Recensione
1 Litre of Tears
9.5/10
Un litro di lacrime (2005, di Murakami Masanori)
Trama: la vera storia di Kitou Aya (1962-1988), una giovane affetta da una grave malattia ambientata nel 2000.
Drama di punta (e ormai oggetto di culto) del panorama cine-televisivo giapponese del 2005. Mi trovo questa volta a commentare un telefilm, undici episodi da 45 minuti circa l'uno e dal messaggio solo in apparenza piuttosto banale: ovvero la bellezza del semplice fatto di essere vivi.
Si tratta infatti non solo di una descrizione minuziosa dello svilupparsi di un morbo incurabile nel corpo di una inizialmente sanissima ragazzina, non solo di una lezione di vita e allo stesso tempo di una vera e propria macchina da lacrime. Abbiamo infatti un prodotto audiovisivo che si ferma solo davanti all'irrapresentabile ma che si spinge comunque sino al confine con un fuoco di fila di invenzioni poetiche davvero riuscite e ben bilanciate.
Nel suo genere è perfetto e mantiene una coerenza quasi parossisticamente geniale. Il punto di vista della giovane protagonista inoltre, è lontanissimo da qualsiasi pietismo religioso e rende manifeste dinamiche emozionali e sociali dimenticate e molto lontane da noi "occidentali". Cosa vuol dire perdere tutto giorno per giorno senza poter opporre nulla tranne la propria inutile volontà? Quanto può essere duro essere scelti da una malattia orribile e perdere il diritto di sognare e di avere relazioni umane proprio al principio della vita?
Malgrado le tematiche messe in campo e malgrado l'inevitabile epilogo traspare davvero un messaggio positivo e lontano dalla pietà classica occidentale. Viene rappresentata la morte al lavoro, una morte non solo fisica, ma anche sociale e morale, una sorta di annichilimento della persona operato dalla malattia. Al centro del dramma vi sono infatti i costanti tentativi di rallentare il progredire del male da parte della protagonista una ragazza che scriveva di sè prima di ammalarsi "se fossi un fiore sarei un bocciolo".
I diari scritti dalla ragazza che ha ispirato l'opera e che in Giappone hanno venduto ben 18 milioni di copie (fino a qualche tempo fa), accompagnano la narrazione assieme alle foto dell'epoca, continuando sempre a ribadire allo spettatore che si tratta di una storia vera. E' un drama spiazzante, recitato benissimo e straziante, accompagnato da una bella colonna sonora e fotografato ottimamente. Probabilmente superiore al genere (strappalacrime) che lo racchiude "1 litro di lacrime" promette di farvene versare altrettante ma secondo il sottoscritto ne vale la pena. Certo bisogna essere in vena di una storia simile!
Trama: la vera storia di Kitou Aya (1962-1988), una giovane affetta da una grave malattia ambientata nel 2000.
Drama di punta (e ormai oggetto di culto) del panorama cine-televisivo giapponese del 2005. Mi trovo questa volta a commentare un telefilm, undici episodi da 45 minuti circa l'uno e dal messaggio solo in apparenza piuttosto banale: ovvero la bellezza del semplice fatto di essere vivi.
Si tratta infatti non solo di una descrizione minuziosa dello svilupparsi di un morbo incurabile nel corpo di una inizialmente sanissima ragazzina, non solo di una lezione di vita e allo stesso tempo di una vera e propria macchina da lacrime. Abbiamo infatti un prodotto audiovisivo che si ferma solo davanti all'irrapresentabile ma che si spinge comunque sino al confine con un fuoco di fila di invenzioni poetiche davvero riuscite e ben bilanciate.
Nel suo genere è perfetto e mantiene una coerenza quasi parossisticamente geniale. Il punto di vista della giovane protagonista inoltre, è lontanissimo da qualsiasi pietismo religioso e rende manifeste dinamiche emozionali e sociali dimenticate e molto lontane da noi "occidentali". Cosa vuol dire perdere tutto giorno per giorno senza poter opporre nulla tranne la propria inutile volontà? Quanto può essere duro essere scelti da una malattia orribile e perdere il diritto di sognare e di avere relazioni umane proprio al principio della vita?
Malgrado le tematiche messe in campo e malgrado l'inevitabile epilogo traspare davvero un messaggio positivo e lontano dalla pietà classica occidentale. Viene rappresentata la morte al lavoro, una morte non solo fisica, ma anche sociale e morale, una sorta di annichilimento della persona operato dalla malattia. Al centro del dramma vi sono infatti i costanti tentativi di rallentare il progredire del male da parte della protagonista una ragazza che scriveva di sè prima di ammalarsi "se fossi un fiore sarei un bocciolo".
I diari scritti dalla ragazza che ha ispirato l'opera e che in Giappone hanno venduto ben 18 milioni di copie (fino a qualche tempo fa), accompagnano la narrazione assieme alle foto dell'epoca, continuando sempre a ribadire allo spettatore che si tratta di una storia vera. E' un drama spiazzante, recitato benissimo e straziante, accompagnato da una bella colonna sonora e fotografato ottimamente. Probabilmente superiore al genere (strappalacrime) che lo racchiude "1 litro di lacrime" promette di farvene versare altrettante ma secondo il sottoscritto ne vale la pena. Certo bisogna essere in vena di una storia simile!