare su ogni cosa uscita oltre il 2001. PlayStation prima e il Dreamcast la sala giochi te la portarono in casa e pare che a qualcuno non sia mai andata giù la cosa, la massificazione, nonostante abbia permesso a conti fatti il salvataggio di compagnie come Capcom e Namco, mentre altre, come la prima SNK e la Data East, incapaci di adattarsi al di fuori del contesto delle sale giochi, affondarono ineluttabilmente con esse.
Data East appunto, dici Data East e dici un pezzo di storia del coin-op nipponico, una compagnia nata nel lontano 1976 e che in circa 21 anni sfornò a fasi alterne porcate inenarrabili con veri e propri cult dei succhiagettoni. Con Karate Champ (1984) crea il picchiaduro ad incontri, mica poco, nel 1993 fecero però infuriare Capcom con Fighter’s History, clone fin troppo spudorato di Street Fighter II. Quello successivo è l’anno del riscatto, con il divertente beat’ em up splatter Night Slasher e il nostro Windjammers, Flying Power Disc in terra natia, che continua il sodalizio con il Neo Geo nato con Spinmaster e Karnov’s Revenge.
Data East sposa in tutto la filosofia estetica del Neo Geo, che esige animazioni fluidissime, sprites grandi e cazzuti, feticismo al dettaglio. Ma soprattutto la sfida contro un altro essere, perché tutti amiamo Metal Slug e la cooperazione ma vuoi mettere beffare l’avversario con un tiro ad effetto, avvilirlo con un pallonetto troll, infilarlo nella sua stessa porta con una di quelle fucilate che paiono imparabili: questo è in sostanza Windjammers, uno pseudo-sport un po’ beach volley un po’ Pong agonistico e assurdo quanto un The King of Fighters, con questi super tiri infuocati, ma con quell’immediatezza che solo i migliori arcade di razza sanno trasmettere.
Sei personaggi in cerca di sfidante, opzione non superflua poiché ognuno ha il suo grado di forza e velocità e ognuno sa adoperare il suo tiro speciale ma che se ben ammaestrato può essere rispedito al mittente. C’è l’inglese (coreano nella versione originale Neo Geo, strana cosa) Miller dal supertiro più fetente, c’è l’italiano Loris Biaggi (nome fusione di due noti piloti, già), c’è la giapponese Hiromi alla spiccata rapidità, l’ideale per chi ama muoversi nella propria area di gioco. Lo spagnolo Costa è facile da usare ma un po’ prevedibile, al contrario dell’omonimo attaccante del Chelsea, il tedesco Wessel è un mattone ma è pura potenza.
Ma in Windjammers si va a vocazione, alla fine ciò che conta davvero è l’abilità del giocatore, capire il comportamento del disco e reagire di conseguenza con i due diversi tiri a disposizione e l’utilizzo dello stick analogico, che non serve solo a muoversi ma anche a conferire un determinato effetto curvilineo al flying disk per tentare di spiazzare l’avversario. La potenza del tiro è decisa dalla velocità con cui questo viene ribattuto tramite la pressione del tasto A (X o quadrato), più si tentenna e minore sarà la forza data al lancio. Premendo il suddetto tasto al momento giusto alla ricezione il personaggio farà fluttuare per qualche istante il disco sopra la vostra testa (o poco distante, contrassegnato da un target ad indicarci il suo punto di caduta), permettendo così la carica del tiro speciale. In assetto difensivo si avrà a disposizione una scivolata per arrivare ad afferrare il disco ai bordi del campo, se si è in linea con la traiettoria del disco l’aggancio risulta automatico, mentre in caso contrario si subisce il goal o nel migliore dei casi si riceve un colpo in testa che stordisce il personaggio per un paio di secondi.
In Windjammers la goal zone non è una ma è bensì suddivisa in più parti, a seconda del campo utilizzato: la zona gialla assegna 3 punti mentre quella delineata in rosso ne conferisce ben 5. Due sono invece i punti di penalità in caso il disco dovesse cadere vergognosamente a terra, a 12 il set si chiude. Quindi se state sul 10-0 conquistati dopo un serrato scambio di colpi con la flebile convinzione di avere la vittoria ormai alla portata di mano, sappiate che all’avversario basterebbero due goal da 5 ben assestati per riportarsi in parità, la frenesia del gioco non perdona piccole distrazioni e i capovolgimenti di set apparentemente già decisi saranno tutt’altro che rari.
I campi variano in ampiezza e posizione delle goal zone, in uno di essi addirittura la goal zone da 5 punti aumenta o diminuisce di larghezza alle vostre spalle ogni volta che segnate, un paio di terreni sono invece muniti di piccole barriere collocate al centro che possono deviare la traiettoria del disco a volte in modo imprevedibile, lo sportivo Data East non si fa mancare nulla per rendere il gioco più vario e divertente di quello che potrebbe inizialmente apparire.
Modalità arcade presente all’appello con bonus stage col cane e il bowling annessi, e tre gradi di difficoltà, da easy in cui nel tempo che ti arrivano i dischi a due all’ora puoi grattarti i glutei, all’hard con un solo credito e dalla IA nemica oltre l’umana comprensione capace di leggerti nel pensiero. Si scelga la via di mezzo tra il deprimente e il delirante anche detta normal, prima di buttarsi nel pezzo forte del pacchetto DotEmu, ossia il confronto online amichevole (si fa per dire) o classificato, solido nel complesso ma in cui in fase di matchmaking si sono presentate alcune disconnessioni, o suono che scompare. Nulla che non si possa risolvere con qualche patch, si suppone, a questi francesi di DotEmu che in 6 mesi ti portano su console Wonder Boy III, Ys Origin e Windjammers perdoneresti anche la fusione nucleare della PS4. Non ce ne voglia PS Vita ma il Neo Geo per tradizione vuole un certo quantitativo di pollici e il sonoro caratteristico che rimbomba sulle pareti. Gradevole la grafica dei menu, con questa bicromia viola-giallo a rievocare le estati, i secchielli assassini, i palloni Mikasa in faccia, le t-shirt dell’edicola che si scolorivano.
DotEmu recupera dalla memoria Windjammers e dispensa su console incantesimo vacanziero, in cui staziona sana rappresentazione di rivalità verso il prossimo lanciatore di frisbee. Un tipo di videogioco del disimpegno ma profondo, in grado di intrattenere in ore piene di sole e mare che ti fa ritrovare l’adolescenza, su console moderna e al prezzo di 15 euro, con buona pace di trafficanti delle cartucce AES.